La guerra iniziata dalla Russia ha determinato, almeno per ora, la chiusura dei rapporti tra UE e Federazione Russa, in primo luogo nell’interscambio energetico; tuttavia la corsa europea alla diversificazione degli approvvigionamenti di gas sta togliendo risorse ai Paesi asiatici.
Nel 2022 sono esplosi gli ordinativi di GNL (Gas Naturale Liquefatto) senza un contemporaneo aumento dell’offerta, questo ha favorito una impennata dei prezzi a cui solo le fiorenti economie occidentali riescono a dar seguito, lasciando all’asciutto realtà meno prospere.
L’Europa ha da qualche mese avviato una campagna di diversificazione delle forniture per disancorarsi dalla dipendenza dagli idrocarburi russi e finora il sostituto principale è stato trovato nel GNL, il gas che viene liquefatto e trasportato via nave per essere poi riconvertito in aeriforme dai rigassificatori presenti sulle coste dello stato destinatario.
Il GNL è tuttavia molto sfruttato anche da altri Paesi sul globo e l’aggiunta di domanda europea non riesce ad essere coperta interamente dai Paesi produttori: il conseguente aumento di prezzo finisce per favorire le ricche economie europee, disposte in questa fase a importanti investimenti pur di vedersi garantita la quantità di energia necessaria a mandare avanti la macchina produttiva nazionale.
Difatti nel 2022 gli ordinativi di GNL da parte europea sono cresciuti del 55%, all’inverso alcuni stati del Sud-Est asiatico hanno diminuito i propri flussi in modo anche importante, ad esempio: in Bangladesh le importazioni sono calate del 10%, del 17% in India, -19% per il Pakistan e scendono del 22% gli acquisti cinesi.
I tre Paesi del subcontinente indiano hanno per ora sopperito alle assenze gasiere bruciando più petrolio e carbone, soluzioni assai meno pulite del metano. In particolare il Pakistan sembra il più sofferente: questo è stato recentemente colpito da devastanti alluvioni che costringono tutt’ora la popolazione a sopportare gravi black-out, mentre l’asta governativa per l’acquisto di lotti di GNL è andata deserta, proprio perché l’offerta di Islamabad non era appetibile per i fornitori viste le laute somme promesse dagli stati UE. L’impellenza di avere energia con cui alimentare la nazione sta spingendo il Pakistan a trattare con la Russia per riceve le quantità necessarie di GNL.
Il calo cinese ha invece origine differente e riguarda il rallentamento generale dell’economia del dragone, dovuta anche alla politica “Zero Covid” di Xi Jinping. Pechino non ha problemi di liquidità e potrebbe dunque competere con gli stati europei sul mercato del gas liquefatto, tuttavia è l’endogeno calo della domanda cinese a determinare una inferiore quota di approvvigionamenti. In ogni caso, per evitare carenze impreviste, la Repubblica Popolare ha interrotto le esportazioni di metano durante i mesi invernali.
Quindi l’Europa si avvantaggia al solito sfruttando il gap di PIL tra le economie del Vecchio Continente e quelle del resto del pianeta, di fatto approfittando dell’unica vera leva del commercio mondiale: la possibilità di maggiori profitti per chi vende.
Già il solo indice di riferimenti della borsa europea, il TTF di Amsterdam, è costantemente più alto, e quindi più redditizio per i venditori, rispetto al valore di riferimento del JKM asiatico: il primo si attesta sui 144,5€ per megawattora, il secondo sui 104.5€ a megawattora.
Non solo prezzi più allettanti, anche le infrastrutture legate al commercio del GNL sono divenute di fatto monopolio europeo, tant’è che delle 23 nuovi navi gasiere in costruzione, ben 18 sono già state acquistate da stati del continente europeo.
Addirittura la Spagna, che per posizione e conformazione geografica accoglie numerosi luoghi per la rigassificazione del metano, è costretta a far attendere al largo delle sue coste le navi cariche di gas liquido poiché non ha attualmente sufficienti impianti di rigassificazione per poter convertire una tale mole di idrocarburi.
Questa dinamica spiega infine le ritrosie di alcuni stati UE su un tetto al prezzo del gas. Qualora venisse applicato, il surplus per i fornitori calerebbe anche vistosamente e questo potrebbe indurli a direzionare nuovamente le prue delle proprie navi verso l’Asia.
In definitiva, come durante l’emergenza Covid, sarebbe la cooperazione piuttosto che la competizione la via per risolvere al meglio i problemi del globo, tuttavia purtroppo si sa, la storia non insegna nulla, altrimenti l’uomo non farebbe continuamente gli stessi errori.
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