Domani, martedì 20 aprile, è stata convocata la riunione del Cts in vista delle riaperture a partire dal prossimo 26 aprile. In particolare, saranno analizzate le linee guida delle Regione non solo per le riaperture, ma anche per il pass che permetterà di spostarsi verso le zone arancioni e rosse.
Il pass è la novità che dovrebbe essere attivata per consentire lo spostamento tra le Regioni. Infatti, grazie ad esso, verrebbe meno lo stop agli spostamenti, che dura ormai da diversi mesi su tutto il territorio nazionale. Questo, permetterebbe a tutti di spostarsi, sul suolo nazionale, anche per motivi di turismo, e non più solo per comprovate esigenze. Inoltre, il passo potrebbe anche essere richiesto per acceder a determinati eventi, sia culturali che sportivi.
Secondo quanto emerso, le possibilità per ottenere il pass dovrebbero essere tre: vaccinazione, tampone nelle ultime 48 ore e aver avuto il covid nei sei mesi precedenti.
“Si prova a riaprire. Come ha detto il presidente del Consiglio, c’è un rischio calcolato, non esiste il rischio zero”. Queste le parole di Sergio Abrignani, componente del Cts e immunologo della Statale di Milano, ai microfoni di Che giorno è di Radi Radio1.
Inoltre, Abrignani ha aggiunto: “C’è una campagna vaccinale che sta avendo una fortissima accelerazione e questo è fondamentale perché questi due binari vanno in parallelo. Si cercherà entro un mese di vaccinare la stragrande maggioranza delle persone più fragili che sono quelle che muoiono: le persona sopra ai 60-65 anni. In parallelo, andranno tutta una serie di misure che sono queste riaperture con il mantenimento delle mascherine, dei distanziamenti e di tutte le misure di igiene”.
Il virologo Andrea Crisanti, però, non è della stessa opinione. Anzi, a The Breakfast Club di Radio Capital ha detto: “I numeri non giustificano queste decisioni del Governo”. Ma non solo. Perché il virologo ha aggiunto: “Vorrei capire cosa è stato calcolato e ragione, quanti morti siamo disposti a tollerare”. Secondo Crisanti, infatti, andrebbe adottato il “modello inglese” che ha “accelerato con la campagna vaccinale quando i contatti tra i cittadini erano ridotti”.
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