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È in corso lo storico summit tra le due Coree a Panmunjom, il celeberrimo villaggio a cavallo del confine. Alle 9,30 italiane, il leader nordcoreano Kim Jong-un ha raggiunto a piedi il presidente sudcoreano Moon Jae-in che lo attendeva al di là del piccolo gradino di cemento che divide i due paesi ancora formalmente in guerra.
Si sono stretti la mano, hanno posato per i fotografi dall’una e dall’altra parte, poi Kim ha invitato Moon a compiere un paio di simbolici passi nel suo territorio, mano nella mano. Successivamente, si sono incamminati sul pietrisco della zona meridionale, tra gli edifici T2 e T3 della Joint Security Area (Jsa) per iniziare il vertice vero e proprio. Come è naturale ci si concentra e sofferma sulle immagini suggestive delle formalità, ma quanto è importante questo summit e quale potrebbe essere il futuro prossimo della penisola?
Il programma di giornata è già definito e ha previsto un primo colloquio presso la cosiddetta Peace House di Panmunjom, in seguito Kim Jong-un è tornato sul proprio territorio dopo un pranzo separato e incontrerà nuovamente Moon Jae-in per ulteriori appuntamenti di “fiducia reciproca” con un’altra passeggiata. Chiuderà il tutto la cena offerta dalla Corea del Sud con le rispettive consorti presidenziali.
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Era da settant’anni che un membro della famiglia Kim non calpestava il suolo sudcoreano e il giovane leader si è dimostrato molto sciolto e anche informale. Oltre ad aver invitato Moon Jae-in nel proprio confine prendendolo per mano, ha anche proposto di scattare foto con le rispettive delegazioni. Un segno distensivo evidente, accompagnato peraltro anche dalla presenza della sorella minore Kim Yo-jong, che era stata inviata per la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di PyeongChang. All’ingresso del piccolo fabbricato sede dell’incontro a Panmunjom, Kim ha scritto sul libro degli ospiti una frase pregna di buoni propositi “Una nuova storia comincia adesso”. Cosa è uscito dal primo incontro?
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Il presidente sudcoreano Moon ha auspicato “La primavera potrebbe essere arrivata”, sottolineando quanto “il mondo guarda a Panmunjom, che è diventato simbolo di pace, non di divisione”. Questo piccolo villaggio a cavallo del confine è l’unica apertura ufficiale all’interno della DMZ ossia la zona demilitarizzata che divide i due paesi e che corre lungo quello che era l’ultimo fronte al termine della Guerra nel 1953. Non è mai stata firmata la pace, sarà il momento buono?
A sentire la frase di Kim, che spera che l’incontro porti a discussioni serie e franche per arrivare alla denuclearizzazione della penisola così da ottenere una pace permanente e per sviluppare le relazioni Sud-Nord, sembra di sì. Altrettanto significativa la frase di Kim “Non interromperò più il sonno del primo mattino”, riferendosi ai test missilistici oltre che quelli nucleari che hanno disturbato il riposo, ma più ancora la quiete di una delle zone politicamente più sensibili del globo.
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Cosa succederà ora che le due Coree si sono incontrate e che sembrano promessi sia lo stop ai test missilistici del Nord sia una maggiore distensione a livello internazionale? La riunificazione del paese è un passo che avverrà, ma non nell’immediato perché sarà graduale e meno traumatico possibile.
La Corea del Sud ha bisogno di unirsi nuovamente al Nord per questioni non soltanto di fratellanza (è un popolo solo da secoli, con medesima storia e tradizioni), ma anche per un discorso puramente economico e politico visto che ha necessità di territorio e popolazione. La Corea del Nord ha anche lei bisogno perché non ha possibilità di autosostenersi non avendo risorse naturali, dipendendo di fatto dagli aiuti del Sud (e dal giogo cinese) e avendo una situazione sanitaria raccapricciante per la popolazione.
Anche gli Stati Uniti vogliono fortemente la riunificazione, tuttavia da questo momento storico escono molto indeboliti. Le provocazioni di Kim prima di fare il bravo hanno dimostrato quanto sia fragile il sistema di difesa americano (che non avrebbe mai possibilità di difendersi dai missili poco intelligenti nordcoreani, qualora fossero lanciati oltre oceano. A maggiore evidenza, Trump ha diffuso la foto dell’incontro pasquale tra Kim e Mike Pompeo, allora ancora numero uno della Cia.
Non sono d’accordo all’unione né la Cina né il Giappone. Principalmente per motivi legati al fatto che la Corea avrebbe un boost economico e di sviluppo notevole (sul lungo periodo). La Cina, tuttavia, ultimamente era un po’ esasperata dal comportamento fuori dagli schemi di Kim e il recente incontro con il presidente (ormai monarca assoluto) Xi Jinping è valso da lasciapassare oltre che dal diminuire una responsabilità storica che Pechino si è presa con Pyongyang. Il Giappone, nemico storico di mezza Asia pacifico, non vuole l’unificazione perché sarebbe il colpo di grazia al sorpasso coreano, ma politicamente ormai conta molto poco e le richieste di incontrare Kim saranno soddisfatte più per formalità che per altro. Così come per i sudcoreani, i giapponesi ora sono più preoccupati che anche i missili a corto raggio nordcoreani vengano smantellati.
Non resta che attendere gli sviluppi: dopo la destituzione della sciagurata presidente Park Geun-hye, il corso di Moon Jae-in sta ristabilendo ordine nella Corea del Sud e nella penisola stessa. Si può stare ottimisti sul futuro.
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