In relazione all’aumento dei casi Covid, aumentano anche le richieste di test antigenici rapidi per identificare la positività. Uno dei vari test approvato dall’Ue è il tampone Coi che dovrebbe essere utile per identificare i sintomi che avremo, ma gli esperti non sono d’accordo.
L’Italia è di nuovo in mezzo a un’ondata di contagi irrefrenabile e una relativa impennata dei casi Covid.
Si è infatti propagata nel nostro Paese una nuova variante identificata come Omicron 5, molto più contagiosa e forte delle precedenti.
Molte sono le richieste di tamponi antigenici, ma a quanto pare non esiste solo questo.
Vediamo cos’è questo tampone Coi e a cosa serve.
L’Ue ad oggi avrebbe approvato più di 560 tipi di tampone diversi, uno fra questi è il tampone conosciuto come Coi.
Questo a quanto pare dovrebbe rilevare con i risultati anche l’intensità della carica virale del soggetto positivo e i sintomi relativi.
Su quest’ultimo aspetto però gli esperti hanno sollevato qualche dubbio in merito.
Ad oggi le farmacie che sono attrezzate a fare i tamponi devono specificare che tipologia di test usano e uno fra questi è proprio quello Coi.
Solitamente il prezzo del test antigenico si aggira intorno ai 15 euro, ma con qualche euro in più si può anche effettuare il tampone Coi che oltre alla carica virale identifica i sintomi.
Ma sarà davvero così? La sigla Coi sta per “cut off index”, ovvero indice soglia. Questo a differenza dei classici tamponi con l’astina colorata e le due lettere C e T, presenta solo un valore numerico.
Se dal risultato del test emerge un numero inferiore ad 1, significa che il soggetto non è positivo, al contrario che il numero supera l’1,1 il soggetto è da ritenersi positivo.
Le modalità con cui si effettua il tampone sono identiche a quelle degli antigienici: attraverso l’inserimento di uno stecchino che preleva nella cavità nasale la sostanza da analizzare.
Ciò che cambia è come risulta la positività. Infatti in questo caso, l’asticella invece di diventare rossa, diventa fluorescente e perciò va utilizzato un apposito macchinario capace di vedere questa ipotetica presenza del virus.
Ma la vera domanda è se la cifra risultante da un test Coi positivo possa davvero rappresentare la carica virale, e di conseguenza l’intensità del virus nel paziente.
A rispondere è il professore di microbiologia dell’Università di Bologna Vittorio Sambri, che afferma: “La quantità di proteina individuata dal tampone non è direttamente proporzionale all’intensità del virus”.
A quanto pare quindi, un valore molto alto del test Coi non identifica poi sintomi più gravi nel paziente positivo.
Dall’inizio della pandemia infatti abbiamo assistito a persone senza la comparsa di sintomi con carica virale molto alta e altre persone con cariche basse ma con presenza di sintomi gravi.
Come ha detto perciò Sambri, questo tipo di test non può stabilire quanti giorni di positività ci saranno per un paziente positivo e aggiunge: “Le variabili sono troppe e conta anche la mano che esegue il tampone”.
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