Una legge importante nel mondo della natura insegna al predatore che colpire un animale ferito aumenta esponenzialmente le possibilità di portare a casa il bottino. In queste ultime settimane, il mondo animale e quello delle relazioni internazionali si somigliano sempre di più.
In effetti non è ormai una notizia recente che la politica, l’economia, la società e talvolta anche il sistema giudiziario degli stati democratici occidentali sono oggetto di attacchi manipolativi dei sistemi di disinformazione e spionaggio informatico da parte delle grandi potenze asiatiche (Russia e Cina in primis).
La novità sta però nell’intensificarsi di tali strategie in momenti di crisi, come quella sanitaria odierna, con modalità e caratteristiche peculiari.
Fino a qualche mese fa, Cina e Russia affrontavano un momento di crisi internazionale per via dell’isolamento e dell’attacco concentrico delle potenze occidentali.
Cina e Russia prima della pandemia
La Cina era sotto scacco per le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, anche alla luce delle accuse di spionaggio delle sue aziende attraverso la nuova rete di connessione 5G. La Russia pagava invece il crollo del prezzo dei combustibili fossili dovuto alle frizioni in seno all’OPEC, il cartello economico dei paesi esportatori di petrolio, e le scelte politico-militari in Siria ed Ucraina.
Alla luce di questa situazione la pandemia imminente è sembrata un ottima occasione per mettere a tacere le critiche e dare nuovo lustro all’immagine mondiale dei rispettivi sistemi; così media russi e cinesi, finanziati dallo Stato, hanno impostato una narrazione virale tesa a mostrare i rispettivi governi come attori responsabili e generosi nella crisi generata dal coronavirus, in contrasto con i governi occidentali che vengono dipinti come inetti e divisi.
Prima di tutto occorreva sistemare la propria reputazione, rilanciando nell’etere globale l’immagine di due potenze impegnate in prima linea nella lotta e nella vittoria al coronavirus, eliminando qualsiasi informazione che potesse in qualche modo mostrare qualche falla nella loro gestione dell’emergenza sanitaria.
Che, di fatto, la Cina abbia mentito sui numeri di contagiati e morti da coronavirus sembrano esserci ormai pochi dubbi. Infatti quando il virus ha contagiato l’Occidente, i dati sono sembrati immediatamente difformi da quelli cinesi. Il sito Radio Free Asia, emittente con sede a Washington e quindi fuori dal controllo della censura comunista, parla ad esempio di più di 40mila morti nella crisi sanitaria cinese, dati suffragati ad esempio dalla crescita vertiginosa del numero di cremazioni e di urne cinerarie ordinate nella provincia di Wuhan nelle ultime settimane.
In Russia il copione è stato il medesimo: nonostante il paese confini con gli Stati maggiormente colpiti dal virus, Iran e Cina ad esempio, fino a qualche settimana fa i dati ufficiali parlavano di poco più di 100 casi di coronavirus, mentre con il procedere delle ore e l’aumentare delle denunce di organizzazioni internazionali rispetto alle censure statali e alle difficoltà di monitoraggio, i casi sono vertiginosamente aumentati, contraddicendo qualsiasi campione statistico.
In contemporanea con la congiura del silenzio all’interno dei propri confini, Cina e Russia hanno impostato un imponente strategia di propaganda che ha presentato le due superpotenze come benefattrici disinteressate dei paesi europei in crisi. Il nostro paese, dimentico della saggezza dei latini che dicevano “timeo Danaos et dona ferentes” (temo di Danai – i greci – anche quando recano doni), ha accettato la narrazione imposta dalla propaganda di Pechino e Mosca.
I cinesi sono stati più attivi nel cercare di deviare le critiche incolpando gli altri della pandemia “made in China”. Ad esempio facendo circolare viralmente la fake news, rilanciata anche da esponenti di primo piano del governo, che il virus fosse stato importato in Cina da soldati americani. Oppure mostrando al mondo il modello cinese come esempio nel contrastare il virus, nascondendo le falle come la polvere sotto al tappeto della censura.
I russi dal canto loro, hanno iniziato una capillare diffusione di notizie atte a mostrare l’Europa come un continente al collasso, governata da politici incapaci, inondando internet con un gran numero di teorie complottistiche e campagne di disinformazione.
L’attacco congiunto dei due giganti asiatici è stato analizzato dai servizi segreti e dalle organizzazioni europee, come la EUvsDiSINFO (la task force della Commissione Ue che studia e contrasta le false notizie in Rete), che in questi giorni hanno presentato il primo rapporto alle cancellerie dei vari Stati Europei.
La reazione è stata immediata: l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza, Josep Borrell, ha definito l’azione di Russia e Cina una “politica della generosità”, che si inserisce nella “lotta per l’influenza” e più in generale nella “battaglia globale di narrazioni” sulla crisi in corso, sia al di fuori dell’Ue che dentro i suoi confini.
Una strumentalizzazione degli aiuti per fini politici, sfruttando l’occasione data dall’epidemia del coronavirus per crearsi spazi per il futuro.
