Inizia il processo per il crollo del Ponte Morandi: gli imputati sono 59, mentre ammontano a 600 le parti civili coinvolte. I giornalisti protestano perché potranno solamente riprendere dieci minuti del maxi processo. Il procuratore Pinto: no alla spettacolarizzazione.
Il 7 luglio 2022 inizia il processo relativo al crollo del Ponte Morandi. In totale, si contano 59 imputati e ben 600 parti civili coinvolte.
Pertanto, il tribunale ha stabilito speciali misure di sicurezza per poter garantire uno svolgimento del processo senza intoppi.
Il procuratore Pinto esorta la giustizia ad essere celere. I giornalisti protesteranno in quanto non sarà permesso loro di riprendere l’intero maxi processo. Pinto sottolinea che questa decisione è stata intrapresa per evitare la “spettacolarizzazione” dell’evento, per cui le famiglie hanno atteso quattro anni.
Crollo Ponte Morandi, inizia il maxi processo
Comincia il maxi processo del crollo del Ponte Morandi che coinvolge 59 imputati e 600 parti civili che si ritroveranno nella stessa aula. Il procuratore Francesco Pinto chiede alla giustizia di essere veloce, al fine di dare un po’ di pace alle famiglie che – nella tragedia – hanno perso familiari e amici.
“Il problema di fondo di questo processo sarà la possibilità di rispettare i parametri costituzionali della ragionevole durata. Io auspico che tutte le parti si possano comportare tenendo conto di questo parametro“, ha sottolineato il procuratore. La velocità del processo è fondamentale, dunque, affinché si evitino assoluzioni, ma non solo.
La celerità è un parametro base per il procuratore, affinché si conferiscano alle famiglie delle vittime il risarcimento in tempi brevi e non dopo anni, come accade spesso nei processi del nostro paese.
I giornalisti parlano di lesione del diritto di cronaca
I giornalisti protesteranno, in quanto non sarà possibile effettuare riprese, all’interno dell’aula di tribunale solamente per dieci minuti, secondo quanto stabilito dal presidente del collegio giudicante.
Il procuratore Pinto, però, chiarisce che non si tratta di un’azione volta a lesionare il diritto di cronaca, bensì di una decisione dettata dal fatto di non voler rendere un processo una sorta di spettacolo da dare in pasto ai media.
Ecco le parole, in merito, del procuratore Pinto, il quale sottolinea che “Un processo di questo genere, con mille occhi puntati, rischia di essere completamente deformato dalla presenza costante di telecamere”.