Che cos’è lo spread di cui tanto si parla in questi giorni, e che ogni tanto ritorna ciclicamente a riguardare l’Italia? E quale impatto può avere su famiglie e imprese italiane? Cerchiamo di spiegarlo con parole semplici.
Il economia si usa il termine spread per indicare la differenza tra due valori. Nel nostro caso indica si tratta della differenza di rendimento tra i Btp decennali e i corrispondenti Bund tedeschi che vengono considerati come una sorta di “bene rifugio”. Viene misurato in punti base, ed ogni punto rappresenta un centesimo di punto percentuale. In sostanza, il termine spread misura il rischio che il nostro paese possa fallire.
Supponiamo che i BTP decennali presentano un interesse del 6% e i Bund della stessa durata del 2%. Lo spread è il differenziale tra i due tassi, che in questo esempio è pari a 4%, ovvero di 400 punti. Il record negativo dello spread è stato raggiunto a novembre del 2011 quando raggiunse i 574 punti – e determinò la fine del governo Berlusconi. Con l’arrivo di Mario Monti, la febbre dello spread cominciò a scendere, con qualche impennata determinata dalle valutazioni delle agenzie internazionali di rating.
Se lo spread sale significa che gli investitori considerano un paese meno affidabile, e quindi l’Italia dovrà pagare più interessi sul debito. Un aumento di 100 punti base provoca un aumento della spesa pubblica per una quindicina di miliardi di euro – soldi che vengono sottratti all’economia reale. Questo aggravio di spesa non riguarda solo lo Stato.
Se sale lo spread, aumentano anche i tassi d’interesse che le banche italiane devono pagare per reperire finanziamenti sui mercati. E gli istituti di credito, a loro volta gireranno questo aggravio di costi sui nuovi prestiti alla clientela.
Nel 2011, a causa della crisi dello spread, le imprese italiane hanno sostenuto 15 miliardi di euro di oneri finanziari aggiuntivi e contemporaneamente le banche hanno chiuso i rubinetti del credito. Tra la fine del 2011 ed il 2017 c’è stata una riduzione del credito bancario alle aziende italiane di 181 miliardi di euro.
Lo stesso discorso può essere allargato alle famiglie, secondo la centrale rischi d’intermediazione finanziaria (Crif), le rate sono salite del 4% circa nel 2011 – ed anche in questo campo c’è stata una stretta creditizia. Per finire con gli effetti dello spread, si stima che un aumento di 100 punti percentuali causino una riduzione dello 0,19% del Pil.
(Testi a cura di Gianluca Rini e Roberto Bosio)
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