Come viene stabilito il prezzo dei farmaci? Quanto incide la negoziazione tra le aziende farmaceutiche e gli Stati nazionali? Sono domande a cui le agenzie del farmaco dei diversi Paesi europei hanno dato risposta creando un meccanismo per cui si possano avere prezzi equi in base all’efficacia della medicina. Il punto centrale è questo: un farmaco viene pagato di più se è più efficace. Per questo è fondamentale capire come dimostrare la sua efficacia reale, cioè in condizione vere e non in quelle ricreate nelle sperimentazioni. Dopo la prima approvazione a livello europeo, ogni Paese contratta con l’azienda farmaceutica in base al sistema di rimborso che solo per l’Italia è universalistico. Ecco perché la mediazione è importante: il nostro sistema sanitario nazionale paga alle aziende quei farmaci salvavita affinché i malati li ricevano gratuitamente. Con una trattativa che parte già da prezzi alti, il costo per il Paese rischia di aumentare a solo vantaggio delle aziende farmaceutiche.
Per essere immesso sul mercato e quindi prescritto, le case farmaceutiche presentano tutti gli studi necessari (sperimentazioni di fase I, II, III e su un largo numero di pazienti) all‘Ema, l’agenzia europea per la medicina. La documentazione non deve avere studi “superiori” rispetto ai principi attivi già in commercio: l’importante è che non siano inferiori.
A quel punto, l’agenzia valuta la sicurezza, l’efficacia e la qualità della molecola, arriva l’ok alla vendita nei paesi Ue al prezzo deciso dall’azienda farmaceutica che cambia a seconda degli obiettivi aziendali nei diversi paesi. Come in tutte le imprese, viene stabilito un prezzo obiettivo che deve rispondere a molte variabili, dal numero di potenziali pazienti, alla capacità di spesa e rimborso del singolo Paese, allo scopo di raggiungere il più alto guadagno possibile.
Nella prima fase di approvazione a livello europeo, il prezzo del farmaco non è ancora coperto dal rimborso del sistema sanitario nazionale, a cui si arriva con una negoziazione tra azienda e le agenzie del singolo Paese che, per l’Italia, è l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco).
La trattativa di norma prevede due soluzioni. La prima è quando il farmaco non apporta più benefici rispetto a quelli già in commercio: in questo caso si propone il prezzo più basso tra i medicinali della stessa classe.
La seconda riguarda i farmaci che invece apportano più benefici, caso per cui viene proposto il prezzo più basso già ottenuto dall’azienda farmaceutica in altri Stati europei. Per questo, quando le imprese del settore devono iniziare le trattative, partono dai Paesi più generosi, quelli cioè in cui sanno di spuntare un prezzo più alto, come la Germania.
In Italia la trattativa è molto lunga perché siamo l’unico paese a copertura sanitaria universalistica, in cui i farmaci salvavita sono totalmente gratuiti: in Germania invece, un salvavita può passare dalla fascia A (a carico dello Stato) alla fascia C (a carico dei pazienti) anche dopo un anno, se solo una parte dei malati risponde alla cura. Questo perché il sistema del rimborso è misto pubblico-privato: se il farmaco non lo passa lo Stato, ci pensa l’assicurazione (per chi se la può permettere). Da qui la possibilità di avere prezzi più alti per le aziende farmaceutiche.
La discriminante è dunque l’efficacia del nuovo farmaco. È questo il nodo cruciale: come stabilire se un farmaco in condizioni reali funziona davvero ed è per questo giusto rimborsarlo al prezzo più alto? Su questo, gli esperti hanno una loro idea: meglio aspettare qualche anno, valutare la reale efficacia e da qui partire con un rimborso, anche rateizzato.
L’Aifa agisce secondo questo sistema: valuta cioè i benefici nelle reali condizioni d’uso tramite i Registi di monitoraggio. La terapia viene considerata dal punto di vista clinico ma anche economico, compresi i risparmi che la vera efficacia del farmaco porta su altre voci del costo sanitario come l’ospedalizzazione.
Il sistema può essere lungo e complesso, in un tira e molla tra il benessere e la salute dei cittadini e gli obiettivi delle aziende che, almeno da noi, si risolve a favore dei malati, ma che rischia di costare davvero troppo allo Stato se non si rispettano i tempi della scienza medica.
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