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Politica

Cosa sta succedendo tra Nordio e i magistrati per la riforma della giustizia

Sta facendo discutere da giorni la riforma Nordio e ora anche i magistrati si dicono contrari, oltre a tanti giuristi.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio – Nanopress.it

Si compone di pochi articoli ma questi racchiudono seri rischi di aumentare l’impunità nel nostro Paese, inoltre sembra che con essa il ministro della Giustizia voglia dare un colpo di spugna a tanti processi. Tanti l’hanno soprannominata “legge salvacorrotti” ed è una vicenda che sta mettendo letteralmente in subbuglio la magistratura italiana, con lievi scissioni interne. La riforma, che conferma la conflittualità fra le toghe e il Guardasigilli, colpisce in particolare i giornalisti perché questi non possono più riportare il contenuto delle intercettazioni. Gli unici che non hanno nulla da ridire sono i sindaci e tutti i funzionari pubblici che sono chiamati a prendere decisioni imparziali per la collettività, perché è stato abolito l’abuso di ufficio. Si preannuncia una battaglia in Parlamento ma perché sono tutti contrari a questa riforma?

I magistrati contro la riforma Nordio

Dopo i giuristi e i membri dell’opposizione, anche i magistrati si sono detti contrari al Ddl Nordio, che prevede alcuni articoli che analizzeremo in seguito.

La “legge salvacorrotti” firmata dal ministro della Giustizia, ex toga, lo sta mettendo in conflitto con le altre toghe, ancora di più del solito. Prima era un semplice dibattito dai toni pacati ora è diventato un violento – si fa per dire –  scontro. Negli ultimi giorni le critiche sono arrivate dall’Associazione nazionale magistrati, in particolare dal presidente Giuseppe Santalucia, su cui il ministro ha detto:

“il rappresentante del sindacato ha mosso critiche pesanti ancora prima di sapere il testo del ddl. questa si chiama interferenza. fra l’altro, l’interlocutore istituzionale del governo non è il sindacato ma il consiglio superiore della magistratura”.

Dopo qualche ora da questo intervento durante il Festival di Taormina, dove Carlo Nordio era ospite, è arrivata la replica:

“l’anm ha il diritto e il dovere di prendere parola sui temi che riguardano la giustizia. in questo modo il confronto si amplia e ci sono più punti di vista su cui riflettere ma si puà anhce migliorare, ove possibile, la qualità delle riforme. questa è l’essenza della democrazia”.

Sul tema è intervenuto anche Tajani, che auspica il raggiungimento di un accordo.

Al centro delle polemiche c’è in particolare un punto, quello sull’abuso di ufficio, che verrà cancellato. Come giustificazione Carlo Nordio ha spiegato che si tratta di un reato gravissimo ma deve essere punito con una norma diversa perché l’abuso di ufficio comporta solo un grande spreco di soldi, oltre a ostruire le indagini perché le Procure vengono inondate di fascicoli inutili che fanno perdere tempo e sprecare energie. Ha anche portato l’esempio del processo ad Andreotti, che finì nel nulla costando miliardi di lire.

Carlo Nordio ha un’idea precisa del perché questa riforma è importante:

“la corruzione va combattuta con norme semplici”.

Ancora, il ministro della Giustizia ha puntato il dito anche contro gli errori giudiziari perché quando le indagini sono fatte male compromettono la vita degli individui coinvolti e addirittura dopo anni di indagini alcuni riescono a entrare in Parlamento. In ultimo, nel suo intervento ha spiegato anche un altro punto molto contestato del Ddl, quello delle intercettazioni perché secondo lui sono un mezzo che costa molto e consente di raggiungere risultati minimi.

Intanto il gruppo della magistratura Area Dg chiama i giuristi a mobilitarsi, parlando di scelta politica criminale. Cerchiamo di capire nel dettaglio quali sono i cambiamenti pensati da Nordio.

La riforma Nordio

Partiamo proprio da più contestato, l’abuso di ufficio. Il reato viene cancellato perché le modifiche di cui è stato oggetto in questi anni non hanno eliminato lo squilibrio fra e iscrizioni nel registro degli indagati e le condanne.

L’abolizione cancella 3.623 condanne e i sindaci di tutta Italia plaudono alla cancellazione del reato più odiato da parte dei membri delle pubbliche amministrazioni, perché ne sarebbero state vittime insieme alle loro famiglie.

L’abuso d’ufficio esiste in 22 paesi e l’Unione Europea sta per emanare una direttiva per renderlo obbligatorio in tutti gli Stati membri, quindi il nostro Paese andrebbe in contro tendenza, tuttavia i sindaci che firmano documenti e delibere in maniera illecita finiranno comunque a fare i conti con la giustizia perché ci sono altre normative che puniscono questi reati, che costituiscono un ampio ventaglio di trasgressioni come discrezionalità, dolo e altri.

