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In Italia la ricerca ha fatto passi da gigante proponendo cure su misura per la leucemia mieloide cronica, in grado di garantire i trattamenti migliori e più efficaci grazie a un modello integrato di assistenza, con un approccio multidisciplinare che va dall’ematologo allo psicologo. Ma il dato che salta agli occhi e che è certamente migliorabile è che nel nostro Paese ci sono ancora troppe differenze tra le Regioni. Al Nord ci sono centri più specializzati rispetto al Sud e la differenza si nota anche nell’utilizzo dei test per individuare le caratteristiche della malattia che consentono di capire qual è la soluzione giusta per ognuno. Le cure infatti sono diventate più adeguate grazie a ben 5 farmaci oggi disponibili.
La lucemia mieloide cronica colpisce ogni anno circa 1000 nuovi pazienti, per un totale di circa 20mila persone.
Delle nuove terapie adatte alla cura di questo raro tumore del sangue se ne è parlato al convegno “Un nuovo modello integrato di cura della leucemia mieloide cronica, tra soluzioni innovative e sostenibilità del sistema: un percorso condiviso tra clinico e paziente”, promosso da Incyte, che si è tenuto Roma e a cui hanno partecipato medici, pazienti e istituzioni.
“Si tratta di un tumore che fino agli anni 2000 non dava scampo – ha spiegato Felice Bombaci, presidente del gruppo pazienti Ail leucemia mieloide cronica Onlus – finché sono arrivati i farmaci bersaglio, efficaci e con meno effetti collaterali. Una rivoluzione che permette, oggi, di offrire a ogni paziente una terapia personalizzata”. Cosa che può accadere solo se viene garantita una maggiore diffusione dei test, già disponibili in molti centri, per individuare il farmaco più adeguato al singolo paziente.
Importantissimo è l’approccio multidisciplinare, il coinvolgimento di altri specialisti che permettono di prevenire e gestire gli effetti collaterali migliorando la qualità della vita: ”Fondamentale – prosegue Bombaci – è che il paziente, già dalla diagnosi, sia seguito a 360 gradi. Perché questo sia possibile in maniera omogenea su tutto il territorio, le Regioni devono realmente attuazione alle reti ematologiche in modo che il paziente possa essere preso in carico dal centro d’eccellenza regionale di riferimento e poi gestito nel follow up sul territorio”.
“Nei pazienti ad alto rischio di progressione – ha sottolineato poi Giuseppe Saglio, docente di Medicina Interna ed Ematologia all’università di Torino e direttore della Divisione di Ematologia all’ospedale Mauriziano di Torino – anche se trattati con farmaci di seconda generazione, la mancata risposta suggerisce che la malattia sia mutata, che le proteine bersaglio della terapia siano cioè modificate in modo tale da impedire l’azione stessa della molecola. In questi pazienti, gli inibitori delle tirosin chinasi (TKI) di terza generazione – che hanno rivoluzionato il trattamento della leucemia mieloide – si sono dimostrati particolarmente efficaci e potrebbe essere indicato prescriverli direttamente già in seconda linea di trattamento”.
Gli esperti sottolineano che la prescrizione ‘su misura’ andrebbe fatta fin dal momento della diagnosi, che dovrebbe essere il più completa ed esaustiva possibile. In questo modo non solo si migliora l’efficacia della terapia e qualità di vita del paziente, ma si migliora anche la sostenibilità economica. “È importante e urgente – ha detto Francesco Saverio Mennini, direttore del Centro per la valutazione economica e Hta (Ceis) alll’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – sviluppare un modello completo di ‘Cost of Illness’ così da evidenziare quali siano, ad oggi, i costi (diretti ed indiretti) che si sostengono in Italia per la leucemia mieloide cronica. Purtroppo infatti non sono presenti studi relativi al costo di questa malattia in Italia”.
Unanime l’appello degli esperti per una maggiore uniformità di trattamento fra tutti i centri, per rendere l’opportunità di una cura più efficace alla portata di tutti i pazienti. “La nostra azienda – conclude Giancarlo Parisi, general manager di Incyte in Italia – si impegna in progetti di supporto agli ospedali per l’adozione delle migliori tecniche di diagnostica genetica molecolare e in programmi di formazione per ematologi e personale sanitario. Tutte queste attività hanno l’obiettivo di garantire al paziente la migliore qualità di cura e assistenza possibile, promuovendo il suo coinvolgimento attivo in un percorso di cura consapevole e personalizzato e identificando il regime terapeutico più appropriato”.
In collaborazione con AdnKronos
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