Il Sudan e sopratutto la sua capitale Khartoum hanno mostrato una breve pausa nei combattimenti, che stanno devastando il paese ma soprattutto la capitale, per consentire gli aiuti umanitari. I combattimenti hanno subito un arresto di poche ore per far accedere gli aiuti umanitari, necessari in condizioni normali ed estremamente importanti in questo preciso momento di guerriglia interna, per la sopravvivenza della popolazione. Si è trattato di poche ore che hanno consentito concretamente il passaggio umanitario ma successivamente gli scontri tra esercito sudanese e milizia paramilitari è ripreso gettando nuovamente nel panico la popolazione.
Le autorità internazionali stanno cercando di calmare la situazione per evitare la distruzione totale e il caos, che ha già portato alla morte di cittadini innocenti in un paese che necessità di protezione e di guida e sicuramente non di ulteriori combattimenti sanguinari. Lo scopo di questa guerriglia cittadina e il controllo del Sudan tra fazioni militari opposte, che si scontrano ormai da mesi, ma non era di certo prevedibile quello che ha scoppiato negli ultimi tre giorni.
Il Sudan necessita di aiuti umanitari costanti, anche in un periodo nel quale normalmente non è in atto una guerriglia urbana e pertanto in questo preciso momento i bisogni sono triplicati e per poche ore è stato possibile far passare gli aiuti umanitari necessari a placare i bisogni primari, ma non appena l’operazione umanitaria è stata conclusa i militari di fazioni rivali hanno ricominciato a combattere tra loro.
Gli scontri tra esercito sudanese e Forze paramilitari di supporto rapido anche chiamate RSF hanno ucciso, secondo le stime effettuate nella giornata di domenica 16 aprile, parlano di 97 cittadini uccisi e la notizia è stata confermata anche da un gruppo di medici, suscitando numerose critiche e proteste da parte dei paesi confinanti ovvero Ciad ed Egitto.
L’autorità intergovernativa regionale per lo sviluppo chiamata IGAD ha deciso di chiedere una riunione di emergenza sugli scontri scoppiati in Sudan specificando di voler inviare i presidenti Gibuti, Kenya e Sud Sudan a Khartoum il prima possibile provare a portare un minimo di equilibrio che riesca ad arginare gli attuali combattimenti che getterebbero la nazione in una crisi difficilmente recuperabile.
L’esplosione della violenza è stata sabato 15 prile ma le milizie rivali hanno deciso di unire le forze per tentare di rimuovere il presidente del Sudan al Bashir già nel 2019 ma fino ad oggi non era ma è scaturito a nessun combattimento paragonabile a quelli scoppiati nella capitale del Sudan e nulla di paragonabile io nonostante l’astio ben presente per il controllo del paese questa escalation è stata veramente repentina e improvvisa.
L’ astio iniziale, come sopra citato, è scaturito dal disaccordo nato in merito all’integrazione delle truppe RSF all’interno dell’esercito statale e sulle modalità nelle quali sarebbe stato supervisionato il processo di integrazione.
I testimoni, come riferisce l’emittente al jazeera, domenica 16 aprile hanno dichiarato di aver sentito molte esplosioni e colpi di arma da fuoco si sono propagati tra i sobborghi settentrionali di Khartoum ma anche nella zona a sud dove carri armati e aerei da combattimento non hanno mai lasciato noi postazioni assunte terrorizzando la popolazione che è rimasta scioccata da ciò che ha visto presentarsi davanti ai propri occhi improvvisamente.
Nella tarda serata i residenti si sono nuovamente barricate all’interno delle loro cause per la paura di una ripresa nonostante le affermazioni che sembravano rassicurare in merito alla pausa umanitaria. La paura di un conflitto prolungato spaventa enormemente la popolazione che teme di tornare a sprofondare nel caso più totale e non procedere invece verso una direzione di transizione verso una democrazia guidata da un governo civile.
Una giovane residente della capitale sudanese di nome huda ha spiegato a Reuters che: “Siamo spaventati, non dormiamo da 24 ore a causa del rumore e della casa che trema. Siamo preoccupati per l’esaurimento dell’acqua, del cibo e delle medicine per mio padre diabetico”.
Sostenendo inoltre che: “Ci sono così tante informazioni false e tutti mentono. Non sappiamo quando finirà, come andrà a finire“.
L’unione dei medici in Sudan ha spiegato che il bilancio delle vittime civili dei primi due giorni di combattimento è salito a 97 e centinaia di persone hanno invece dovuto ricorrere a cure mediche per le ferite riportate a causa degli scontri.
L’organizzazione mondiale della sanità ha precisato: “molti dei nove ospedali di Khartoum che accolgono civili feriti sono stati eseguiti sangue, attrezzature per trasfusioni, fluidi per via endovenosa e altri rifornimenti vitali”.
