Ci siamo sempre chiesti: ma il virus del Covid è stato creato in laboratorio, o è passato all’uomo per pura e semplice fatalità? Ora uno studio cerca di spiegarci la verità.
È quello che avremmo voluto sapere da tempo, ma che nessuno è mai riuscito a spiegare. Siamo davanti ad una svolta?
Covid: è uscito da un laboratorio?
L’idea di come il virus sia riuscito a passare da animale all’uomo è stata sempre l’ipotesi sulla quale si sono concentrati gli studi, sin dall’inizio del contagio e della diffusione del Covid stesso. Si chiama, infatti, zoonosi e specifica il contatto, da parte dell’uomo, con la fauna selvatica, dalla quale è probabile sia partito il primo contatto fra l’uomo e il virus.
Era il 2020 quando ciò si verificò, probabilmente, all’interno del mercato ittico di Wuhan, in Cina. Da lì, poi, la storia la conosciamo bene. Ciò ha segnato l’intero pianeta Terra per ben due anni, fra pandemia e lockdown e, ancora oggi, non è stato, il Covid, del tutto debellato e sconfitto.
Ma siamo sicuri che sia stato davvero un contatto causale e fatale che ha permesso il contagio da parte dell’uomo? O è stato un prodotto di laboratorio? Questa è la domanda che, per due anni, il mondo intero si è posta. Congiura o meno, sta di fatto che ancora oggi non è del tutto chiaro, al 100%, come l’uomo abbia contratto, per la prima volta, il Covid.
Un nuovo studio, portato avanti dai ricercatori dell’Independent Task Force on Covid-19 and other Pandemics, afferma che non ci sono vere prove che possano dirci che il virus della Sars – Cov2 sia davvero uscito volontariamente da un laboratorio, con l’intento di contagiare tutti.
Lo studio che conferma di no
In questo team (dove sono presenti anche ricercatori italiani) gli studiosi hanno raccolto tutte le informazioni possibili su tutti i focolai di virus a RNA, dai più grandi ai più piccoli, a partire dal lontano 1967 cercando di ricostruire tutta l’eziologia, quanto anche la diffusione stessa e il contagio.
Cosa ne emerso dallo studio? Una strategia per aiutare il mondo a prevenire e a contrastare tutte le nuove e possibili epidemie globali, iniziando con l’esigenza di stimare e conoscere la fauna selvatica e tutto il bestiame e monitorare, tramite “interfacce intelligenti”, tutti i possibili contatti con l’essere umano. Da lì, poi, la ricerca immediata di vaccini e farmaci per contrastarne il contagio eventualmente avutosi.
E come ultimo punto, ma non meno importante, cercare di contrastare il diffondersi di false notizie sull’evoluzione del virus e sulla sua diffusione, senza avere alle spalle un supporto ed una verifica scientifica.
Il presidente della Task Force, Keusch, in un’intervista, ha affermato che il fallimento per il contrasto alla pandemia si è avuto all’inizio della diffusione del virus stesso, poiché non si è avuto un ottimo e concreto approccio con la malattia stessa.
Lo scopo di questo studio è, infatti, ottimizzare “la relazione fra la salute” delle persone e quelle degli animali, anche quando questi entrano in contatto fra di loro, per affrontare al meglio tutte le future pandemie.