C’è poi il traffico di influenze, che si verifica quando di fronte a iter burocratici della pubblica amministrazione, uno o più soggetti sfruttano conoscenze influenti per ottenere agevolazioni, spesso anche con compensi in denaro. La pena minima in questo ambito, sale con il Ddl da un anno e sei mesi a 4 anni e sei mesi, inoltre l’ambito dell’applicazione della condanna viene limitato a condotte particolarmente gravi.

Aula Tribunale – Nanopress.it

Con la riforma, la norma per punire i facilitatori non esiste più e nemmeno, di fatto, il reato per come era stato configurato. E ancora, tutti quelli che sono stati condannati e processati con questa norma introdotta da Severino, potrebbero essere scagionati, tranne casi davvero limite che non si verificano quasi mai.

Il traffico di influenze è un reato che è stato introdotto con la Severino, ministro della Giustizia del governo Monti e i giuristi lo consideravano inaccettabile perché era stata l’Ue a imporlo. Un esempio di questo reato lo abbiamo pensando al Qatargate ma con la nuova riforma verrà punito solo se il facilitatore sfrutterà intenzionalmente il rapporto con il pubblico ufficiale. Questo intermediario dovrà avere un rapporto reale e non immaginato, facendo così sparire la millanteria. Ancora, ci deve essere lo scambio di denaro e deve essere dimostrato.

Ancora, sparirà l’appello del pm per le sentenze di assoluzione che riguardano i reati di contenuta gravità. Esso potrà invece impugnare le assoluzioni dei reati gravi, fra cui quelli del Codice Rosso.

Veniamo a un altro punto importante, al centro del dibattito di questi giorni, ovvero quello sulle intercettazioni.

Molti lo hanno definito come un bavaglio che toglie potere non solo ai giornalisti ma anche ai pm. Quest stretta rischia di creare danni importanti alle indagini e ai processi, i limiti infatti prevedono la lettura e la pubblicazione ma riguardano anche l’utilizzo da parte dei magistrati e della polizia giudiziaria in fase di trascrizione degli audio.

Non possono essere trascritti dati che parlano di terze persone, a meno che non siano rilevanti ai fini delle indagini. Insomma, ciò che verrà trascritto sarà sostanzialmente incompleto e il magistrato non può stabilire se quell’elemento è utile o meno per le indagini e non potrà nemmeno acquisire i verbali di intercettazione delle terze parti se non strettamente necessario.

Per quanto riguarda i giornalisti, non potranno avere accesso a tutta l’intercettazione completa ma solo a piccoli frammenti. La riforma limita quindi qualsiasi lavoro giornalistico, non solo sulla verifica e il controllo degli atti, ma anche a più ampio spettro su quello che emerge dalle indagini giudiziarie e che va ben oltre i singoli reati.

Intercettazioni – Nanopress.it

C’è poi l’arresto. La custodia cautelare in carcere verrà scelta da un collegio di tre giudici e non più da un singolo magistrato. Prima di esprimersi inoltre dovranno interrogare l’indagato, a meno che questo non si sia macchiato di reati particolarmente gravi come uso di armi. Per soddisfare i requisiti di questa novità si procederà prima con l’assunzione di nuovi magistrati perché attualmente la carenza di organico nella magistratura non contente di formare i gruppi di 3 giudici.

Veniamo all’informazione di garanzia, elemento che dovrà contenere in maniera obbligatoria una descrizione sommaria del fatto, che attualmente non è prevista. Inoltre, la notifica dovrà avvenire con modalità che tutelano l’indagato.

Terminiamo con la descrizione dell’ultimo punto della riforma Nordio, quello che riguarda i processi di mafia e terrorismo. Il rischio di nullità era legato al fatto che la legge prevede che i giudici popolari non abbiano più di 65 anni mentre il Ddl stabilisce che il requisito anagrafico deve essere tale solo al momento della nomina. Così si evita che in procedimenti per reati gravi come appunto la mafia e il terrorismo, le sentenze siano ritenute nulle a causa di questo cavillo.

Carlo Nordio, nel commentare la decisione favorevole del Consiglio dei ministri, ha ricordato Berlusconi, dicendo che sarebbe stato fiero di questo risultato raggiunto. Purtroppo però c’è ancora molto malcontento per fare proiezioni future.

Claudia Marcotulli

Diplomata in grafica pubblicitaria, amo l'arte, la natura, gli animali, la grafica, la fotografia e la scrittura.

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