L’esercito sudanese invece nel tardo pomeriggio di domenica ha precisato di aver “accettato una proposta delle Nazioni Unite per aprire un passaggio sicuro per i casi umanitari” che ha compreso anche l’evacuazione dei feriti durata circa tre ore.
Anche le milizie paramilitari RSF hanno confermato di dare il loro consenso e pertanto chi avesse deciso di infrangere l’armistizio temporaneo avrebbe risposto duramente alla trasgressione.
Nonostante queste parole e entrambe le parti abbiano rassicurato in merito alla sicurezza durante lo svolgimento degli aiuti umanitari e si sono udite esplosioni vicino all’aeroporto numerosi colpi di arma da fuoco.
Dopo la conclusione delle operazioni di aiuto ed è spostamento dei feriti Al Jazeera ha annunciato che lo stop umanitario di tre ore era concluso e nel momento in cui l’associazione umanitaria è il percorso da loro avviato è stato concluso sono ricominciati immediatamente scontri armati pesantissimi utilizzando artiglieria pesante e rigettando così nel caos più totale Il Sudan.
I giornalisti siamo stati in grado di vedere il fumo salire dalle parti meridionali e settentrionali della città. Hanno precisato che: “L’intero scopo del periodo di cessate il fuoco di tre ore era quello di consentire a coloro che erano intrappolati nelle vicinanze del palazzo presidenziale, nelle vicinanze del comando generale dell’esercito, di poter fuggire – così come quelli intrappolati nelle aree vicino alle basi RSF che stanno affrontando attacchi aerei da parte dei caccia dell’esercito sudanese”.
Violenza è scoppiata dopo settimane di contrasti che nonostante fossero ben evidenti e focalizzati alla lotta di potere tra l’esercito di Abdel fattah al-Burhan e Mohammed hamdan Dagalo anche conosciuto come Hemedti, che e a capo delle truppe RSF. Ovviamente entrambe le milizie in opposizione danno la colpa dell’inizio della violenza attuale all’altro.
Nonostante la milizia paramilitare abbia annunciato di aver conquistato aeroporto il palazzo presidenziale e siti strategici militari l’esercito sudanese invece precisato che il controllo di tali istituzioni è ancora in mano alle truppe dell’esercito.
Sono stati anche attuati raid aerei da parte dell’esercito statale nei confronti delle basi delle milizie paramilitari a Omdurman che ha sostanzialmente la città gemella della capitale sudanese Khartoum, ma che si trova al di là del Nilo, ma si sono verificate esplosioni anche nella zona di Kafouri e Sharg En Nile dell’adiacente Bahri.
I combattimenti sono scoppiati feroci anche nella regione del Darfur e nello stato che confina ad Est ovvero Kassala.
Hussein Saleh, un testimone di Kassala ha riferito che le truppe dell’esercito del Sudan hanno sparato colpi d’artiglieria pesante contro le truppe RSF.
Le Nazioni Unite hanno riferito che a causa degli scontri sono morte tre persone che facevano parte del programma alimentare mondiale e pertanto è stata dichiarata una “sospensione temporanea di tutte le operazioni in Sudan”.
Il segretario generale delle Nazioni unite guterres dopo la morte di così tanti civili e dei tre operatori umanitari ha chiesto una “giustizia senza indugio”.
Guterres già in precedenza aveva avvertito che il protrarsi dei combattimenti avrebbe generato un’escalation che avrebbe “aggravato ulteriormente la già precaria situazione umanitaria”.
Secondo i rapporti dell’Onu il Sudan ha necessità importante di poter ricevere gli aiuti umanitari dato che è un terzo della popolazione ha bisogno di loro per sopravvivere.
Tutte le autorità internazionali comprese Cina, Stati Uniti, Gran Bretagna, Europa e Russia hanno chiesto la conclusione di questi sanguinari combattimenti e anche Papa Francesco ha voluto precisare che sta seguendo gli eventi con estrema preoccupazione e ha chiesto di dialogare per giungere a un equilibrio.
Si è tenuta una riunione del blocco IGAD che comprende otto leader regionali che hanno voluto chiedere “un’azione decisiva sulla crisi in Sudan” e hanno sottolineato l’impellenza di una “cessazione immediata delle ostilità tra le parti in conflitto”.
Sono stati inviati a rappresentare il blocco il funzionario William Ruto del Kenya, Salva Kiir del Sud Sudan e Ismail Omar Guelleh del Gibuti in Suda.
È stato sottolineato dalle autorità del Kenya quanto sia importante che avvenga “il prima possibile per riconciliare i gruppi in conflitto”.
I vertici dell’IGAD hanno sostenuto congiuntamente che “la stabilità in Sudan è la chiave per la stabilità sociale ed economica della regione. I leader hanno anche chiesto ai due gruppi di fornire un corridoio sicuro per l’assistenza umanitaria a Khartoum e in altre città colpite”.
È intervenuta anche l’Unione Africana che ha precisato l’invio a breve di un funzionario che si recherà in Sudan per una missione di cessate il fuoco necessaria per preservare la nazione.
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