Prima del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo in cui si discuterà anche della questione migranti insieme agli altri 26 capi di Stato e di governo, la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, si è presentata in Senato per un’informativa. La leader di Fratelli d’Italia ha parlato dell’Ucraina, e dell’invio delle armi, le case e le auto green, e dalle opposizioni più di qualche voce ha criticato il discorso della premier, che ha sua volta risposto con fermezza ad alcune accuse.
A quasi una settimana dal question time alla Camera, Giorgia Meloni, la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, si è presentata nell’aula di Palazzo Madama, davanti ai senatori della maggioranza e delle opposizioni per un’informativa prima del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, il terzo da quando lei è a Palazzo Chigi. Al Senato, in cui ha spiegato quali sono i temi che, come Italia, si porteranno all’attenzione degli altri 26 capi di Stato e di governo.
“Il prossimo Consiglio europeo – ha detto la premier -, il terzo dal giuramento del governo, ha in agenda sfide prioritarie per l’Unione europea“, che già sono state “al centro del dibattito del 9-10 febbraio scorsi“, dunque Ucraina, immigrazione, energia e contraccolpi per le imprese europee. “In questa fase complessa, l’Ue è chiamata al compito più arduo degli ultimi decenni, garantire la sicurezza del continente minacciato dall’aggressione russa all’Ucraina, proteggere il nostro tessuto economico, predisporsi al cambiamenti radicali che potrebbero profilarsi a livello internazionale“, il tutto guardando ai “valori che ispirano“, l’Unione, “ma che questo tempo ci ha insegnato a non dare per scontati“.
E quindi prima si parla di Europa che, per Meloni, deve rispondere alle sfide che ha davanti, tante, “con visione e tempestività“, e poi dell’Italia che “ha tutte carte in regole per recitare in Ue un ruolo da protagonista e non da comprimario“, ha detto. Il nostro Paese, infatti, deve essere “consapevole del suo ruolo” e “contribuire a definire dove deve va il mondo. Le alleanze si possono costruire su ogni materia. Noi lavoriamo con tutti, difendiamo il nostro interesse nazionale. La politica estera non è una questione di tifoseria ‘amico, nemico’“.
Per lei, “c’è una politica che ha due facce, una faccia la usa quando bisogna trovare soluzioni, trattando nei consessi internazionale, e un’altra faccia” entra in campo “quando si fa propaganda“. Meloni ha spiegato che tutti fanno propaganda, ma lei mette la faccia sulle scelte che fa: “Qualcuno ha detto che io andrò in Europa a prendere ordini. Ebbene, questo qualcuno non mi vedrà mai farlo: preferisco piuttosto dimettermi, ma non andrò mai in Europa con i toni che Giuseppe Conte usava al cospetto di Angela Merkel, dicendo che quelli del MoVimento 5 stelle erano ragazzi ma alla fine avrebbero fatto quello che gli si diceva… Preferisco dimettermi che rappresentare una nazione del genere“. E poi le questioni, appunto.
MIGRANTI – Un “tema centrale” sarà sicuramente “quello dell’immigrazione, un tema che il nostro governo ha ottenuto che venisse discusso in gran parte nell’ultimo Consiglio europeo“, ha iniziato sull’argomento la premier che poi ha spiegato l’emergenza che si sta vivendo “sta diventando strutturale, è una definizione che può sembrare un ossimoro, ma è la fotografia realistica“. L’immigrazione, quindi, a seguito di una pressione senza precedenti, dimostrata anche da quello che è successo nella tragedia di Cutro, “è il primo banco di prova” per l’Europa.
La numero uno di Fratelli d’Italia e della maggioranza ha raccontato di aver scritto ai leader europei “per ribadire che noi non possiamo attendere oltre, non possiamo aspettare inermi il prossimo naufragio“. D’altronde, è necessario il “coinvolgimento degli Stati di bandiera delle Ong nelle operazioni Sar“. E sono loro, ha rimarcato, che “devono assumersi le responsabilità che il diritto del mare attribuisce loro“, ha rimarcato la presidentessa del Consiglio dicendo che “le frontiere marittime dell’Italia sono le frontiere dell’Europa” e l’Europa “è chiamata a difendere quelle frontiere“.
