Dopo 6 anni, è arrivata la sentenza per due amici di Cranio Randagio, morto in seguito a un overdose: due condanne per detenzione di droga e favoreggiamento.
Una tragedia quella accaduta a Craino Randagio, ovvero Vittorio Bos Andrei, che il 12 novembre 2016 venne trovato in un appartamento della Balduina a Roma senza vita.
Un processo che è durato ben 6 anni e che ieri ha avuto finalmente una fine, con due condanne e un’assoluzione.
Sono 6 anni che la famiglia di Vittorio Bos Andrei, alias Cranio Randagio, il rapper che nel 2016 venne trovato morto nell’appartamento di un amico dopo una festa.
Vittorio è deceduto in seguito a un overdose, dovuta a un mix di droghe, una tragedia che dopo 6 anni si è conclusa con un’amara decisione da parte del giudice monocratico di Roma.
Due ragazzi, Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis, sono stati condannati a 2 anni e mezzo di carcere per favoreggiamento: i due avrebbero mentito per coprire l’amico Francesco Manente, che aveva portato la droga alla festa in questione, e hanno omesso informazioni importanti agli inquirenti in fase di indagine.
Bonolis aveva ospitato a casa sua la cena e la festa dove Cranio Randagio ha perso tragicamente la vita e, insieme a De Vincentiis, ha mantenuto una condotta omertosa per tutti questi anni, anche con la famiglia e i parenti della vittima.
Francesco Manente, invece, è stato assolto, così com’era stato richiesto dal pm. La giudice del Tribunale di Roma ha ritenuto, inoltre, di stabilire una provvisionale immediatamente esecutiva per la mamma e il fratello di Andrei, particolarità per un reato di questo genere che ammonta a 8000 euro ciascuno.
La mamma di Cranio Randagio ha sofferto per tutti questi anni, sperando di capire la verità sulla morte del figlio, una tragedia che non smetterà mai di tormentarla.
Carlotta Mattiello ha rilasciato alcune dichiarazioni dopo il processo, dicendo che nessuna sentenza potrà mai portarle soddisfazione, visto il dramma che la sua famiglia dovrà ricordare per sempre.
La cosa che la lascia più turbata è il fatto che, nonostante ammetta che il figlio abbia sbagliato, nessuno si sia accorto in quei momenti che Vittorio stava male, perché tutti erano sopraffatti dalla droga.
Conclude dicendo: “Ai due ragazzi condannati mi sento di dire che non si cresce così e soprattutto dopo che un tuo amico è morto così, bastava che il giorno venissero da me e dicessero, ‘abbiamo fatto una cavolata, eravamo tutti pieni di roba”.
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