Il Sud è a rischio desertificazione. Lo stravolgimento demografico è solo uno degli effetti della crisi economica, che negli ultimi anni ha fatto aumentare il numero delle famiglie povere, anche a causa della cronica mancanza di lavoro. La disoccupazione aumenta perchè l’industria non investe, e i consumi delle famiglie crollano. I dati del rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno parlano chiaro: per il Sud non ci sono prospettive, ed è per questo che la gente continua ad emigrare.
Negli anni della crisi economica in Italia, quelli compresi tra il 2008 e il 2013, delle 985mila lavoratori italiani che hanno perso il posto, 583mila, cioè oltre la metà, sono residenti nel Mezzogiorno.
Nell’anno 2013 sono stati 116mila i residenti al Sud che sono emigrati per cercare un lavoro al Nord o all’estero.
Le coppie non riescono a investire nemmeno nel loro nucleo familiare e le nascite sono in declino. Sempre nel 2013, anno preso in esame per il rapporto redatto da Svimez, il numero delle persone decedute continua ad essere maggiore di coloro che sono venuti al mondo.
Le nascite sono state 177mila, il numero più basso dal 1861. E questa tendenza sembra non volere terminare, tanto che, in un futuro vicino, si prevede uno sconvolgimento demografico, ‘uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili‘.
Le famiglie del Sud Italia provano comunque a sopravvivere, ma i poveri nell’ultimo anno sono aumentati del 40%. I consumi quindi sono crollati del 13% in cinque anni.
I lavoratori occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977, e la disoccupazione corretta sarebbe del 31,5% invece che il 19,7%.
Sono numeri enormi, ma non è difficile crederci, visto che la mancanza di lavoro nel Meridione è diventata un’emergenza. Sono infatti le regioni del Sud che pagano maggiormente il prezzo alto della recessione: qui si è perso l’80% dei posti di lavoro nazionali (confrontando il primo trimestre del 2013 e del 2014), e gli investimenti industriali sono diventati ormai un miraggio (-53% in cinque anni di crisi, -20% gli addetti), nonostante tutti gli annunci di ripresa, poi smentiti, fatti dai politici.
Calabria fanalino di coda
La Calabria si conferma la regione più povera d’Italia, con un Pil pro capite che nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà delle regioni più benestanti come Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia. L’anno scorso la regione più ricca è stata la Valle d’Aosta, con 34.442 euro, seguita dal Trentino Alto Adige (34.170), dalla Lombardia (33.055), l’Emilia Romagna (31.239 euro) e Lazio (29.379 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.845 euro). Seguono il Molise (19.374), la Sardegna (18.620), la Basilicata (17.006 euro), la Puglia (16.512), la Campania (16.291), la Sicilia (16.152).