Ma come? Per Meloni c’è bisogno di “adeguati stanziamenti” di fondi europei che devono essere “dedicati a contrastare i flussi irregolari lungo le rotte del Mediterraneo centrale“, così come già è stato fatto con la Turchia. Ma la premier ha anche detto che “prima di ogni ipotetico diritto a migrare, ogni essere umano ha il diritto di non essere costretto a migrare in cerca di una vita migliore” e questo “è un aspetto che, a nostro avviso, Europa e Occidente hanno colpevolmente trascurato“.
Non solo, perché, la leader della maggioranza ha anche specificato come “per lungo tempo l’italia è stata rimproverata di non fare abbastanza per contrastare i cosiddetti movimenti secondari“, e invece ora no, perché anche al Consiglio europeo di febbraio si sono iniziate a mettere le basi “per ribaltare questa prospettiva. C’è un modo solo per fermare i movimenti secondari, ovvero fermare a monte i movimenti primari, le partenze. E questo ragionamento comincia a fare breccia tra i nostri partner“.
“Rendere effettive le procedure di rimpatri degli irregolari è un tema che abbiamo posto con forza e che sta molto a cuore dell’Italia“, ha spiegato ancora, mentre sui risultati ottenuti “non possiamo dirci ancora soddisfatti“. Rispetto, quindi, allo “stato di attuazione degli accordi assunti cinque settimane fa, l’Italia intende ribadire che non c’è più un minuto da perdere: è questo il momento di agire, è questo il momento di lavorare a soluzioni“.
Dopo tutto, per le battaglie che ancora si faranno sul dossier migranti, ha detto ancora la presidentessa del Consiglio, “sono certa di avere dalla mia la maggioranza degli italiani, e spero anche di avere la più ampia maggioranza” in Parlamento, “anche delle opposizioni“. Per Meloni, infatti, “la battaglia politica si può efficacemente fare senza dipingere l’avversario come un mostro. C’è un limite che non andrebbe mai oltrepassato, il limite che, per gettare ombre sull’avversario, si finisce per mettere in cattiva luce l’Italia, mettendo in dubbio anche l’operato” delle forze dell’ordine e di polizia, della marina, della Guardia Costiera e della guardia di finanza, nonostante l'”Italia si stia assumendo responsabilità che sarebbero anche di altri“, ma colpendo il nostro Paese “si finisce anche per indebolire la nostra capacità negoziale“.
L’appello, dunque: “Criticate ferocemente il governo, me e le scelte che questo governo sta portando avanti, i nostri provvedimenti – ha detto rivolta ai senatori delle opposizioni – ma fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia, perché questo fa la differenza“. Intanto, il ruolo in Europa sarà quello di vigilare affinché il dossier “sia effettivo, rapido e incisivo: non vogliamo più piangere morti nel Mediterraneo, non vogliamo più che gli ingressi dei migranti siano decisi da mafie scafisti“.
Meloni ha risposto anche alle domande dei senatori, meglio ad alcune accuse. Per prima cosa, ha tenuto a precisare che si è “davanti a un fenomeno che assume una portata che non aveva in passato: abbiamo oggi un problema enorme legato alla stabilità e al possibile default della Tunisia, che non si riesce ad affrontare perché l’Fmi ha bloccato la trattativa con Tunisi“. Su questa, lei stessa sta lavorando e di questo ha parlato con il commissario europeo Paolo Gentiloni, “la stessa Commissione Ue – ha detto – aveva immaginato a inizio mese di recarsi in Tunisia ma ha rimandato l’iniziativa. C’è l’Italia che fa del suo meglio per cercare di sbloccare uno stallo che non ci aiuta e che rischia di peggiorare drammaticamente la situazione“.
