Per la vaccinazione e la salvaguardia dei pazienti immunodepressi, serve una strategia ad hoc. Lo studio del Bambino Gesù di Roma: “Risposta al vaccino minore rispetto ai soggetti sani”.
Serve un percorso personalizzato di vaccinazione per i pazienti immunodepressi. Lo ha affermato responsabile di Immunologia clinica e Vaccinologia dell’ospedale della Santa Sede Paolo Palma. La strategia ad hoc per i soggetti a rischio che rispondono in maniera blanda al vaccino. Dosi aggiuntive ancora fondamentali.
I 5 studi, detti “convers” sull’efficacia del vaccino anticovid sui pazienti immunodepressi ha messo in luce le difficoltà di risposta di quest’ultimi rispetto alla normalità.
Gli studi sugli immunodepressi sono stati condotti dall’Unità di ricerca di Immunologia clinica e Vaccinologia. Efficacia dei vaccini testata su cinque categorie di bambini e ragazzi. Immunodeficienza primitiva, trapiantati di cuore, di polmone, malattia infiammatoria cronica intestinale, sindrome di Down e con infezione perinatale da Hiv.
I soggetti particolarmente fragili infatti, spesso potrebbero rispondere con meno efficacia al vaccino a causa delle patologie di base o alle terapie alle quali sono sottoposti al momento del trattamento.
Per quanto riguarda l’ultimo studio condotto, gli scienziati si sono concentrati sull’analisi di un gruppo di pazienti particolarmente fragili tra bambini e ragazzi tra i 12 e 15 anni, affetti da infezione perinatale da Hiv.
Lo studio è stato inoltre recentemente pubblicato su Clinical Infectious Diseases.
Il Bambino Gesù di Roma ha fatto sapere che differenziare le varie strategie, comprendendo lo studio dei meccanismi biologici per i quali la risposta vaccinale è minore rispetto ai soggetti sani, sarà fondamentale.
In queste ore sull’argomento è intervenuto il responsabile di Immunologia clinica e Vaccinologia. Paolo Palma ha parlato di differenziazione strategia vaccinale.
Una strategia adattata a ogni gruppo di pazienti, visto che “alcuni rispondo bene a una vaccinazione eteronoma, altri devono rimodulare i trattamenti“.
Ma sempre secondo il responsabile di immunologia, rimane fondamentale trattare i pazienti più deboli con le dosi aggiuntive. Quest’ultime infatti garantiscono una forma di protezione ancora importante in tali categoria.
Anche se ancora minore rispetto ai soggetti sani dunque, dai cinque studi è emersa una risposta da parte dei bambini immunodepressi al vaccino anti-covid, ma con delle differenze da gruppo a gruppo.
I risultati sono stati confrontati con un gruppo di controllo di soggetti sani, mentre le dosi somministrate sono state le due dosi di vaccino Pfizer. Alcuni pazienti particolarmente immunocompromessi, non ha sviluppato nessuna forma di immunità.
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