La crisi del rublo in Russia rischia di far crollare il potere di Vladimir Putin e il presidente non perde tempo per rinsaldare la sua posizione. Lo fa all’indomani del martedì nero che ha visto la moneta nazionale in ribasso e la corsa agli acquisti da parte della popolazione e dei Paesi confinanti; lo fa nel suo stile, deciso e irremovibile, nel corso della consueta conferenza stampa annuale. Le misure messe in atto dalla Banca Centrale hanno frenato la caduta della valuta e per questo “l’economia sarà in ripresa in due anni”. Putin chiarisce anche le colpe di questa situazione, quegli “elementi esterni” messi in campo dall’Occidente. I toni si surriscaldano e il presidente russo passa all’attacco: non lascerà che l’orso russo sia messo in catene.
Davanti a oltre mille giornalisti accreditati, Putin lancia messaggi rassicuranti per il Paese, colpito dalla crisi del rublo. “La nostra economia uscirà dalla situazione attuale in due anni”, rilancia. I motivi del momento nero per la valuta nazionale sono legati a “elementi esterni”, ma “la Russia ha riserve di denaro sufficienti e il rublo si riprenderà”.
Il Paese si avvia verso una prima ripresa che, stando alle parole di Putin, dovrebbe avenire nella seconda metà del 2015 la situazione migliorerà. “Per stabilizzare il rublo potremmo ridurre la sua liquidità”, spiega il capo del Cremlino che loda la Banca centrale per l’aumento degli interessi. “Altre misure sono di responsabilità del governo, come i prezzi degli idrocarburi o dei prodotti alimentari. Abbiamo il polso di produttori e distributori e un attentato controllo deve essere portato avanti dal servizio federale antimonopolio”.
Il vero nemico rimane però l’Occidente, con le sue sanzioni per la crisi ucraina. “Vogliono che l’orso stia seduto tranquillamente e mangi il miele, ma tentano di metterlo in catene, di togliergli i denti e gli artigli e impagliarlo”, tuona Putin. L’accusa è rivolta soprattutto alla Nato che si è espansa in territorio russo, in un “muro virtuale” che ricorda il muro (reale) di Berlino. “I nostri partner si credono un impero, ci vogliono vassalli. Servirebbe invece un solo spazio umanitario di libertà e di commercio”.
Il legame tra la crisi economica e la politica in Ucraina viene negato da Putin in un giro di parole che, alla fine, rimanda le responsabilità al mittente. “La crisi economica non è il prezzo che stiamo pagando per la Crimea, ma per il mantenimento dell’unità del nostro Paese”, dichiara rivolgendosi ancora ai “partner dell’Occidente” che “erano gli stessi che sostenevano i terroristi nel nord del Caucaso. Possiamo definire questi dei partner? Noi dobbiamo mantenere la nostra sovranità e la nostra indipendenza”.
Quello che la Russia si trova a vivere in questi giorni una situazione molto delicata, che ricorda a molti quella vissuta nel 1998. Il rublo da inizio dell’anno ha perso circa il 50% del suo valore, l’economia è in crisi perché si regge sui prezzi del petrolio e del gas: quando crollano (come ora), le entrate calano. Per frenare il crollo, la Banca Centrale ha deciso di intervenire, immettendo nel mercato parte delle riserve di valuta straniera. “Lo sapete, il paese dispone delle risorse monetarie necessarie per raggiungere i suoi obiettivi economici. E anche gli strumenti di mercato indispensabili per garantire la domanda corrispondente”, chiosa il premier russo Dmitri Medvedev dopo la riunione convocata d’urgenza con i vertici dell’economia e della finanza.
L’intervento ha bloccato la corsa verso il baratro del rublo, ma la situazione è ancora in divenire. Nel frattempo la popolazione si è riversata nelle banche a cambiare euro e dollari e a disfarsi del rublo nel più breve tempo possibile: code chilometriche nei grandi magazzini come l’Ikea, presa d’assalto, mentre la Apple ha bloccato gli acquisti. A ruba anche le auto, dalle Porsche ai Suv, passando per le utilitarie: nel Paese si è scatenata una corsa agli acquisti che ha fatto bene al commercio interno, ma che rischia di innescare una spirale pericolosa.
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