Cosa mangiavano gli antichi Romani? Le abitudini alimentari di patrizi e plebei, di poveri e di nobili, sono ampiamente documentate nel De re coquinaria, una sorta di raccolta di ricette attribuita al gastronomo (e letterato) Marco Gavio Apicio. Il libro, tra le rarissime testimonianze scritte sull’argomento, è la fonte storica più importante su come si cucinava, e si mangiava, ai tempi dell’antica Roma, dove le famiglie dei più ricchi erano, anche a tavola, le più privilegiate. I patrizi, infatti, e i ricchi in generale, erano gli unici a possedere una cucina dove un gruppo di schiavi lavorava a servizio dei cuochi migliori.
Come, e cosa, mangiavano gli antichi Romani è uno degli aspetti più curiosi (e forse meno trattati) di tutta la storia di Roma.Della sobrietà alimentare delle origini, basata essenzialmente sul grano, rimasero poche tracce nel periodo successivo quando, a partire dall’età di Augusto la cucina romana si arricchì soprattutto di spezie.Una novità non da poco per il modo di mangiare dell’epoca che, dall’alimentazione come puro sostentamento, divenne vera e propria ‘cultura del cibo’.
Tre pasti al giorno
Generalmente, sia i patrizi che i plebei, consumavamo tre pasti al giorno: lo ientaculum, al mattino presto, con latte, pane, formaggio e, se c’erano, gli avanzi della sera prima; il prandium, intorno a mezzogiorno, a base di cibi semplici, caldi o freddi, come pesce, verdure, legumi, uova e frutta; e la coena, che iniziava nel tardo pomeriggio ma poteva durare, in casa dei patrizi, fino a notte fonda. Come è facile immaginare, era l’appuntamento culinario principale: era proprio durante la coena, spesso preceduta da un bagno alle terme, che i ricchi consumavano i loro sfarzosi banchetti.
Sdraiati sui triclini, gli antichi Romani gustavano le vivande che i servi portavano loro e la varietà di cibo era, ovviamente, enorme: carne di ogni tipo, dal maiale al fagiano, dal ghiro all’agnello, spiedini, salumi e selvaggina, tutto consumato sdraiati su di un fianco. Quello che avanzava, ossa, lische, noccioli e chele, finiva a terra, mentre gli avanzi ‘commestibili’ venivano sminuzzati e usati per polpette, involtini e insaccati.
I cibi preferiti
Oltre al pane, semplice o aromatizzato al miele, all’olio o alla frutta candita, i Romani consumavano diversi tipi di verdura (cavoli, insalata, porri, asparagi, lattuga e piselli), cereali e legumi. Accanto al formaggio, solitamente fresco e acido, non mancava ovviamente la frutta: ciliege, prugne, mirtilli e fragole quella preferita, insieme all’uva, alle mele, ai datteri e ai fichi. Benché ‘scoperti’ più tardi, anche il pesce e i frutti di mare erano graditi agli antichi Romani: persico, triglie e murene in primis, ma anche sgombri, gamberetti e storioni.
Ciò che caratterizzava la cucina dei patrizi, però, era la straordinaria varietà di spezie: oltre a condire il cibo con salse di ogni tipo (ad esempio il defrito, a base di mosto, o il garum, ottenuto con la colatura fermentata di acciughe, sarde e interiora di pesci), i nobili Romani adoravano gli aromi esotici, soprattutto zafferano, cumino, pepe e coriandolo.Molto utilizzati, naturalmente, anche l’aceto e l’olio d’oliva.
Sulle mense dell’antica Roma, infine, non mancavano minestre (al esempio la puls, zuppa a base di farro, frumento e altri cereali) e cibi bolliti, mentre il dessert era a base di globus, una specie di bombolone fritto, o di libum, un pane dolcissimo insaporito con il miele.
Il vino
Come è facile immaginare, il vino era la bevanda più diffusa: i Romani conoscevano il rosso (che chiamavano ‘nero’), il bianco ma non quello secco. Tra i tantissimi in commercio, i vini più amati erano il Tiburtinum, il Massicum e il Falernum, anche se parecchio diffusi erano il vino di rose e quello di viole.
Il vino, usato spesso anche per condire, poteva conservarsi fino a 15 anni e, secondo la tradizione, non si poteva bere prima dei trent’anni. Era inoltre proibito alle donne, tanto che esisteva una specie di ‘prova’, la ius osculi, in cui il marito dava un bacio alla moglie per vedere se avesse rispettato la regola.
Cibo diverso per Patrizi e Plebei
Parlando di cosa mangiavano gli antichi Romani, infine, è facile intuire che vi erano delle differenze in base alla classe sociale. Mentre le abitudini culinarie dei patrizi prevedevano una straordinaria varietà di cibo, l’alimentazione dei poveri, dei contadini e degli schiavi si basava su un solo alimento, il grano, cui si aggiungevano cipolle, rape e verdure fresche a seconda della stagione.
Ai soldati e agli schiavi incatenati, invece, venivano distribuiti ogni giorno fichi o un chilo e poco più di pane, mentre una bevanda molto consumata, soprattutto dalle classi più povere, era la birra.