Con la clausola di supremazia, novità introdotta dalla riforma costituzionale al vaglio del referendum del 4 dicembre, si stabilisce che, nei casi d’interesse nazionale, le decisioni dello Stato prevalgono su quelle delle Regioni. Questo il principio: “Per garantire l’unità giuridica o economica del paese o l’interesse nazionale, su proposta del governo, la legge può intervenire in materie non attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato”. Insomma, più poteri allo Stato centrale e meno contrasti tra Stato e Regioni.
La clausola di supremazia, in caso di vittoria del Sì al referendum, rappresenta una delle eccezioni rispetto al nuovo iter legislativo. Se la riforma entra in vigore, l’Italia dice addio al bicameralismo perfetto. Secondo le previsioni del ddl Boschi non ci saranno più, o quasi, le cosiddette “navette parlamentari”, ovvero il rimpallo di una legge dalla Camera al Senato per l’approvazione. Con la riforma costituzionale, tranne alcune eccezioni, si passa al “bicameralismo imperfetto” o “monocamerale partecipato”, e ad avere potere legislativo è solo la Camera. Al Senato resta un ruolo consultivo. Dopo l’approvazione di una legge da parte della Camera, questa passa al Senato che può proporre delle modifiche solo se a richiederlo è un terzo dei senatori. A quel punto la Camera sceglie se accoglierle o no.
Clausola di supremazia e “monocamerale partecipato”
Nei casi in cui lo richiedono “la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica” e “l’interesse nazionale”, il governo potrà intervenire in materie di competenze regionali. Esercitando, appunto, la clausola di supremazia, può presentare una legge che dovrà essere discussa con un procedimento legislativo chiamato “monocamerale rinforzato”. Differente dal “monocamerale partecipato”, l’iter classico in caso di approvazione della riforma. Secondo l’iter del “monocamerale rinforzato”, dopo il sì della Camera alla legge presentata con la clausola di supremazia, il nuovo Senato può discuterla senza bisogno che a richiedere le modifiche sia un terzo dei suoi componenti. E se approva tali modifiche a maggioranza assoluta, la Camera può bocciarle solo con la stessa maggioranza.