A poche ore dal grande annuncio di Donald Trump, c’è un’altra indagine che lo riguarda. Durante la sua presidenza sei governi stranieri hanno soggiornato presso il suo albergo di Washington spendendo oltre 700mila dollari. Secondo i democratici erano possibili tentativi di ingerenza ma Eric Trump puntualizza: “I ricavi sono stati donati al Tesoro, non c’è conflitto di interessi”.
Le indagini sono ancora in corso e presto verranno probabilmente divulgati altri documenti sulla vicenda.
I governi di sei Paesi: Cina, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi, Malesia e Turchia hanno speso oltre 700mila dollari nell’hotel di Washington di proprietà dell’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump. I fatti risalgono ai primi due anni della presidenza dell’imprenditore repubblicano. A rivelarlo sono i relativi documenti contabili recentemente resi noti e diffusi dalla CNN.
Le informazioni di bilancio dell’albergo sono state ottenute dal Comitato per la supervisione, che è il principale comitato investigativo della Camera dei rappresentati del Paese a stelle e strisce, attraverso Mazars, società internazionale di revisione e consulenza a cui il tycoon si affidava. Il suddetto Comitato ha indagato le attività imprenditoriali di Trump e ha potuto ottenere i documenti solo al termine di una battaglia legale durata un anno.
L’indagine ha così permesso di scoprire come i governi stranieri abbiano speso dei soldi direttamente in attività controllate dal presidente in carica degli Usa, pratica poco diffusa e normalmente assai difficile da scovare. Secondo i democratici che hanno fatto parte del Comitato, la vicenda pone nuovi interrogativi riguardo possibili tentativi di ingerenza straniera nei confronti di Trump, sfruttando le sue società mentre lui era alla Casa Bianca.
Negli Stati Uniti era noto che l’albergo, aperto nel 2016 e venduto a inizio 2022, venisse frequentato da delegazioni straniere ma non si conoscevano ancora i dettagli del soggiorno. Secondo i registri di cassa, la Malesia ha speso oltre 250mila dollari, il Qatar oltre 280mila, i sauditi oltre 90mila e gli emiri oltre 74mila dollari. Attivisti e lobbysti legati al governo turco hanno speso almeno 86mila dollari mentre una delegazione dell’ambasciata cinese poco meno di 20mila dollari nel 2017.
Non c’è traccia che questo giro di soldi abbia direttamente impattato le politiche americane. Tuttavia, molti di questi soggiorni hanno coinciso con importanti eventi di politica estera quali incontri tra il presidente Usa e altri leader stranieri oppure azioni americane in politica estera come gli sforzi per risolvere l’isolamento del Qatar nel 2017 provocato da alcuni Paesi del Medio Oriente.
Il Comitato ci vuole vedere chiaro e ha chiesto ulteriori documenti da visionare, per poter “determinare se l’ex presidente Trump alterò la politica estera americana per poter meglio perseguire i suoi interessi finanziari”.
“Questi documenti mettono in discussione fino a che punto il presidente in carica era guidato dai suoi interessi personali durante il mandato piuttosto che dagli interessi del popolo americano”, il commento della presidente del Comitato Carolyn Maloney alla CNN. L’obiettivo è quello di “assicurarsi che i futuri presidenti non abusino della loro posizione di potere per trarne vantaggi personali”, la chiosa di Maloney.
In risposta Eric Trump, l’imprenditore e terzogenito di the Donald, ha affermato che “come azienda abbiamo lavorato per evitare anche solo una parvenza di conflitto di interessi, non perché era richiesto dalla legge ma perché rispettiamo l’istituzione della presidenza degli Stati Uniti”.
“Abbiamo rinunciato a miliardi di dollari in nuovi accordi, cessato tutta la crescita e lo sviluppo all’estero e ci siamo rivolti a un consulente etico per la revisione delle transazioni. Abbiamo inoltre donato volontariamente al Tesoro americano i ricavi provenienti dal patrocinio dei governi stranieri nelle nostre proprietà”, ha concluso.
Il giro di affari di Trump e dei suoi più stretti familiari è da anni sotto i riflettori e le indagini che erano in corso sono continuate anche dopo la fine del suo mandato e il conseguente addio a Washington. La rivelazione dei documenti contabili dell’albergo avviene, tra l’altro, a poche ore di distanza dall’annuncio che l’ex presidente farà dalla sua residenza in Florida, riguardo una possibile ricandidatura per le elezioni presidenziali del 2024. Il contesto dell’annuncio, certo, non è dei più favorevoli visti anche i deludenti risultati elettorali collezionati dai repubblicani alle elezioni di midterm.
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