Cuore primitivo di Andrea De Carlo, ultimo romanzo dello scrittore milanese, è in libreria dal 17 settembre. La storia – trama interessante e recensione critica, com’era prevedibile, molto buona – è quella di un matrimonio in crisi, provocata da una caduta accidentale, una banale perdita di equilibrio, che costringerà i protagonisti a fare i conti con le frustrazioni ormai da troppo tempo sopite all’interno di un’apparente felicità coniugale.
Trama
Ambientato in Liguria a Canciale, piccolo borgo tra il mare e l’Appennino, la storia raccontata in Cuore primitivo è quella di Mara Abbiati, scultrice di grandi gatti in pietra, e di suo marito Craig Nolan, famoso antropologo inglese. La loro vita scorre tranquilla, il lavoro va bene e la loro intesa sembra eccellente. Una mattina d’estate Craig sale sul tetto per controllare da dove sia entrata la pioggia della notte prima, ma perde l’equilibrio e precipita di sotto, spezzandosi quasi una gamba. La casa è da riparare, insieme alla povera gamba di Craig, e nella disperata ricerca di qualcuno che possa occuparsene entrano in contatto con Ivo Zanovelli, misterioso costruttore dal fascino indiscutibile. Durante i giorni successivi, incandescenti per la calura di luglio e per l’equilibrio, precario, che i tre tentano di mantenere, esploderanno inevitabilmente tutti i dubbi e le contraddizioni che i due protagonisti avevano cercato, fino a quel momento, di tenere nascosti.
Recensione
Tra gli autori contemporanei più acclamati e tradotti della narrativa italiana, Andrea De Carlo, in Cuore primitivo, edito da Bompiani, racconta ciò che può scaturire, all’interno di un rapporto apparentemente sereno, da una banale perdita di equilibrio. Che non è, come si intuisce, soltanto fisica, ma che diventa metafora di una profonda crisi matrimoniale inasprita dalla presenza in casa di un terzo incomodo. Da una parte, infatti, c’è Mara, donna istintiva ed artista vitale, dall’altra Craig, intellettuale e accademico distaccato dalla dimensione pratica, e dall’altra ancora il fascinoso Ivo, uomo decisamente più fisico di cui la donna finirà per essere attratta. Sarà proprio la caduta accidentale di Craig a portare i due protagonisti a fare i conti con le loro frustrazioni, con i desideri mai soddisfatti, celati, fino a quel momento, da un apparente velo di felicità coniugale. Badando a dover risanare non solo un tetto lesionato, ma un rapporto amoroso che rischia inevitabilmente di franare.
Lo stile del romanzo è tipicamente decarliano: giunto alla sua diciottesima prova letteraria, infatti, come già in Giro di vento, in Leielui e Villa Metaphora, Andrea De Carlo utilizza la sua tecnica di spostamento della prospettiva per raccontare, in capitoli alterni, le ragioni e i pensieri dei diversi protagonisti, dando voce ad ognuno di loro grazie ad un’approfondita indagine psicologica. Una scelta del tutto originale e completamente diversa rispetto a quella del narratore onnisciente, che osserva e narra con distacco le vicende dei vari personaggi. Lo scrittore milanese, invece, abile scultore di profili psicologici, si cala nei panni di ciascuno di loro, partecipandone alle ragioni, ai punti di vista e ai modi di fare. Con il risultato, e chi lo conosce bene lo sa, di continue variazioni prospettiche che, pur senza interrompere il flusso principale del racconto, lo arricchiscono di mille sfumature e di diversi livelli di lettura.
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