Domenica, sui social di Giorgia Meloni, la presidentessa del Consiglio, si è inaugurato un nuovo format: “Gli appunti di Giorgia”. La leader di Fratelli d’Italia per circa 22 minuti ha intrattenuto i suoi followers spiegando quelle che erano le novità in agenda, in tutti i sensi, e rispondendo alle domande che, nel corso della settimana, le sono state poste.
La rubrica avrà cadenza settimanale, impegni permettendo, e, hanno spiegato dal suo entourage della comunicazione, non sostituirà le conferenze stampa in cui la premier spiega e soprattutto risponde alle domande che le pongono i giornalisti (e quindi non gli utenti). Una novità nel mondo dei social dei politici che non strizza l’occhio né a Giuseppe Conte, né a Matteo Renzi. È solo il modo di Giorgia.
Parte della trionfale cavalcata di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, quello stesso palazzo che le era inibito quando il suo Fratelli d’Italia a malapena arrivava a superare la soglia di sbarramento, è da considerarsi frutto della lungimiranza della nuova e prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, e dell’utilizzo dei social.
Oddio, non che ci volesse un genio per capire che la comunicazione politica, ora, ma anche cinque anni fa, si era spostata quasi del tutto sui nuovi mezzi di comunicazione di massa: semplicemente si è accerchiata di un entourage che, in poco tempo, ha fatto impallidire anche la macchina da guerra (in senso buono) che stava dietro Matteo Salvini, leader della Lega e suo alleato di governo (e non).
La Bestia, capitanata da Luca Morisi, che ha fatto scuola, è stata ora mangiata dalla Bestiolina, che invece è manovrata da Tommaso Longobardi, cresciuto nella Casaleggio Asssociati – un tempo la macchina della propaganda di Beppe Grillo e del MoVimento 5 stelle -, e ora pronto a entrare dalla porta principale nel mondo delle istituzioni che contano, per davvero.
Uno step naturale, dato come, appunto, in qualche anno, la leader di FdI ha macinato consensi, rubandoli a destra, e al Carroccio soprattutto, e forse qualcosa a manca – sempre che i pentastellati possano essere considerati di sinistra, chiaro. Anche ora, però, che si è arrivati a essere la prima forza alle elezioni politiche, anche ora che sulla poltrona del potere è seduta Meloni non si può stare con le mani in mano, e bisogna innovarsi. Cambiare, meglio: stare al passo coi tempi. Non tanto per racimolare qualche decimale che potrà essere utile per capire quanto quello che si sta facendo è giusto o sbagliato, e che la stessa premier ha detto che non le importa (il consenso, ovvio), quanto per avere un filo diretto con i cittadini, gli stessi che l’hanno premiata il 25 settembre, e quelli che invece non l’hanno fatto.
E quindi “Gli appunti di Giorgia“, una nuova rubrica, inaugurata domenica su Facebook, in cui per 22 minuti la leader di Fratelli d’Italia ha spiegato le novità e poi ha risposto a delle domande che, nel corso dei giorni, le sono state poste sui social. Come una conferenza stampa, in pratica, ma senza risposte a mezza bocca da dare ai giornalisti.
Un’agenda blu, che la premier, che ancora premier non era, si è portata anche al Quirinale quando ha incontrato Sergio Mattarella per la seconda volta e le ha enumerato chi e perché voleva nella sua squadra di governo, un’agenda blu, semplice, in cui ha detto che si appunta tutto, quello che pensa e quello che vorrebbe fare, è il mezzo attraverso cui inizia la narrazione di Meloni, a metà tra propaganda, e ci mancherebbe, disintermediazione, ovvero “il più generale ridimensionamento delle varie figure di intermediari determinato dalla diffusione di Internet (che consente agli utenti di accedere direttamente alle informazioni e ai servizi di cui hanno bisogno)“, si legge sulla Treccani.
Ecco, bisogno. Ne avevamo davvero? Forse no, ma evidentemente per lei sì, perché questo format, ha detto Longobardi al Foglio, è un unicum, che niente ha a che vedere con i video di Volodymyr Zelensky, il presidente dell’Ucraina, o quelli di Emmanuel Macron, il presidente della Francia. Un unicum che consentirà ancora di fare le conferenze perché “una cosa non esclude l’altra, anzi“, ha spiegato ancora il social media manager.
E che ha portato oltre 35mila like, quasi 16mila commenti e oltre 4500 condivisioni: un successo a cui si bada il giusto, perché ora che il compito è cambiato, sono cambiati anche gli obiettivi: “Guardiamo meno all’engagement – ha precisato ancora Longobardi -. Anche se, per esempio, su TikTok abbiamo registrato un boom del 300 percento“.
Se cosa è il nuovo format è abbastanza chiaro, a cosa servirà pure, c’è da capire come potrebbe trasformarsi, anche perché non sempre Meloni potrebbe essere così libera da potersi concedere venti minuti (e passa) a parlare sui social di qualcosa che, in realtà, ha già spiegato ampiamente in altre circostanze, tra un’intervista al Corriere della Sera e a Repubblica, magari.
Tra l’altro, all’inizio, doveva essere un’altra cosa, meglio doveva essere un contenitore di dieci minuti, diventati molti di più per l’attitudine della premier all’eloquio. Sicuramente era stato pensato per essere un meccanismo moltiplicatore, perché anche se i social arrivano prima, i media tradizionali (per fortuna) esistono ancora, e quindi le agenzie, i siti, le tv e i giornali hanno di che parlare e scrivere dopo questi video informalmente informativi che hanno fatto anche Matteo Renzi e Giuseppe Conte, e che ha fatto anche Silvio Berlusconi, per dire, durante la campagna elettorale.
Probabilmente non si trasformeranno in nulla, perché è “comunicare bene” il mantra che muove tutti, nell’entourage di Meloni, e la sua agenda blu, ancora, ha detto Longobardi, che non diventerà mai una Smemoranda istituzionale, una Moleskine personalizzata, e lo ha detto ridendo. Mentre, magari, con un occhio sbirciava i sondaggi, che la vedono ancora prima, sempre di più, e in luna di miele con gli italiani, che ora la vedono ancora più vicina, la donna della porta accanto che è diventata la prima presidentessa del Consiglio donna d’Italia.
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