Una bambina di soli due anni quasi tre anni fa è morta dopo essere caduta dalle scale. Il compagno della madre, Kyle Bevan, ha sempre negato ogni responsabilità, dando la colpa al cane, ma la realtà potrebbe essere ben diversa da questo: pare che il colpevole sia proprio lui. Il processo si è appena riaperto.
Sono passati quasi tre anni dalla morte di Lola James. Al momento del decesso la piccola aveva soli due anni e nove mesi, aveva tutta la vita davanti e mai avrebbe potuto immaginare che sarebbe successo quello che, di fatto, è poi accaduto: a quanto pare, sarebbe stata uccisa dal compagno della madre, che da circa quattro mesi viveva con loro.
Lola James è una bambina di appena di due anni (quasi tre). Vive con la madre, Sinead James, di 30 anni e da quattro mesi circa anche con il suo compagno – quello che gli inglesi definiscono stepfather, il patrigno – Kyle Bevan, di 31 anni. Lola non lo sa, ma quest’ultimo ha un carattere estremamente irruento, a tratti addirittura cattivo a violento. Non lo sa perché è troppo piccola e ancora non è consapevole di quanto il mondo può essere crudele e di quanti pericoli possano nascondersi dietro ogni angolo. Anzi, Lola non lo saprà mai, perché la sua vita è stata spezzata: è morta molto probabilmente proprio per mano del suo patrigno.
Parliamo al presente, sì, perché in questi giorni si è riaperto il processo finalizzato a punire finalmente il colpevole. Per capire cosa le è successo, però, dobbiamo fare un balzo nel passato e tornare a tre anni fa, all’epoca dei fatti cioè.
Era il 17 luglio. Era in corso l’anno dello scoppio della pandemia, del primo lockdown, quello che ci aveva tenuti chiusi in casa per mesi. Il mondo sarebbe dovuto uscire da quella quarantena rinnovato, più buono, più aperto verso il mondo, ma non è quello che è avvenuto a tutti. Chiaramente non è quello che è successo a Kyle Bevan.
Sembrava una mattina come tante quella a Haverfordwest, nel Pembrokeshire. Era estate, faceva caldo e tutto sembrava andare come doveva andare. Poi all’improvviso il caos: la chiamata all’ambulanza, l’arrivo dei soccorsi. Quello che è accaduto esattamente resta ad oggi (almeno in parte) un mistero, ma tutto ha portato a una conseguenza: la morte di Lola. La piccola riportava ben 101 lesioni sul suo corpicino, tra cui lividi e graffi sparsi praticamente ovunque.
Cosa aveva potuto ridurre in quello stato una bambina di soli due anni? Secondo il patrigno l’artefice di tutto era stato il cane, che l’aveva spinta giù dalle scale quella mattina. E questo non aveva fatto altro che sommarsi alla caduta risalente alla notte precedente, quando cioè la piccola era piombata giù dalla scala del letto a castello intorno a mezzanotte. Le due botte insomma avrebbero causato la sua morte: questa era la ricostruzione del 31enne.
Certo, in effetti era stato abbastanza convincente: Lola era piccolissima, rotolare giù per le scale a soli due anni, sbattere con ogni parte del corpo sugli angoli dei gradini e poi sul pavimento, non è di certo “salutare”. I lividi potevano essere verosimilmente causati dalle cadute, era plausibile la storia. E poi i cani possono essere irruenti, soprattutto se di grossa taglia, anche se – chi ha oppure ha avuto un cane di certo lo saprà benissimo – sono esseri assai più intelligenti, sensibili ed empatici degli uomini e se sono abituati a vivere con dei bambini piccoli, difficilmente vogliono fare loro del male, a meno che non siano istigati, oppure siano abituati a vivere nella violenza. In effetti cani e bambini hanno proprio questo in comune: assorbono ciò che vedono e sentono in famiglia. Ma anche quello sarebbe potuto essere un incidente, sono cose che possono accadere, è doloroso pensarlo, ma è così.
Qui però si apre il primo interrogativo: può una bambina così piccola essere anche così sfortunata? Cadere due volte in meno di dodici ore è un (tristissimo) record che nessuno dovrebbe battere, soprattutto a due anni.
Se poi a questo aggiungiamo che la madre e il suo compagno in entrambi i casi erano in casa poi sorge il secondo dilemma: possibile che nessuno avesse controllato cosa faceva la piccola? Due adulti, di 30 e 31 anni, dovrebbero essere in grado di evitare che molteplici incidenti si verifichino di seguito. Vogliamo dire che anche questo può succedere? Diciamolo pure.
Ma qui arriva il terzo punto di domanda: perché proprio la stessa mattina Kyle avrebbe dovuto cercare su Internet informazioni su “bambini che hanno subito un impatto alla testa e perdita di coscienza” (lo ha scoperto il procuratore Caroline Rees)? Strano, no? Risulta difficile trovare un senso logico a questa mossa che non porti alla colpevolezza dell’uomo.
