Proseguono le indagini sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, è stata diffusa una relazione redatta da Andrea Crisanti ai pm di Bergamo che si stanno occupando del caso.
Secondo quanto riportato da Crisanti, l’allora Ex Premier Conte avrebbe frenato sull’istituzione della zona rossa per il costo economico e politico che avrebbe comportato, non prevalse quindi l’esigenza di proteggere la popolazione. Crisanti: “Piano covid segretato per non allarmare”.
La Procura di Bergamo si sta occupando di un’inchiesta molto delicata, l’inchiesta riguarda la gestione del Covid in Val Seriana, in modo più specifico sulla mancata istituzione della zona rossa che secondo molti è stata la causa dei tanti morti a Bergamo.
Tra le persone attualmente sotto inchiesta troviamo l’ex premier Conte, l’ex ministro Speranza, i tecnici del ministro Speranza, Attilio Fontana governatore della Lombardia e Giulio Gallera ex assessore lombardo.
L’agenzia Ansa nelle scorse ore ha divulgato alcune dichiarazioni estratte dalla consulenza che Andre Crisanti, microbiologo, ha rilasciato alla Procura di Bergamo.
Secondo quanto riportato da Crisanti l’ex Premier Conte non instituì la zona rossa a causa dei costi sociali ed economici che avrebbe comportato. A fornire questa spiegazione è lo stesso Conte durante la riunione del 02 marzo 20220.
Durante questa riunione Conte affermò: “la zona rossa va utilizzata con parsimonia perché ha un costo sociale politico ed economico molto elevato”.
Secondo Crisanti queste motivazioni hanno perciò prevalso sulla necessità di proteggere non solo gli operatori del sistema nazionale ma anche i cittadini della zona dalla difficoltà del contagio.
Nella sua relazione afferma anche che la responsabilità di tale decisione è da attribuirsi anche agli organi decisionali nazioni come il ministero della Sanità, il Cts e la Presidenza del Consiglio, nonché la Regione Lombardia.
Crisanti riporta anche che il ministro Roberto Speranza, il presidente dell’ISS il prof Brusaferro, il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico il dott. Miozzo, l’ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero il dott. D’Amato, erano a tutti a conoscenza dell’esistenza del Piano Covid.
Gli stessi conoscevano anche i scenari di previsione nonché la gravità della situazione ma nonostante questo presero “la decisione di segretare il piano per non allarmare l’opinione pubblica”. Una decisione nota anche ai vertici della Regione Lombardia.
Questa decisione e le decisioni attuate in quel momento si possono dimostrare con la documentazione acquisita.
Infatti da tale documentazione si evince che il Ministro Speranza, Conte e il Cts avevano tutte le informazioni e gli strumenti per valutare non solo la progressione del contagio ma anche le conseguente in termini di decessi.
Decisero perciò di segretare il Piano Covid che era stato elaborato dall’epidemiologo Stefano Merler con motivazione di non voler allarmare l’opinione pubblica.
In merito alla riunione tenutasi il 02 marzo 2020 tra il Cts, Speranza e Conte, Andrea Crisanti riporta che a scrivere il verbale fu il dott. Miozzo che ne è ancora in possesso e non ha voluto condividere con nessuno.
Crisanti riporta che già nei giorni 27 e 28 febbraio 2020 il ministro Speranza e il Cts hanno tutte le informazioni a disposizione sulla progressione del contagio, queste informazioni dimostrano che lo scenario fosse molto peggiore rispetto a quello ritenuto catastrofico.
Le informazioni inerenti alla gravità della situazione a Nembro e Alzano furono condivise in una riunione del Cts che si tenne il 02 marzo ma che non fu verbalizzata ufficialmente. A questa riunione presero parte sia Conte che Speranza.
Entrambi però hanno raccontato alla Procura di Bergamo di aver conosciuto la gravità della situazione ad Alzano e Nembro solamente il 04 e il 05 marzo 2020.
Non erano i soli però ad essere informati anche Attilio Fontana, governatore lombardo, e Giulio Gallera, ex assessore, erano informati sugli scenari possibili e sulla decisione di voler segretare il piano covid.
Gli stessi erano venuti a conoscenza in data 28 febbraio 2020 che l’indice di trasmissione aveva superato il valore 2, ciò stava a significare che le azioni intraprese fino a quel momento non avevano avuto effetto, nonostante questo per i successivi 10 giorni non vennero prese azioni più restrittive.
Secondo la relazione realizzata da Crisanti l’Italia al momento dello scoppio della pandemia da Covid-19 aveva un manuale di istruzione con un piano pandemico da attuare in queste situazioni.
Il piano però fu scartato senza essere valutato dagli organi tecnici del ministero perché, come ha sempre sostenuto l’ex Ministro Speranza, era un piano datato e che non era stato costruito per affrontare un coronavirus ma un virus influenzale.
Il piano pandemico nazionale era l’unico strumento che l’Italia aveva a disposizione per affrontare la situazione, conteneva una serie di azioni che permettevano di contrastare la diffusione, anche se non era allineato con le dispositive più recenti dell’Oms.
Crisanti riporta anche che dal 2004 al 2020 nessuno ha mai intrapreso attività o progetti per valutare lo stato di attuazione del Piano Pandemico Nazionale, e verificare lo stato di preparazione della nazione ad un eventuale pandemia.
Ultima importante rivelazione della relazione di Crisanti che è stata rilasciata è che già dal 12 febbraio 2020, più di una settimana prima dal Paziente 1, sia la task force del ministero che il Cts erano consapevoli della difficoltà di reperire Dpi e i relativi materiali per la produzione.
Questo vuol dire che sapevano già che l’Italia si trovava in una situazione di vulnerabilità che comportava un rischio elevato per la popolazione e per gli operatori sanitari, nonostante questo non presero alcuna iniziativa.
All’interno della relazione è riportato anche un modello matematico realizzato da Crisanti con il quale ha dimostrato come misure più stringenti e più tempestive, come la possibilità di istituire una zona rossa, avrebbero permesso di limitare la diffusione del covid e le morti.
Secondo le sue stime se fosse stata istituita la zona rossa nella Val Seriana sarebbe stato possibile ridurre i decessi al giorno 27 febbraio 2020 a 4148 e al 3 marzo 2020 a 2659. Il 27 febbraio 2020 è la data in cui la Regione Lombardia e il Cts sono diventati consapevoli della gravità della situazione.
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