Il 23 gennaio rimbalza la notizia che Cramer Ball ha presentato un piano industriale per contrastare la crisi Alitalia, con un progetto di tagli per almeno 160 milioni di euro già nel 2017. Il risparmio dovuto alla riduzione delle spese non dovrebbe riguardare il costo del personale. Dopo l’accordo tra Alitalia e Etihad siglato nel 2014, con l’acquisizione del 49% della compagnia di bandiera italiana da parte degli arabi, non si è raggiunta ancora la soluzione per scongiurare il licenziamento di centinaia di lavoratori, di cui già si discuteva alla vigilia dell’entrata di Etihad nel capitale della società, tre anni fa. A chiarire che le colpe della cattiva gestione aziendale non possono ricadere sui dipendenti ci ha pensato anche il ministro Calenda, che è stato durissimo in un suo intervento a proposito del caso Alitalia. Ma quali sono i punti principali della crisi Alitalia? Vediamoli di seguito.
Perché la società ha una perdita operativa di 500 milioni l’anno, in un panorama internazionale che registra un rallentamento del settore dell’aviazione. Il problema storico di Alitalia, poi, è lo stesso: troppa interferenza politica, poca continuità ai vertici, come sostenuto anche da John Strickland, esperto del settore e direttore della società JLS Consulting.
Il problema sta nella mancata strategia per far fronte alla competitività del mercato, che in Europa è molto alta. Il modello di business scelto non è stato – evidentemente – produttivo. Nel 2016 Alitalia ha perso più di un milione di euro al giorno, nonostante la privatizzazione del 2014 che avrebbe dovuto risolvere le cose.
No. La storia della crisi di Alitalia risale a diversi anni fa, quando era ancora la ”compagnia di bandiera”. Poi Silvio Berlusconi – nel 2009 – organizzò una cordata di imprenditori per acquistare e mantenere italiana la società, che stava per essere comprata da Air France-KLM. Il piano Fenice fu studiato da Corrado Passera, allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. L’operazione però si rivelò un disastro, non solo perché Alitalia venne comprata per 700 milioni di euro in meno rispetto all’offerta dei francesi, ma anche perché la cordata italiana acquisì esclusivamente la parte ”in attivo” della compagnia. La parte negativa (cioè i debiti) fu trasferita in una “bad company” che rimase a carico dello Stato e i cui nodi – vedi esuberi – restano tuttora da sciogliere. Nel 2015 Mediobanca ha stimato quanto sia costata al Paese la pessima gestione di Alitalia degli ultimi quarant’anni: 7,4 miliardi.
Dopo il via libera ad un finanziamento per fare ”ordine” nelle casse della società e quindi sopravvivere al fallimento, si riparla nuovamente di esuberi: almeno 1.500. Secondo altre fonti molti di più. Il governo, però, ha chiesto che sia presentato un piano preciso prima di tornare a discutere di tagli sulla pelle dei lavoratori, per questo è stato convocato un incontro al Mise.
Il 9 gennaio 2017 c’è stato l’incontro tra governo, vertici aziendali e azionisti sul nuovo Piano Industriale di Alitalia al ministero dello Sviluppo Economico. Al tavolo convocato da Carlo Calenda c’erano l’amministratore delegato della compagnia Cramer Ball, il vicepresidente James Hogan, il neo consigliere d’amministrazione Gaetano Miccichè in rappresentanza dell’azionista Intesa, il dg di Unicredit Gianni Papa, l’ad di Aeroporti di Roma Giovanni Castellucci. Per il Governo, oltre a Calenda, era presente anche il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Assenti invece il ministro Pier Carlo Padoan e il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo.
Le banche creditrici e azioniste, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno espresso la loro sfiducia nell’ad, l’australiano Cramer Ball, che ha firmato una bozza di piano giudicata non soddisfacente. Gli azionisti di Abu Dhabi, poi, convinti nel 2014 a investire in Italia dall’attuale presidente Luca di Montezemolo, sostengono che il governo non ha mantenuto tutte le promesse. Il vicepresidente della compagnia, James Hogan, sarebbe verso l’uscita. Ad ogni modo il piano industriale quinquennale per salvare Alitalia presentato il 12 gennaio non è stato sottoscritto e condiviso da tutti gli azionisti, così come chiesto dal governo. Quindi la questione è rimasta aperta fino al 23 gennaio.
L’a.d. di Alitalia Cramer Ball, il 23 gennaio 2017 ha dato qualche dettaglio sui numeri del piano di risanamento della compagnia che prevede una drastica riduzione dei costi, un risparmio – non relativo al costo del personale – già identificato in almeno 160 milioni di euro nel 2017 da ottenere grazie ai tagli sui leasing e sulla flotta. Il consiglio di amministrazione di Alitalia ha preso atto che le performance finanziare del primo trimestre 2017 “sono in linea con le previsioni del Piano”, mentre i soci hanno “confermato all’unanimità il loro pieno impegno a sostenere il management nel raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano di rilancio”.
Alitalia “è stata gestita male”. “È un’azienda – ha detto – totalmente privata che ha problemi significativi di gestione. Non esiste che si parli di esuberi prima di parlare di piano industriale. Nessuna azienda si salva senza piano industriale”, è stato il commento di Carlo Calenda, intervenendo a ‘Radio anch’io’ in merito alla situazione.
I sindacati – Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo – lamentano l'”assenza di un confronto sostenibile e credibile sul piano industriale di rilancio della compagnia, atteso da oltre 6 mesi, in presenza di atti unilaterali nei confronti del lavoro, in violazione del contratto e degli accordi”. Chiedono dunque al Governo un “urgentissimo incontro” sul problema degli ammortizzatori sociali e del fondo di solidarietà. Mentre ad Alitalia chiedono un confronto per intraprendere un percorso serio che riguardi sia il piano industriale e sia l’apertura del Tavolo per il rinnovo del Ccnl scaduto il 31 dicembre scorso. Quindi le quattro sigle sindacali hanno intanto formalmente aperto la vertenza, proclamando due giornate di sciopero tra gennaio e febbraio.
“Il piano industriale per Alitalia c’è”, o meglio ci sarà, parola del presidente Luca Cordero di Montezemolo, che lo definisce “forte e coraggioso”. Bisognerà aspettare tre settimane perché il progetto su cui già si lavora “sarà ulteriormente rivisitato da un advisor industriale condiviso tra i due soci perché non deve essere solo dei manager ma pienamente condiviso da soci arabi e soci italiani”. E nell’augurarsi un “costruttivo” confronto con governo e sindacati sul modello di business per la compagnia aerea, Montezemolo ha sottolineato che finora il governo non ha finanziato Alitalia: “I soldi li hanno messi gli azionisti”, ha precisato.
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