E quindi, appunto, il contrattacco: “Noi facciamo ogni giorno tutto il possibile mentre altri muovono accuse inaccettabili“. Sulla tragedia di Cutro e su quella avvenuta in acqua libiche, ha precisato “la mia coscienza è perfettamente a posto, spero lo sia anche quella di chi usa povera gente per fare propaganda“.
Rivolgendosi alla senatrice del Partito democratico Tatiana Rojc, la premier ha iniziato scusandosi perché si è rivolta direttamente a lei – “È un retaggio dei mie anni in Aula“, si è giustificata con Ignazio La Russa, il presidente del Senato -, ma ha anche messo i puntini sulle i: “Lei citando Pasolini ha detto che ‘tutti sappiamo chi è il colpevole ma non abbiamo le prove’. Ebbene, voi avete stabilito un colpevole senza avere prove. Non ci sono prove che il governo potesse fare di più, se avesse potuto farlo lo avrebbe fatto come fa ogni giorno, con una media di 2.000 salvataggi“, ha precisato Meloni. “Io sono una madre, una madre – ha scandito la numero uno di FdI -. Quando noi, al cospetto dell’Ue, diciamo che l’Italia non li ha voluti salvare vanifichiamo gli sforzi che stiamo facendo, perché se si continua a lasciare l’Italia sola” a fronteggiare i salvataggi in mare “sfuggirà sempre qualcosa, qualcosa sempre andrà storto. Ma la mia coscienza, lo ribadisco, è perfettamente in ordine“.
A chi, invece, ha tirato in ballo i Paesi di Visegrad, secondo la premier uno slogan che va aggiornato, ha spiegato che loro “stanno accogliendo milioni di profughi ucraini e lo stanno facendo da soli. Se qualcuno venisse al consiglio Ue, scoprirebbe che tra quelli che chiedono muri c’è il governo austriaco, che è retto anche dai verdi“. Ma ha anche detto che, di fatto, non ha capito le proposte delle opposizioni, perché quello che si è chiesto, ovvero “fermare gli scafisti, cooperare con l’Africa, lavorare su un decreto flussi: ebbene, è esattamente quello su cui lavora il governo“, impegnato “a colpire il traffico di essere umani“, ma anche a instaurare “un diverso rapporto tra Ue e paesi africani“, nel nome di quel “piano Mattei che ci sta vedendo andare in giro in lungo e in largo, portando investimenti e chiedendo a Ue di investire sull’Africa“, perché “la risposta più efficace è metterli nelle condizioni di vivere delle molte risorse che hanno, con un approccio non predatorio ma da pari a pari“, puntando su “investimenti, lavoro e formazione“.
Certo, ha concluso sull’argomento, “non andrò mai in Europa a sostenere e a chiedere un decreto flussi europei. Vi segnalo che gli altri stati membri i flussi ce li hanno, è l’Italia che li ha azzerati perché le quote sono coperte da chi in Italia entra illegalmente. E questo equivale a dire che i flussi sono nelle mani degli scafisti, a mio avviso irragionevole. Noi riapriamo i flussi, li immaginiamo triennali, diamo una prospettiva e lavoriamo con i paesi africani. Mi pare un ragionamento sensato, non vedo proposte alternative o forse non le ho comprese“.
UCRAINA – Si è poi parlato della questione della guerra in Ucraina, altro tema fondamentale che domani verrà trattato in Consiglio europeo. Meloni ha innanzitutto precisato che “questo governo non ha mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come del resto hanno fatto i governi precedenti senza il coraggio di metterci la faccia. Noi non abbiamo paura di dire che rispettare gli impegni assunti è vitale per la nostra credibilità e sovranità nazionale“. “La libertà – ha rimarcato la presidentessa del Consiglio – ha un prezzo: se non ti difendi tu lo faranno altri, ma non gratuitamente“.
