Il Covid continua a dare nuovi spunti di studio e riflessione agli scienziati. L’ultima scoperta, ma solo in ordine di tempo, è quella che per chi lo ha contratto, ci sarebbero maggiori rischi di sviluppare malattie cardiovascolari.
La ricerca è stata portata avanti dall’Università di Hong Kong e tale rischio si manterrebbe per ben 18 mesi dopo l’infezione. Ma cerchiamo di capire meglio.
Un virus che continua ad evolversi, in particolare, su quel che riguarda gli aspetti del “post infezione” su chi l’ha contratto. Si starà meglio o peggio? Il nostro corpo avrà, con il contagio ed il superamento della malattia, creato gli anticorpi sufficienti a riconoscerlo? Queste, ed altre domande, sono quelle che gli scienziati e gli studiosi di tutto il mondo si pongono da due anni a questa parte.
L’ultimo studio, ma solo in ordine temporale, è quello che ha visto l’analisi attenta di alcuni pazienti che hanno contratto il virus, l’hanno superato e, ora, come si trovano e come si sentono. Lo studio, effettuato da alcuni ricercatori di Hong Kong ha portato all’osservazione che i pazienti che hanno contratto il Covid hanno “una maggiore probabilità di sviluppare numerose patologie cardiovascolari”.
Possibile? Sì. Mantengono, infatti, un alto rischio di morte per almeno 18 mesi dopo l’infezione. Lo studio, condotto su 160mila persone, ha portato i ricercatori di Hong Kong ad una serie di conclusioni, una di queste è che il Covid è associato a maggiori rischi di malattie cardiovascolari e morte, sia a breve che a lungo termine.
Rispetto a chi non è mai stato infettato dal Covid, chi l’ha avuto invece è risultato 81 volte in più maggiormente esposto a questi rischi sopra citati (nelle prime 3 settimane), per poi scendere (il rischio stesso) a 5 volte in più nei 18 mesi successivi.
Uno studio molto particolare che ci fa vedere da vicino i rischi per chi ha contratto la malattia rispetto, invece, a chi non ne è stato infettato. Gli esperti proseguono che “i pazienti con Covid dovrebbero essere monitorati per almeno un anno dopo il recupero dalla malattia acuta” – scrivono, anche per riuscire a diagnosticare e a curare quelle che si definiscono le patologie da long Covid.
L’insorgenza di malattie cardiovascolari e, anche, di morte, riscontrate in persone infettate e non, sono state viste a dicembre del 2020, quando nel Regno Unito erano finite le scorte di vaccini. 7.500 erano i pazienti con infezione diagnosticata nel periodo compreso fra il marzo 2020 e il novembre dello stesso anno.
Ad ognuno di loro sono state abbinate altre 10 persone che, però, non avevano contratto il Covid durante quello stesso periodo di studio. Ogni gruppo definito “no Covid” aveva più di 70mila partecipanti, divisi per età, sesso, fumo, diabete, ipertensione, malattie in particolare quelle cardiovascolari.
Rispetto a chi non l’aveva mai contratto il virus, “i pazienti Covid avevano circa 4 volte più probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari” – spiegano gli studiosi, in particolare nella fase acuta della malattia, e il 40% in più nella fase post-acuta.
E rispetto sempre ai non infettati, “il rischio di morte nei pazienti Covid era fino a 81 volte più alto nella fase acuta” – continuano, abbassandosi, poi, a 5 volte nella fase post-acuta.
Un contagio avuto che esponeva le persone a un maggiore sviluppo di probabilità di patologie come infarto, insufficienze cardiache e trombosi, rispetto a chi non è stato contagiato, sia a breve che a lungo termine.
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