Cosa sta succedendo in Turchia? Com’è la situazione in Turchia, oggi? Da oltre un anno si susseguono cadenzati gli attentati di natura terroristica che provocano morti e feriti tra la popolazione civile e talvolta militare. Il governo di Recep Erdogan, da quando si è insediato ha dovuto fare i conti con le contestazioni degli oppositori, molto spesso finite nel sangue. Come si è arrivati alla spirale di violenza continua degli ultimi mesi? Il quadro politico e sociale è piuttosto complicato, anche perché oltre alle questioni interne non risolte, ovvero lo scontro del governo turco con i curdi e con il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), la Turchia si trova in qualche modo protagonista della guerra in Siria, paese con il quale confina. Sono dunque tanti i fattori che hanno contribuito alla situazione attuale, vediamoli un po’ meglio nel dettaglio.
L’alleanza con la RussiaDall’estate 2016 la Turchia, impegnata contro Bashar al-Assad in Siria, ha ammorbidito le sue posizioni contro i governativi siriani per impegnarsi a bombardare con continuità il nord della Siria, per impedire ai curdi di espandersi su nuovi territori. Inoltre Erdogan è riuscito a riallacciare i rapporti con Putin e non si è opposto alla partecipazione russa nelle operazioni militari di Assad per la riconquista di Aleppo, passando quindi ”dall’altra parte del fronte” e infliggendo una grave sconfitta all’opposizione siriana. Dal canto suo la Russia, che un tempo ”proteggeva” i curdi, avrebbe dato il suo consenso alla repressione turca contro di loro. Lo scambio di favori, in altre parole, ci sarebbe stato a vantaggio sia della Russia che della Turchia. Anche l’uccisione dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrei Karlov, durante l’inaugurazione di una mostra ad Ankara, da parte di un poliziotto turco 22enne non sembra aver scalfito l’accordo tra Putin e Erdogan, nonostante abbia agito per vendicare quanto sta avvenendo ad Aleppo.
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Per fare una fotografia della situazione in cui è la Turchia oggi, occorre inquadrare il giusto angolo: il numero così alto di attentati in Turchia rappresenta, in un certo modo, la guerra permanente dell’Isis al Paese dei curdi. Come disse anche Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, a poche ore dall’attentato del 28 giugno 2016 all’aeroporto Ataturk di Istanbul, che provocò 37 morti e centinaia di feriti: ” È evidente il tentativo di destabilizzare la Turchia e, comunque, di combattere in forme diverse il popolo curdo, l’unico che combatte sul terreno in Siria a viso aperto contro di loro. La Turchia non va lasciata sola, l’Europa deve stringersi intorno al popolo turco e fronteggiare con maggior unità questa gravissima emergenza democratica che riguarda tutti, nessuno escluso”.
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La questione con i curdi
Lo scontro interno alla Turchia con i Curdi si fa sempre più evidente, ad esempio le responsabilità di un altro attentato nel centro di Ankara del 13 marzo 2016 è stata attribuita ai curdi del PKK. C’è da specificare che solo un giorno prima, il 12 marzo, l’esercito turco aveva fatto sapere di avere ucciso 67 militanti curdi in raid aerei su campi e depositi di munizione nel nord dell’Iraq. I jet presero di mira siti a Qandil, Metina, Avasin, Haftanin e Basyan usati dal Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). E il giorno dopo l’esplosione dell’autobomba nella capitale turca, aerei da guerra turchi si alzarono per bombardare nuovamente campi del Pkk nel nord dell’Iraq.
La crisi che avvolge la Turchia ha dunque una delle sue principali cause nella ripresa dello scontro con il PKK che storicamente combatte contro il governo turco per ottenere l’autonomia dei curdi. Dopo una tregua durata due anni, lo scontro è ricominciato lo scorso luglio, dopo che Erdogan appoggiato dal suo governo conservatore (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) aveva deciso di bombardare alcuni campi del PKK nel nord dell’Iraq, spacciandola per un’operazione militare contro l’ISIS. Da allora Erdogan ha messo in galera centinaia di persone accusate di essere membri del PKK.
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La guerra all’Isis in SiriaLa Turchia è stata accusata a lungo di lasciare liberi di fare i jihadisti dello Stato Islamico, permettendo ad esempio il passaggio di foreign fighters dal suo confine con la Siria, pur di indebolire i curdi. Lungo il confine nord della Siria, infatti è nato un nuovo insediamento: il Kurdistan siriano, i cui leader sono legati al PKK e ai curdi turchi. Va ricordato che la Turchia, membro della NATO e alleata dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, nella guerra in Siria dunque ha in un primo momento sostenuto di fatto i ribelli che combattono contro il regime di Assad e contro i curdi. Per poi passare ad allearsi con i governativi e con Assad. Ad ogni modo, con il dichiarato scopo di sconfiggere lo Stato Islamico, la Turchia è entrata nel mirino dei jihadisti.
Le responsabilità di Erdogan, implacabile con gli oppositori
Gli analisti della situazione geopolitica in Turchia spiegano che buona parte della responsabilità di ciò che sta accadendo è stata causata direttamente o come conseguenza delle scelte effettuate dal presidente Erdogan. È stato lui infatti a scegliere di impiegare i jihadisti per andare contro Assad in Siria piuttosto che pacificarsi con i curdi (anche per motivi elettorali). Lo ha affermato lo stesso re di Giordania Abdullah quando ha dichiarato in una recente intervista: ”Erdoğan crede che l’islamismo radicale possa essere la soluzione ai problemi della regione”. E in effetti va ricordato che la Turchia ha due anime, una più moderna, che guarda all’Europa e che si respira ad Istanbul, e una più retriva e islamizzata che si respira nelle zone più interne. Erdogan è certamente espressione di questa seconda visione, e ha avuto modo di mostrare tutto il suo impegno contro gli oppositori quando ha approfittato del tentato golpe dei militari dello scorso luglio per eseguire migliaia di arresti nella scuola, nella magistratura, nell’esercito, nella polizia e nella pubblica amministrazione. Un bel colpo per eliminare in una sola volta la maggior parte dei sostenitori di ideali laici contrari alla visione politica di Erdogan. Un gesto, questo, che ha sicuramente evidenziato agli occhi del mondo il fatto che la Turchia viola i diritti umani e anche se da anni continua a chiedere di poter entrare in Europa, le opposizioni sono tante. Non a caso nessun leader europeo ha solidarizzato con Erdogan nelle ore del golpe, nonostante si tratti di un paese Nato.
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Certo è che la Turchia per l’Europa resta importante e strategica, soprattutto perché ora serve da filtro per i flussi migratori provenienti dal Medio Oriente. Ecco perché non c’è un vero contrasto a Erdogan da parte dei Paesi europei, e anche la Germania vuole tenersela amica, per scongiurare il pericolo di un’invasione di migranti in Europa, primi fra tutti siriani, che sicuramente avverrebbe se la Turchia spalancasse le frontiere per ‘punire’ l’Europa.