13 gennaio 2017: sono passati esattamente cinque anni dal naufragio della Costa Concordia. In questo spazio cerchiamo di ricostruire tutte le tappe di quanto accaduto, dalla terribile notte all’isola del Giglio che costò la vita a 32 persone, agli ultimi sviluppi sul processo all’ex comandante Francesco Schettino.
L’ultimo atto del processo a Francesco Schettino vede la richiesta della Procura Generale in Cassazione di annullare la sentenza d’Appello (una condanna a 16 anni) e confermare quanto già chiesto in secondo grado, cioè di condannarlo a 27 anni, una pena ben maggiore.
Già in precedenza la PG chiese di portare la pena a 27 anni, ma il 31 maggio 2016 la Corte confermò la condanna di primo grado a 16 anni per il naufragio e i 32 morti della Costa Concordia. L’udienza si terrà il 20 aprile alla Quinta Sezione: tra i motivi del ricorso della Procura la scelta della Corte di Appello di non giudicarlo con il “giudice naturale” e di aver illegittimamente sottovalutato gli errori di ufficiali e timoniere. A questo si aggiunge la richiesta di considerare nella condanna l’aggravante della colpa cosciente, in particolare nella fase dell’emergenza e dell’abbandono della nave, quando cioè si verificarono i decessi. Si chiede inoltre di conteggiare in maniera diversa i singoli reati per i quali l’ex comandante è accusato, cioè omicidio colposo plurimo, naufragio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono, false comunicazioni. Nelle varie imputazioni, la Procura aveva calcolato 27 anni anche per dare “peso” alle 32 morti avvenute nel naufragio.
Il tragico naufragio avvenne la sera del 13 gennaio 2012, dopo che la nave Costa Concordia, a poca distanza dall’isola toscana del Giglio, urtò uno scoglio provocando uno squarcio nello scafo: alla fine del disastro saranno 32 le vittime accertate. Ripercorriamo nelle seguenti pagine il diario di quel disastroso incidente.
Nella notte del 13 gennaio 2012, la nave Costa Concordia, impegnata in una crociera nel Mediterraneo, passa al largo dell’isola del Giglio, lungo la costiera della Toscana. Sono le 21.45 circa quando la nave si incaglia sugli scogli che aprono uno squarcio di 70 metri sul fianco sinistro. La rotta è stata modificata per permettere il cosiddetto “rito dell’inchino“: è il disastro. La nave inizia a imbarcare acqua e si piega sul fianco, i soccorsi sono lanciati tardi dal personale di bordo e in particolare dal capitano Francesco Schettino, subito indicato come responsabile della manovra che ha portato al naufragio.
Quello che si trovano davanti agli occhi i soccorritori nelle ore successive è una situazione disastrosa: a bordo della nave ci sono 3.200 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Dalla cabina di comando le indicazioni non arrivano in maniera decisa e chiara, non è stato lanciato il segnale di soccorso. Si perde tempo, la nave è sempre più inclinata, gestire i soccorsi diventa un vero incubo. Dalla capitaneria di Livorno arrivano i primi mezzi, gli abitanti del Giglio aprono le porte delle loro case alle persone in ipotermia tratte in salvo dai soccorritori, si lavora per tutta la notte e fino alle prime luci dell’alba. Solo al mattino si avrà un primo quadro della tragedia: 30 i morti subito accertati che saliranno a 32 con il ritrovamento, mesi dopo, dei corpi dei due dispersi, 157 i feriti.
Quello che ha colpito fin dai primi istanti della tragedia è stata l’assenza del capitano della Costa Concordia, Francesco Schettino. Il messaggio di SOS non è stato lanciato immediatamente, anzi. Nelle prime fasi cruciali dei soccorsi, mancano le direttive del capitano di cui nessuno sembra sapere nulla. Schettino è già sceso dall’imbarcazione prima di aver terminato le operazioni di salvataggio. “Salga a bordo cazz*“, detto dal comandante Gregorio De Falco della capitaneria di Livorno, fa il giro del mondo.
Il 16 settembre 2013 inizia la rotazione del relitto per spostarlo. Sotto la direzione di Nick Sloane, ha inizio un’operazione mai portata a termine prima d’ora. Il giorno successivo, il 17, alle 4 del mattino, dopo 19 ore, la Concordia torna allineata. Si passa alla seconda fase, quella del rigalleggiamento: il 14 luglio 2014 due rimorchiatori oceanici trainano la nave che lascia l’Isola del Giglio il 23 luglio, arrivando a Genova il 27. Qui la nave viene smantellata: il 7 agosto e il 3 novembre vengono ritrovati nei resti della nave i corpi dei due dispersi, rispettivamente Maria Grazia Tricarichi e Russel Rebello.
Francesco Schettino e altri 12 imputati vengono indagati e rinviati a giudizio. Solo per il capitano non viene fatta richiesta per il patteggiamento: il 20 luglio 2013 si arriva al rinvio a giudizio e si dà il via al processo. La richiesta della Procura di Grosseto viene formulata il 26 gennaio, quando i PM chiedono 26 anni e 3 mesi per Schettino, arrivando alla pena totale sommando 14 anni per omicidio e lesioni colpose plurime, 3 per abbandono nave e 3 mesi per mancata comunicazione alle autorità.
Il 10 febbraio 2015 si conclude il processo con la condanna in primo grado a carico di Francesco Schettino a 16 anni di carcere, nessuna richiesta d’arresto. La pena viene divisa in dieci anni per i reati di omicidio plurimo colposo e lesioni plurime colpose per i 32 morti e 157 feriti e un anno per i reati di abbandono della nave e abbandono di incapaci. Non è stata riconosciuta la colpa cosciente per i reati di omicidio e lesioni colpose: per le pene accessorie è arrivata l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dalla professione di comandante di nave per cinque anni.
Il 31 maggio 2016 arriva la sentenza delprocesso di appello, che conferma la pena di 16 anni e un mese di reclusione per Francesco Schettino. L’accusa, in secondo grado, aveva chiesto per l’ex capitano della Costa Concordia, 27 anni e tre mesi di reclusione. Schettino non era presente alla lettura della sentenza d’appello: ha saputo della condanna nella sua casa di Meta (Napoli). La Corte ha anche disposto nei confronti di Schettino l’interdizione dai titoli professionali marittimi per cinque anni in relazione al delitto di naufragio colposo e lo ha condannato al pagamento delle ulteriori spese processuali.
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