Per lei, che è stata anche accolta da una standing ovation partita dai banchi della maggioranza, è “puerile la propaganda di chi racconta che l’Italia spende soldi inviando armi sottraendo risorse alle necessità degli italiani, è falso e in questa Aula lo sappiamo tutti“. L’Italia, infatti, sta inviando all’Ucraina “armi di cui è già in suo possesso e che per fortuna non dobbiamo utilizzare, e le inviamo anche per tenere lontana la guerra da casa nostra. Raccontare agli italiani il contrario è una menzogna che intendo chiamare col suo nome“.
Come Italia, poi, ha precisato che si è formalizzato un sesto pacchetto di aiuti militari, con armi che “rafforzano soprattutto le difese aeree” di Kiev, e questo “significa difendere i civili dai bombardamenti, fornire all’Ucraina uno scudo, sperando che l’Ucraina non si pieghi dopo esser stato privato dell’acqua e dell’elettricità“.
“L’unità dell’Europa sulla guerra di aggressione russa è fondamentale: l‘Ucraina non sta difendendo solo la propria terra, ma sta difendendo i valori di libertà e democrazia su cui si fonda il progetto europeo“, ha detto ancora la leader di Fratelli d’Italia sul tema, precisando ulteriormente che si tratta di un “fondamento del diritto internazionale, senza il quale prevarrebbe il diritto del più forte“. D’altronde, ha spiegato ancora, “le pressioni esercitate su Mosca sono fondamentali per assicurare il rispetto del diritto internazionale e favorire il percorso negoziale per il raggiungimento di una pace giusta“, condizioni “che non sono ancora maturate ma che dobbiamo perseguire con tenacia“.
Come membri della Nato, con la quale si condividono le posizioni in merito alla Russia di Vladimir Putin, non si può tornare indietro, ma non solo perché Meloni ha parlato di questo per mandare un messaggio direttamente a partiti come quelli dei pentastellati che in Parlamento, ha detto, “prediligerebbero un’alleanza più stretta con la Cina rispetto ai paesi Nato, partiti che auspicano una resa dell’Ucraina sperando che questo possa allontanare il conflitto invece di avvicinarlo, ma non è la posizione di questo governo. Su questo non ci capiamo, noi non siamo di questo avviso“. A maggior ragione con la sua presenza a Kiev, ha chiarito, la premier ha “testimoniato il pieno sostengo all’Ucraina, un sostegno che verrà assicurato in ambito militare, civile umanitario senza badare all’impatto che queste scelte possono avere sul consenso, sul gradimento della sottoscritta. Continueremo a sostituire l’Ucraina perché è giusto farlo“.
In effetti, però, qualcosa non è tornato nell’intervento di Massimiliano Romeo, capogruppo a Palazzo Madama della Lega, seconda forza della maggioranza che sostiene l’esecutivo, che “nel comunicare il nostro voto favorevole alla risoluzione di maggioranza, esprimiamo forte preoccupazione per come stanno andando le cose sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina“. “Il problema – ha osservato Romeo – non è il sostegno militare all’Ucraina ma una corsa ad armamenti sempre più potenti, con il rischio di un incidente da cui non si possa più tornare indietro. Siamo certi che una escalation del conflitto riuscirà a tenere lontana la guerra dall’Europa e dal nostro Paese? – ha chiesto il senatore del Carroccio -. Davvero qualcuno pensa di sconfiggere militarmente la Russia? La storia dovrebbe insegnare qualcosa e chi dimentica la storia è condannato a ripeterla“.
Di fondamentale importanza, però, nel Consiglio europeo ci sarà la “futura ricostruzione dell’Ucraina, sulla quale credo che il sistema Italia sia pronto a dare il suo contributo“. E nel merito delle polemiche “sul ruolo che il conflitto in Ucraina può giocare nella destabilizzazione del continente africano: sono temi che richiedono concentrazione e attenzione“, ha concluso sul tema.
