I maltrattamenti e le violenze erano ormai all’ordine del giorno nel centro diurno di Rossano, provincia di Cosenza, finito sotto inchiesta.
Agli arresti domiciliari sono finiti due operatori sociosanitari della Onlus e un educatore, che avrebbe dovuto occuparsi – con ben altri metodi – dei giovani ospiti della struttura.
Grazie alle intercettazioni ambientali e alle telecamere installate nel centro, i militari dell’Arma hanno scoperto un clima di terrore di violenza, che si era instaurato.
Su uno degli ospiti, in particolare, veniva praticata la terapia del dolore, perpetrata da uno dei tre indagati, che il giudice ha definito ‘mosso da istinti sadici’.
L’operatore non solo cercava di dare sfogo ai suoi istinti, ma lo faceva anche per scopi educativi, che non portavano nessun riscontro da parte della vittima.
Un centro diurno in cui i ragazzi disabili avrebbero dovuto essere accolti e che invece si è trasformato in un posto in cui il terrore e la violenza la facevano da padroni.
È quanto scoperto a Rossano, provincia di Cosenza, dai carabinieri del Reparto di Corigliano.
Le indagini dei Militari dell’Arma, coordinate dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, hanno portato alla luce comportamenti violenti e vessatori nei confronti degli ospiti della struttura.
L’indagine, stando a quanto riferisce l’Ansa, era partita nell’ottobre dello scorso anno ed è andata avanti fino all’aprile del 2022.
Grazie alle telecamere e ai dispositivi audio installati nella struttura della Onlus, i carabinieri hanno scoperto il modus operandi degli indagati, che era diventato ormai la routine e non un episodio sporadico.
Il giudice per le indagini preliminari ha definito il sistema “piegato agli istinti personali e sadici di uno degli indagati”.
In attesa che si concludano le indagini, tre persone sono finite sotto inchiesta.
Si tratta di due operatori del centro diurno e un educatore, che sono stati posti agli arresti domiciliari.
Dalle indagini è emerso un clima di terrore e paura instaurato tra gli ospiti. Gli indagati avrebbero utilizzato violenze e minacce nei confronti dei giovani disabili, soprattutto per consolidare il loro potere all’interno della struttura.
Alle minacce facevano seguito violenze e aggressioni. In particolare, su uno degli ospiti, veniva praticata la terapia del dolore, perpetrata da uno dei tre indagati, che il giudice ha definito ‘mosso da istinti sadici’.
L’utilizzo della terapia del dolore era il modo utilizzato dall’operatore per dare sfogo ai suoi istinti e per scopi educativi, che nessun risultato portavano.
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