Cuba cambia norme e legislazione. Le procedure che deve seguire il nuovo Codice della Famiglia, che ammette i matrimoni tra persone dello stesso sesso, contrastano con la rapida approvazione di nuovi reati inseriti nel Codice Penale.
Il nuovo Codice della Famiglia, che sarà approvato dal Parlamento cubano quest’estate e poi sottoposto a referendum, ammette il matrimonio di coppie dello stesso sesso e contempla anche il diritto di adozione, “un notevole progresso in un Paese che per anni ha emarginato e persino rinchiuso gli omosessuali nei campi di lavoro, il famoso UMAP, di disastrosa memoria”, racconta un dirigente del partito che desidera rimanere anonimo.
“Probabilmente prima della fine dell’anno verrà approvato il nuovo Codice della Famiglia e parteciperemo ai primi matrimoni gay a Cuba. Sarà qualcosa di storico”, aggiunge. Dice che la strada per arrivare a questo punto non è stata facile e che, per realizzare questa nuova legge, la comunità LGTBQ ha dovuto lavorare sodo.
Da quando è stata approvata la Costituzione del 2019, è stata contemplata la questione del matrimonio inclusivo (“Ogni persona ha diritto a fondare una famiglia”, dice la Magna Carta nell’articolo 81), ma o per le resistenze di varie confessioni religiose, o perché la cosa non era stata ancora digerita dai settori più ortodossi, il Codice della Famiglia ha dovuto aspettare quasi tre anni per diventare legge.
Dopo 24 versioni, e mesi di intense consultazioni tra la popolazione, la norma per i matrimoni gay sarà finalmente approvata dall’Assemblea nazionale nella sua prossima sessione e, quindi sottoposto, a referendum popolare, sicuramente entro la fine dell’anno.
Tutto questo dibattito sui matrimoni tra persone dello stesso sesso fa molto felice gran parte della comunità cubana. Ma allo stesso tempo c’è chi è amareggiato, perché il nuovo codice penale, che è altrettanto importante, è appena stato approvato dal Parlamento con molta meno discussione e senza referendum.
Al centro della critica c’è l’articolo 120 del nuovo Codice, che sanziona da quattro a dieci anni di privazione della libertà coloro che «esercitano arbitrariamente qualsiasi diritto o libertà riconosciuta nella Costituzione della Repubblica e mettono in pericolo l’ordine costituzionale e il normale funzionamento dello Stato e del governo cubani”.
Il giurista cubano Fernando Almeyda assicura che ciò è oltraggioso, perché “il legislatore indica che per l’esercizio dei diritti a Cuba (compresi i diritti umani) è necessario avere un’autorizzazione dell’autorità, cioè che non sono riconosciuti ‘diritti’ ma ‘permessi’. La storica Alina Bárbara López, coordinatrice della rivista digitale La Joven Cuba, è d’accordo con Ameyda e considera “estremamente preoccupante che il Codice penalizzi la ‘pratica abusiva dei diritti costituzionali’.
Afferma che si tratta di una “aberrazione” che indica “l’esistenza di una pratica abusiva nella proibizione di tali diritti”, che, a suo avviso, è “destinata a intimidire i cittadini affinché non cerchino di esercitare una serie limitata di diritti sanciti dalla Costituzione del 2019, come quelli di manifestazione o di libertà di riunione ed espressione”.
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