Ma se pensate che sia finita qui, vi sbagliate di grosso, perché ecco il quarto quesito: alla luce di tutto quello che abbiamo appena raccontato, cosa avrebbe spinto l’uomo ad aspettare quasi un’ora prima di allertare i soccorsi e a fare inoltre delle foto al corpicino martoriato di una bambina di soli due anni? In genere chi è davvero preoccupato per la salute dei propri cari, impiega mezzo secondo a prendere il telefono in mano e comporre il numero della polizia, dell’ambulanza e chi più ne ha più ne metta. Non aspetta neanche qualche minuto, figuriamoci un’ora. Sugli scatti alla piccola poi non c’è molto da aggiungere: la potremmo definire una pratica macabra, immotivata e sospetta, ma ci pensa da sé a qualificarsi in effetti.
E infatti le forze dell’ordine hanno capito quasi subito che c’era qualcosa che non andava e oggi, a distanza di quasi tre anni dall’accaduto, finalmente questa storia potrebbe avere un finale (di certo non lieto, anzi).
Quello che ha sconvolto e preoccupato il procuratore, il giudice, la polizia e tutte le persone che hanno lavorato al caso è stato (anche) il ruolo della madre. Sinead James ha acconsentito a vivere insieme al suo compagno pur sapendo che fosse un uomo violento. Ha accettato di condividere con lui le mura di casa sua, conscia del fatto che potesse diventare pericoloso per sua figlia di soli due anni. Ma, soprattutto, non ha fatto nulla per proteggere la piccola Lola, che infatti è morta dopo solo quattro mesi di convivenza “inconsapevole” con l’uomo che ne avrebbe poi procurato la morte.
Lola era una “bambina felice, bella e attiva”. Così l’hanno descritta le persone che hanno avuto modo di conoscerla durante la sua breve vita. Aveva esattamente due anni e nove mesi il giorno della sua morte, aveva letteralmente tutta una vita davanti da vivere. Sarebbe dovuta crescere circondata dall’amore della sua famiglia, avrebbe potuto studiare, viaggiare, si sarebbe potuta innamorare. Ma non potrà fare nulla di tutto questo, perché nessuno l’ha protetta come avrebbe dovuto.
Come abbiamo anticipato, sul suo corpo sono state rinvenute 101 ferite. Come hanno affermato i medici dell’University Hospital of Wales di Cardiff, i lividi e i graffi sarebbero stati causati da un “attacco frenetico ed estremamente violento”, la piccola avrebbe inoltre subito ingenti danni a entrambe le retine e avrebbe riscontrato una “catastrofica lesione cerebrale”. Quello che è certo è che è morta soli quattro giorni dopo: per lei non c’è stato nulla da fare.
E, sempre come abbiamo anticipato, il compagno della madre ha riferito inizialmente alla polizia che a causarle sarebbe stata la duplice caduta, quella dal letto durante la notte e quella dalle scale la mattina, dovuta a una spinta del cane. Ma dov’era Sinead in tutto ciò?
Come lei stessa ha affermato, la notte prima della morte della bambina aveva sentito un botto improvvisamente provenire dalla camera da letto di Lola e, una volta accorsa per vedere cosa stesse accadendo, aveva trovato il compagno che la confortava. A quel punto, come ha affermato il procuratore, il 31enne le avrebbe detto che “Lola aveva battuto la testa. Quindi Sinead James è tornata a dormire finché non è stata svegliata da Kyle Bevan che le diceva che era caduta al piano di sotto”.
Poche ore dopo il primo tonfo, quindi, la donna sarebbe stata svegliata dal suo compagno che la stava avvisando del fatto che sua figlia si era fatta molto male. Si poteva prevenire tutto questo? Probabilmente sì, almeno questo è ciò che ha fatto intendere la Corte di Swansea: la 30enne era perfettamente consapevole del fatto che l’uomo avesse un “carattere cattivo e violento”, ma ha comunque scelto di “dare la priorità alla sua relazione rispetto alla sicurezza fisica di sua figlia”. Eppure Sinead ha sempre continuato a dichiarare di non avere alcun motivo per dubitare di Bevan e pensare che avrebbe potuto fare del male a sua figlia.
Secondo le ricostruzioni dei fatti, l’imputato avrebbe “gravemente abusato della fiducia” della sua compagna. La succitata corte ha poi aggiunto: “Diciamo anche che Lola avrebbe dovuto poter contare su sua madre affinché la tenesse al sicuro da danni e rischi fisici. Ma Sinead James ha gravemente mancato al suo dovere di madre nei confronti della sua bambina”.
Adesso la situazione è questa: la donna nega ogni responsabilità, mentre il suo compagno continua a dichiararsi innocente. Nulla, quindi, è ancora certo (anche se la Corte ha pochissimi dubbi).
Quello che è sicuro è che il processo durerà circa quattro settimane e chissà che nel frattempo qualche altro dettaglio sarà rivelato.
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