La strategia russa e cinese in Italia
L’Italia, sia per la virulenza della crisi sanitaria che per l’importanza nello scacchiere europeo, è stato il primo dei paesi attenzionato dalle mire cinesi e russe. Nelle scorse settimane il nostro paese è stato oggetto di una campagna di aiuti umanitari da parte di Mosca e Pechino. E se è pur vero che a “caval donato non si guarda in bocca”, occorre anche ricordare, riprendendo l’Eneide, che a volte anche un cavallo in regalo può essere un’insospettabile macchina da guerra creata per distruggere.
I russi, ad esempio, hanno preparato il loro piano di aiuti umanitari attraverso le relazioni con partiti sovranisti europei, accusati più volte di aver percepito fondi neri dal Cremlino. Un piano presentato alla stampa italiana sabato 21 marzo a seguito di una telefonata tra il premier Conte e il presidente Vladimir Putin e che ha visto il primo contingente aereo sbarcare nel nostro paese il giorno successivo. Tale immediatezza, anche solo per questioni tecniche, fa pensare più ad un operazione programmata in anticipo dal governo russo per quello che è considerato l’anello debole dell’Europa e della NATO, che ad uno slancio di generosità estemporaneo. In effetti, la presenza di macchinari inutili, poco efficaci e forse mandati a pretesto, più per segnare una presenza che per un reale aiuto sanitario, unita alla enorme presenza di mezzi e personale militare, non lascia presagire nulla di buono. Il dubbio viene poi rafforzato se a guidare l’operazione è il generale Sergey Kikot, il vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo, uno degli ufficiali che negli anni si è speso nell’opera propagandistica di scagionare il raìs siriano Bashar al Assad dall’accusa di aver usato armi chimiche contro i suoi cittadini.
Nel frattempo l’allarme interferenze straniere in Italia, sull’onda della pandemia di coronavirus, è stato lanciato anche dai servizi segreti e dal Copasir (l’organo parlamentare di controllo sull’intelligence): nelle scorse settimane sono aumentati vertiginosamente i siti di fake news russi che espongono milioni di utenti a contenuti fuorvianti sul virus e sull’Europa, diffondendo posizioni populiste e anti-establishment. Obiettivo di tali siti è alimentare una campagna mediatica anti Ue, anti Stati Uniti e anti Nato, rispolverando perfino hashtag come #italexit e #uscITA, funzionali alla volontà di spaccare l’Unione europea attraverso uno dei suoi paesi fondatori in momentanea crisi, l’Italia.
Congiuntamente, come riportato dal quotidiano Formiche, un’analisi dell’istituto Alkemy ha mostrato che quasi la metà dei post su Twitter pubblicati tra l’11 e il 23 marzo con l’hashtag #forzaCinaeItalia era opera di bot (generatori artificiali di messaggi che replicano le interazioni umane). Ad aumentare la preoccupazione dei servizi di sicurezza è anche l’ascesa di gruppi organizzati nei social media che colpiscono nascondendosi dietro falsi profili, che soffiano sul fuoco del disagio economico per provocare disordini: ad esempio il gruppo Rivoluzione nazionale, quello che ha tentato di coinvolgere centinaia di persone nell’assalto a un supermercato di Palermo.
Le reazioni di Italia e Europa
Quella che ad un primo esame sembra dunque una situazione di pericolo può trasformarsi in un occasione di rilancio per le aspettative di integrazione europea. Come abbiamo potuto ammirare dalla reazione orgogliosa dei nostri concittadini nell’affrontare l’epidemia di coronavirus, è nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento diventa una brezza leggera.
In questo momento i nostri servizi di sicurezza stanno reagendo alla “disinformazione online da parte di entità statuali esterne” rafforzando i presidi informatici e comunicativi. La polizia postale ad esempio sta monitorando con maggiore attenzione gli attacchi che si ispirano all’emergenza Covid-19 che prevedono la diffusione di malware (programmi spia) nascosti in documenti, falsi ma simili all’originale, che sembrano provenire dall’Oms. Altro campo di azione è la riflessione governativa sugli aiuti ai lavoratori in nero, esclusi al momento dagli aiuti statali, per non dare modo alle mafie di avere nuova linfa e manovalanza dalla pandemia.
Infine in ambito europeo, il nuovo slancio di integrazione e condivisione comunitaria lascia presagire la fine degli egoismi nazionali alla luce di pericoli maggiori in arrivo dall’esterno. L’attenzione dell’Europa è stata posta anche sulla guerra dell’informazione, con la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, che ha affermato: “Chi diffonde disinformazione vi danneggia. La disinformazione può costare la vita. Insieme possiamo ristabilire la verità”. Questo richiamo all’unità o a fare branco, se vogliamo riprendere la metafora del mondo degli animali, può fare in modo che l’UE condivida il proprio futuro e gestisca unitariamente i rischi, non solo i debiti.
Questa crisi può essere uno slancio per un nuovo corso, come suggerisce l’etimologia della parola nella lingua del paese dove il virus è nato; in effetti la parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri: uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità. Se sapremo affrontare insieme il primo, potremo successivamente abbracciare un futuro migliore.