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Anche se l’ipotesi di una guerra in Ucraina non diventa al momento concreta, la situazione in Crimea presenta dei risvolti negativi. Da questa area del Paese provengono notizie di scontri armati, di assalti di punti strategici e di nuove minacce. In questo senso, proprio delle minacce vengono dal fronte del nucleare. Era giunta pochi giorni fa la notizia del lancio di un missile intercontinentale da parte della Russia e adesso arriva un’altra preoccupante novità: la Russia avrebbe intenzione di sospendere le ispezioni alle armi strategiche, compresi i missili nucleari, dopo i colloqui avuti tra Putin e gli Stati Uniti, che non avrebbero prodotto, quindi, nessun effetto.
In questo modo si avrebbe una vera e propria violazione del protocollo Start in relazione alla riduzione delle armi nucleari. Una vicenda di questo tipo non era mai successa negli ultimi tempi. In Crimea gli scontri tra filorussi e sostenitori del nuovo governo di Kiev, uniti alla minoranza di origine tatara hanno infiammato le strade della capitale, Sinferopoli. Un gruppo di uomini armati e in tuta mimetica ha assalito i palazzi del Parlamento della repubblica autonoma: alcune decine di persone hanno fatto irruzione, sparando ai vetri delle porte d’ingresso, e sono riuscite a salire fin sul tetto, dove hanno tolto la bandiera ucraina e hanno issato accanto alla bandiera di Crimea, quella russa. Tutto questo non ha fatto che esacerbare il clima già teso tra l’Ucraina del nuovo presidente ad interim Arseny Yatseniuk e la Russia di Vladimir Putin.
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La situazione in Crimea preoccupa anche le forze internazionali e i paesi confinanti con l’Ucraina. La Nato e l’Europa hanno chiesto alla Russia di non insistere con azioni che possano portare all’escalation della tensione. Mosca viene invitata “alla massima prudenza per rispettare l’integrità territoriale di Kiev”, mentre il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski si dice molto preoccupato dal blitz filorusso, definendolo “un gioco molto pericoloso che potrebbe far scaturire un conflitto regionale”.
Le proteste che hanno infiammato Kiev si sono riversate così sulla piccola repubblica autonoma di Crimea, territorio indipendente che fa parte dell’Ucraina. Con un suo parlamento, la penisola è una terra da tempo contesa: teatro di alcune delle più sanguinose battaglie della Seconda Guerra Mondiale, annessa all’ex URSS come Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Crimea, con la fine dell’Unione Sovietica entra a far parte del territorio dell’Ucraina.
Il 60% della popolazione però è russo d’origine, ne parla la lingua e fin dai primi anni Novanta, l’annessione all’Ucraina ha creato forti divisioni all’interno della società tra russofili e i filoucraini, comprese le minoranze in particolare i tatari, circa il 12% della popolazione, che si oppongono a una politica di annessione alla Russia.
Nel corso degli ultimi decenni Kiev ha attuato una politica di stampo nazionalista per allentare i legami della Crimea con la Russia, ma con il caos che si è creato nella capitale, i movimenti spontanei di popolo e politici filorussi hanno intravisto uno spiraglio per portare a termine il progetto di annessione a Mosca.
In Crimea il Cremlino ha una nutrita presenza militare con basi navali fondamentali per il controllo sul Mar Nero: nei giorni successivi alla caduta di Viktor Yanukovich, il parlamento regionale si era riunito per capire quali conseguenze avrebbe avuto sulla Crimea. Alcuni parlamentari hanno messo in dubbio la legittimità del nuovo governo di Kiev, alimentando le speranze di un’annessione alla Russia. Il presidente del Parlamento regionale, Vladimir Konstantinov, si è anche recato a Mosca: qui ha dichiarato all’agenzia di stampa russa Interfax come il crollo di Yanukovich potesse innescare la secessione da Kiev della Crimea.
Gli scontri a Sinferopoli sono la rappresentazione più cruda della divisione della società nella penisola: da una parte i russofili, che spingono per tornare nell’alveo di Mosca, con la Russia pronta a difenderli, dall’altra i sostenitori della nuova Kiev, contrari a Yanukovich e le minoranze, in primis i tatari, perseguitati già sotto Stalin e che si oppongono al possibile passaggio sotto il Cremlino.
Lo scenario diventa sempre più complicato in un intreccio di divisioni del passato e interessi presenti e futuri che rischia di innescare un nuovo conflitto.