Tra le perplessità, meglio tra i rilievi con cui Bruxelles ha rispedito in Italia i progetti per l’attuazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che in questa rata dovrebbe portare 19 miliardi di euro a casa nostra, ce ne sono due che potrebbe non essere così semplice superare, e riguardano quelli relativi alla ristrutturazione dell’Artemio Franchi di Firenze, che poi è lo stadio pubblico in cui gioca la Fiorentina, e a nuova area, in cui ci sarà anche un impianto sportivo, il Bosco dello Sport, in provincia di Venezia.
Secondo i commissari europei, che dovrebbero contribuire ai due progetti rispettivamente per 55 e 96,3 milioni di euro – e ovviamente non bastano -, non risponderebbero alle esigenze di riqualificazione delle aree periferiche e edifici pubblici messi a disposizione dalla Missione 5, Componente 2 del Recovery. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, tra l’altro in disaccordo con il suo predecessore, Matteo Renzi, ha spiegato che dal ministro Raffaele Fitto, che ha la delega proprio per l’attuazione del Pnrr, si difenderanno con la Commissione europea chiarendo i dubbi che di fatto si hanno. Se questo non dovesse avvenire, però, ci potrebbe essere molto più di un problema, per la Fiorentina, ma anche per il governo, che ancora non l’ha spuntata neanche sul rimandare gli obiettivi.
Ci sarà da attendere ancora un altro mese, dopo il precedente rinvio, sempre di 30 giorni, per capire se l’Italia potrà ottenere la terza rata, da 19 miliardi di euro, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, il programma con cui il governo prevede di spendere i finanziamenti stanziati dall’Unione Europea per il rilancio dei Paesi colpiti dalla pandemia da Covid.
Sono tre, infatti, i progetti per cui i commissari europei hanno fatto dei rilievi e che potrebbero bloccare la tranche di aiuti per il nostro Paese. Uno riguarda la riforma delle concessioni portuali che, come aveva anticipato anche Il Sole 24 Ore, non risponde ai criteri giudicati irrinunciabili dall’Antitrust europeo, in particolare per quel che riguarda l’esigenza di fissare un limite temporale massimo, poi ci sono gli interventi sulle reti di teleriscaldamento.
Ci sono poi i due progetti “sportivi”, ovvero il Bosco dello sport da realizzare in provincia di Venezia, che doterebbe (tra le altre cose) anche di un nuovo stadio la squadra della città lagunare, e la ristrutturazione dell’Artemio Franchi di Firenze, impianto sportivo che è stato inserito anche nel piano per la candidatura di Roma per gli Europei del 2032, ma che di fatto sarebbe anche la “nuova” casa della Fiorentina, che sono finiti dentro al Recovery Fund sfruttando la Missione 5, Componente 2 che mira riqualificare le aree periferiche o edifici pubblici.
Per il primo – che punta alla costruzione di una sorta di città dello sport, con delle strutture anche per i minori, a Tessera -, dall’Europa dovrebbero arrivare 96,3 milioni, così come è stato previsto dal Mef e dal Viminale lo scorso aprile, che si devono aggiungere ai 150,4 milioni messi dal Comune amministrato da Luigi Brugnaro, e altri 24,8 milioni messi in campo dallo Stato per il caro-prezzi.
Per il Franchi, che è stato costruito intorno agli anni Trenta e il progetto è stato fatto da Pierluigi Nervi, lo stesso che ha pensato anche il Flaminio di Roma (che invece non è rientrato nel Pnrr, ma che invece dovrebbe essere fondamentale per la competizione Uefa qualora si dovesse vincere), i milioni stanziati dalla Commissione europea dovrebbero essere circa 55 (e contro i 95 che erano stati pensati all’inizio) sui 200 totali e servirebbero non solo per ristrutturare l’impianto, ma anche per la rigenerazione dell’intera area di Campo di Marte, con parco, spazio commerciale, palestra, piscina, uffici.
I commissari, che nei fatti hanno destinato un miliardo allo sport, di cui 700 milioni per gli impianti di base, e 300 per le palestre scolastiche, non sembrano essere entusiasti di destinare altri fondi agli stadi, e nel caso di Firenze sarebbero ancora meno felici del fatto che l’impianto poi andrebbe quasi a uso esclusivo di una società privata, quella di cui Rocco Commisso è presidente, e che da tempo cerca di costruire una casa propria nella città incontrando prima il neit della Sovrintendenza, e poi anche quello del sindaco Dario Nardella.
Ecco, a proposito del primo cittadino fiorentino, è stato lui a parlare di quello che sta succedendo. “Se non meritano di passare progetti come quelli di Firenze e Venezia, quasi tutto il Pnrr non dovrebbe essere autorizzato“, ha detto in primis e non senza una nota polemica Nardella, che poi ha spiegato di aver parlato con il ministro competente, ovvero Raffaele Fitto che ha la delega al Pnrr, che gli ha confermato che il governo “difenderà tutto il Pnrr, inclusi i progetti di Firenze e Venezia e lo farà portando tutti i chiarimenti dal punto di vista tecnico ai rilievi della commissione. Fitto oggi è a Bruxelles e mi ha assicurato che avremo a breve un incontro con le amministrazioni comunali di Firenze e Venezia. Non c’è alcun definanziamento, occorrerà rispondere sul piano tecnico“.
Ma c’è anche chi non la pensa alla stessa maniera del sindaco in quota Partito democratico, un tempo finito anche nella rosa di possibili nomi che potevano sostituire Enrico Letta alla guida del Nazareno. C’è soprattutto il suo predecessore, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, senatore del terzo polo, ma soprattutto ex segretario dei dem, che invece crede che l’idea di prendere soldi dall’Europa per finanziare lo stadio nuovo di Firenze non siano propria un’ottima idea, piuttosto per lui dovrebbero arrivare da finanziamenti privati.
Una posizione che l’ex presidente del Consiglio ha ribadito anche oggi su Twitter, rivolgendo un appello tanto al primo cittadino fiorentino, quanto all’attuale inquilina di Palazzo Chigi, Giorgia Meloni. Per lui, infatti, sarebbero in ballo 80 milioni di euro, che dovrebbero essere invece destinate a “case popolari, scuole e parco delle cascina” e non, appunto, sullo stadio.
D’altronde, la questione del Pnrr è molto più complicata di così, e non ne ha fatto mistero neanche l’ex governatore della Puglia in una riunione di ieri. “È matematico, è scientifico, alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati“, ha detto Fitto, che poi ha illustrato quelle che sono le problematiche, chiedendo alla sua cabina di regia un esame rapido dei ritardi. In questo senso, infatti, a nulla può servire la riforma del codice degli appalti, che il Consiglio dei ministri ha licenziato sempre ieri, e che ha l’obiettivo di velocizzare l’avvio dei progetti in funzione dell’ottenimento dei risultati per il Recovery Fund e che sarà efficace dal primo luglio, nonostante entri in vigore il primo aprile.
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