Da Addis Abeba, la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, ha risposto a varie domande dei cronisti, anche quelle riguardanti la gestione dei migranti da parte del governo che presiede. Nello specifico, la leader di Fratelli d’Italia ha parlato dell’idea di abolire la protezione speciale per gli stranieri che arrivano nel nostro Paese e ha anche generato non poche polemiche.
Presentata in un maxi emendamento sul decreto Cutro, l’idea di abolire la protezione speciale per i migranti, hanno spiegato fonti di governo sentite dal Corriere della Sera, sarà fatta con buonsenso, e seguendo soprattutto le direttive del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Insomma, la linea sarà decisamente più soft rispetto a quella che, invece, vorrebbero dalla Lega, sicuramente la forza della maggioranza che ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina uno dei suoi cavalli di battaglia. Non solo, però, perché al centro delle triangolazioni tra il governo e il Colle, ci sarebbero anche i trattati bilaterali con i singoli, con il capo dello Stato che vorrebbe (ancora) prudenza nel gestire i flussi, specie in attesa che venga approvato quello che Meloni ha sempre chiesto, ovvero un Piano Mattei per l’Africa.
L’abolizione della protezione speciale per i migranti e i diktat del Quirinale: come si muoverà il governo Meloni nel gestire l’emergenza immigrazione
Entro il 9 maggio, i due rami del Parlamento dovranno convertire in legge il decreto legge Cutro, quello arrivato all’indomani della tragedia avvenuta al largo delle coste calabresi il 26 febbraio in cui hanno perso la vita (almeno) 94 persone, e licenziato dal governo presieduto da Giorgia Meloni proprio nel luogo in cui è avvenuta la strage. Nonostante ci sia ancora poco meno di un tempo per approvare il testo della norma, ora all’esame del Senato, con tutti gli emendamenti del caso, la situazione che si sta delineando potrebbe portare l’esecutivo a una sorta di marcia indietro.
Nel merito dei cambiamenti, infatti, secondo quanto hanno raccontato oggi dal Corriere della Sera, il governo, e specialmente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, stanno studiando insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un piano che possa quantomeno sposare le esigenze del Colle, da sempre molto cauto sulla gestione dei flussi migratori.
Anche rispetto a quello che ieri, dall’Etiopia, ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia, ovvero di voler eliminare la protezione speciale – così era anche nel decreto – perché, appunto, “è una protezione ulteriore rispetto a quello che accade nel resto d’Europa e io credo che l’Italia non abbia ragione di discostarsi dalle normative europee di riferimento“, la linea da seguire non sarà quella dura che da sempre vogliono perseguire dalla Lega di Matteo Salvini, ma un po’ più soft e votata al buonsenso.
Una stretta forte dovrebbe esserci sì – anche perché stiamo parlando di una misura voluta da una maggioranza di centrodestra -, ma solo per chi non ha i necessari requisiti per accedere al permesso di lavoro o di accoglienza, e soprattutto “nel rispetto dei diritti umani“.
Non solo, però, perché sempre secondo quanto raccontato dal quotidiano diretto da Luciano Fontana, ciò che trapela è che si possa rivedere l’emendamento a prima firma di Maurizio Gasparri, quindi di iniziativa parlamentare, in cui potrebbe esserci una proroga dell’attuazione dell’istituto speciale, che sotto il secondo governo guidato da Giuseppe Conte fu concesso grazie alle modiche volute dalla ministra degli Interni, Luciana Lamorgese, in maniera molto più estesa rispetto a prima. E quindi, anche chi lo ha attenuto sulla base delle vecchie norme, qualora la carestie o le guerre siano continuate, potrà prorogarlo per sei mesi.
Ma il tavolo del governo con il Quirinale sta puntando anche a una modifica della norma sui trattati bilaterali con i singoli Paesi, con Mattarella che sta spingendo affinché vengano rispettati e non superati, sempre tenendo a mente che la volontà dell’esecutivo guidato dalla premier sia quello di tenere la barra dritta perché, ha detto sempre da Addis Abeba, “su questa materia non esiste nessuno che va a traino di nessuno: la pensiamo tutti allo stesso modo“.
E quindi il messaggio è che non saranno appunto dal Carroccio a trainare il governo nel gestire i flussi migratori, e nello specifico non verranno riapprovati quei decreti firmati dall’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (anche all’epoca vicepremier) che avevano fatto storcere il naso a Mattarella, ma sicuramente l’Italia non diventerà l’hub d’Europa, ha specificato ancora Meloni.
D’altronde, come ha spiegato anche il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti, “la situazione è cambiata, le crisi di Libia, Tunisia e Turchia ci impongono di mettere un freno. Portando comunque avanti il piano Mattei, o meglio il piano Meloni per l’Africa, che l’Europa, contiamo, vorrà condividere e sostenere assieme a noi“, da sempre l’obiettivo numero uno della premier da quando non si è insediata per quanto l’emergenza immigrazione.
Valenti nominato commissario straordinario in 15 regioni su 20
Intanto, sempre sulla questione migranti, è stata firmata dal capo del dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, l’ordinanza per fronteggiare lo stato di emergenza con piani che interessano le regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, e da cui sono escluse le quattro regioni a guida Partito democratico che non hanno dato l’intesa, con Valerio Valenti, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, che è stato nominato commissario delegato.