Andrea Crisanti, docente di microbiologia all’Università di Padova, nonostante l’Italia non abbia ancora superato la seconda ondata di Covid-19, ha già elencato quali dovrebbero essere le “armi” per evitare la terza ondata.
Durante l’audizione in Commissione Sanità del Senato, sul tema del ricorso ai test e al tracciamento per il contenimento della pandemia da Coronavirus, ha detto: “Possiamo abbassare la trasmissione virale con il lockdown e con le restrizioni, oppure possiamo usare in maniera intelligente i test rapidi. Ma queste due soluzioni lasceranno sempre una trasmissione residua che può di nuovo reinnesccare il contagio”.
Per evitare la terza ondata, secondo il professore, ci sarebbe un solo modo: “creare nel nostro Paese un sistema di sorveglianza che integri tre elementi”.
Il primo per Crisanti dovrebbe essere quello di riuscire a fare tamponi mirati per intercettare le catene di trasmissione del virus.
“La capacità di fare un numero sufficiente di tamponi, non a tappeto ma mirati, per bloccare la trasmissione e saturare lo spazio di interazione tra ogni singolo individuo”. Così facendo si andrebbero a testare tutte le persone con il quale il positivo è entrato in contatto nell’ultimo periodo.
Questo sistema, secondo il docente, andrebbe integrato con il secondo punto: “Il processo deve essere integrato con strumenti informatici che permettano di collegare l’app Immuni e allo stesso tempo allo stesso tempo di monitorare come i casi si distribuiscono regione per regione e integrarli con altri parametri demografici come la densità di popolazione, la mobilità delle persone, e così via per prevedere quello che succede dopo”.
Il problema, ha spiegato Crisanti, è che il virus deve essere anticipato, non inseguito come si sta facendo in questo momento. Infine, il terzo elemento: il sistema deve avere una logistica “per rendere accessibili questi test là dove sono necessari”.
“In Italia ci sono delle differenze drammatiche in termini di accessibilità ai test, che vanno da regione a regione, all’interno delle stesse regioni, da città ad aree remote. Ma per combattere questo virus non dobbiamo lasciare indietro nessuno” ha detto Crisanti.
Crisanti ha infine portato in Commissione l’esempio di Vo’ Euganeo, la prima area colpita da Covid-19 in Veneto: “Al 2 marzo a Vo’ Euganeo c’erano 88 persone positive al coronavirus Sars-CoV-2 e tutte le altre province avevano pochissimi casi. Al 30 maggio a Vo’ non avevamo più nessun caso, nonostante la trasmissione in Veneto sia stata abbastanza importante“.
E ha continuato: “Questo è avvenuto in parte perché a Vo’ la Regione ha impiegato risorse senza precedenti nel contact tracing, però il contact tracing da solo non è bastato. Se non si fossero testati tutti quanti e non si fossero isolati i positivi al 30 marzo avremmo avuto casi tali da arrivare all’80% della popolazione infettata”.
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