TETTO AL PREZZO DEL GAS – Collegato alla questione della guerra in Ucraina c’è anche quella che riguarda il tetto al prezzo del gas, una battaglia che l’Italia ha vinto in Europa e che “ha interrotto i fenomeni speculativi ai quali avevamo assistito nei mesi scorsi, con un enorme beneficio per le imprese e le famiglie italiane ed europee. Ed è in gran parte merito dell’Italia che, una volta tanto e a 360 gradi, è riuscita a lavorare insieme. Penso che, su questo, tutti quanti dobbiamo essere fieri di noi“, ha detto la premier.
PNRR E PATTO DI STABILITÀ– Meloni ha parlato anche di altro, però, per esempio del Pnrr, che da sempre si vuole modificare per venire incontro alle nuove esigenze, e del Patto di stabilità e crescita, per cui serve, ha detto, flessibilità. “C’è ancora tanto da fare ma riteniamo fondamentale arrivare entro il 2023 a nuove regole per dotarsi di principi credibili, realistici e coerenti con la situazione post Covid“, ha spiegato prima di dire che “stabilità e crescita meritano finalmente un equilibrio effettivo“. Se, infatti, in passato ci si è orientati più verso la stabilità, ora è fondamentale porre l’accento sulla crescita, e “questa deve essere la nostra priorità“. “Il tempo dell’austerità è finito. E il percorso di riequilibrio dei bilanci pubblici degli Stati più indebitati non dovrà sacrificare la dimensione dello sviluppo economico. La crescita economica stabile e duratura è l’unica vera garanzia di sostenibilità del debito pubblico“, ha rimarcato la presidentessa del Consiglio.
TRANSIZIONE ECOLOGICA, CASE E AUTO GREEN – Poi c’è la questione della transizione ecologica, con le due proposte dell’Unione europea che il governo ha bocciato, quella sulle auto green e quella sulle case. Meloni ha spiegato che “il processo verso l’economia verde deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico” ed è “per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto e la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici“, perché questi provvedimenti, ha detto ancora la premier, “rischiano di esporci a nuove dipendenze strategiche proprio quando stanno andando in porto gli sforzi per liberarci dalla dipendenza dal gas russo“.
Questo, però, non significa che non si condividano gli obiettivo di azzeramento di emissioni di CO2 nel 2035, significa solo che “l’Europa può stabilire gli obiettivi ma non è lei che può dire come raggiungerli“. Innanzitutto perché, ha spiegato al MoVimento 5 stelle, la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici “rischia di diventare una tassa patrimoniale sugli italiani” e, appunto, “determinati obiettivi devono essere perseguiti con una sostenibilità di fondo, sia sul piano sociale che su quello economico“.
Per quanto concerne, invece, le emissioni di veicoli leggeri ha sottolineato che la proposta “è inopportuna nella sua forma attuale, perché rischia di consegnarci a nuove dipendenze… Abbiamo illustrato, dati alla mano, che è possibile conseguire lo stesso risolutato, cioè gli obiettivi della transizione verde, impiegando tecnologie diverse rispetto all’elettrico, sulle quali l’Italia è all’avanguardia“. E quindi non si torna indietro e soprattutto non si cambia idea, perché, secondo la leader di Fratelli d’Italia, alcune posizioni “hanno un approccio troppo ideologico nell’affrontare materie molto pragmatiche, e che rischiano di assecondare quel processo che sull’altare della decarbonizzazione ci consegna dritti alla deindustrializzazione“.
EMERGENZA IDRICA – Ma si è avuto modo di parlare anche dell’emergenza idrica, che il governo sta affrontando. “Abbiamo ereditato una situazione abbastanza complessa, stiamo lavorando per istituire a Palazzo Chigi una cabina di regia con tutti i ministeri interessati. Vogliamo arrivare alla definizione di un piano idrico straordinario nazionale, di intesa con le Regioni e con gli enti territoriali“, ha concluso Meloni.
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