Un dossier di 40 pagine nel quale si prevedevano 3 possibili scenari per l’epidemia di coronavirus in Italia, grafici, tabelle e le indicazioni per le Regioni. Un vero e proprio “Piano Sanitario nazionale per la risposta a un’eventuale pandemia da Covid-19“, redatto lo scorso febbraio alla luce dello scoppio dell’emergenza, stilato dal Governo proprio per fronteggiare l’emergenza.
I possibili scenari previsti dalle autorità
L’esistenza del piano pandemico è stata svelata dal Corriere della Sera e prevedeva 3 differenti scenari, con relative misure. Il livello di rischio 1, che prevedeva una sostenuta ma sporadica trasmissione e diffusione locale dell’infezione non era quasi preso in considerazione mentre ben più importanti erano gli scenari di livello di rischio 2, con una diffusa e sostenuta trasmissione locale con aumentata pressione sul Sistema sanitario nazionale che risponde attivando misure straordinarie preordinate, e quello di livello 3, che prevedeva una diffusa e sostenuta trasmissione locale con aumentata pressione sul Ssn che risponde attivando misure straordinarie che coinvolgono anche enti e strutture non sanitarie. Questi ultimi due scenari — con indice di contagio rispettivamente a 1,15 e 1,25 — sono quelli che in proiezione producono il gap più ampio di posti in terapia intensiva.
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Le indicazioni fornite alle Regioni
L’obiettivo era chiaro già all’epoca, ossia garantire un’adeguata gestione dell’infezione in ambito territoriale e ospedaliero senza compromettere la continuità assistenziale, razionalizzando l’accesso alle cure, per garantire l’uso ottimale delle risorse. Il dossier, inoltre, fissava anche le priorità: avere scorte adeguate di mascherine, tute e guanti e una maggiore disponibilità dei posti in terapia intensiva. Il nodo politico più spinoso, però, riguarda il coordinamento tra lo Stato e le Regioni. Queste ultime, infatti, invito ad attenersi alla linea del governo: “In stato di emergenza nazionale, le Regioni e le Province autonome devono superare le regole, i principi e le attuali differenze programmatiche che derivano dall’adozione di modelli organizzativi fortemente differenti soprattutto per le attività di emergenza” si legge. Indicazioni che prevedevano dunque un allineamento alle direttive nazionali.
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