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Cosa mi succede se mi dovesse capitare di insultare il mio capo? Chiunque di voi risponderebbe che si rischia il licenziamento. In realtà non è sempre così, visto che ci sono dei casi in cui si può evitarlo. Per spiegarlo meglio, uso un caso che mi è accaduto di seguire. Un’azienda si era rivolta a me perché il titolare era stato insultato pesantemente da un dipendente che gli aveva detto di essere un “ladro, un poco di buono, un farabutto”. Il titolare mi aveva interpellato perché per lui era inaccettabile lavorare con quel dipendente. In giudizio però si era venuti a sapere che il datore di lavoro non aveva pagato per un certo periodo di tempo il dipendente ed era estremamente in ritardo con il pagamento delle mensilità. Il dipendente sosteneva che l’aver dato al datore del “disonesto” era giustificato dal non essere stato pagato e che, tutto sommato, stava dicendo la verità.
L’episodio che vi ho raccontato è il classico caso discriminante. Da una parte c’è un insulto certo; dall’altra c’è un dipendente che si difende perché aveva una ragione per dire certe cose.
Al di fuori di queste ipotesi, cioè se c’è effettivamente una giustificazione, offendere il datore di lavoro è molto grave e può essere considerato un fatto di insubordinazione che può portare al licenziamento.
In conclusione possiamo dire che insultare un superiore è un fatto estremamente grave che potrebbe portare al licenziamento. Se volete evitarlo, potete fare solo una cosa: cercare di giustificare ciò che avete detto con un fatto attinente alla realtà.
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