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Ci affascinano con le loro parole, ma non sempre chi predica bene razzola altrettanto bene: sono molte le curiosità da sapere sugli scrittori famosi, stranezze e vizi raccolti in “Vite segrete dei grandi scrittori”, libro scritto da Robert Schnakenberg, illustrato da Mario Zucca e pubblicato per i tipi di Electa-Mondadori. Siete pronti a scoprire segreti inconfessabili di grandi firme come William Shakespeare ad Edgar Allan Poe, Ernest Hemingway a Lewis Carrol, passando per l’immancabile Oscar Wilde e l’insospettabile Louisa May Alcott?
Che gli scrittori non fossero certo dei santi lo si sapeva già, ma il libro “Vite segrete dei grandi scrittori” scritto da Robert Schnakenberg ci rivela curiosità e retroscena su alcuni dei più grandi scrittori di fama mondiale che possono farci leggere con occhi diversi i loro capolavori più noti. Ad ogni scrittore è dedicato un capitolo e una scheda con dati anagrafici, segno zodiacale, opere principali, stile letterario e citazioni, ma anche il racconto della sua vita, soprattutto per quanto riguarda lati oscuri e manie.
Prendiamo ad esempio Louisa May Alcott: la grandissima autrice conosciuta per il celeberrimo Piccole Donne, un classico per la letteratura dell’infanzia… era in realtà un’accanita fumatrice d’oppio; forse per consolarsi di un importante editore che le disse “Non sai scrivere“? Questo non lo sappiamo, ma è vero che nonostante Beth, Jo, Amy e Meg vogliano molto bene alla loro mamma, la nostra da piccola era una bambina molto indisciplinata (un po’ come Jo, d’altra parte), convintissima che nella sua vita precedente fosse stata un cavallo. Sicuramente sarebbe andata molto d’accordo con Jean-Paul Sarte, che (accanto al vizio della nicotina), volendo liberare la sua immaginazione, cominciò a fare uso di mescalina: nonostante la supervisione del medico, gli effetti furono assai spiacevoli – un giorno si convinse di essere inseguito da una mostruosa aragosta.
Se avete amato Jack Kerouac e la sua idea di libertà, preparatevi a rileggere con idee diverse i suoi capolavori: l’esponente più celebre della beat generation era un cattolico devoto che disprezzava gli hippies e guardava con favore alla guerra in Vietnam; vero è però che gli piaceva molto l’alcool. E a proposito di alcool, che Ernest Hemingway fosse fumantino nessuno si sogna di negarlo, ma l’uomo che decantava la virtù della pazienza nel celebre “Il vecchio e il mare” non prese proprio benissimo una cattiva recensione, tanto da stendere il critico che l’aveva stilata con una mossa di wrestling.
In questo libro non poteva mancare Oscar Wilde: forse pochi sanno che l’autore de L’importanza di chiamarsi Ernesto fu sconfitto nientemeno che da Bram Stoker nella conquista di Florence Balcombe (la quale, probabilmente, decise che era meglio un esperto di vampiri a un gay dichiarato) e che Il ritratto di Dorian Gray prende spunto forse dalla sua grande vanità: ossessionato dai capelli grigi, usò ogni tipo di tintura, colorazioni che però gli causarono svariate dermatiti.
E se il grande aforista inglese diceva “Una scrivania ordinata è sintomo di una mente malata“, chissà cosa avrebbe detto se avesse conosciuto Charles Dickens: il celeberrimo autore di Oliver Twist (famoso per rispettare le sue scadenze spesso scrivendo nell’anticamera del suo editore) era un maniaco dell’ordine, che non scriveva una riga se tavoli e sedie non erano come diceva lui e spazzolava i suoi (radi) capelli decine di volte al giorno. Assai superstizioso, toccava tutto tre volte come auspicio di buon augurio, e nel suo tempo libero praticava il mesmerismo (inteso come ipnosi).
Il mesmerismo è un tema ricorrente nelle opere di Edgar Allan Poe, e se vi siete mai chiesti come mai il grande autore americano sia diventato uno dei fondatori del genere horror, beh: spedito in collegio da piccolo, il nostro fu introdotto ai misteri della matematica imparando a fare i conti sulle lapidi di un cimitero (anno di morte-anno di nascita = età del sepolto), visto che il preside della scuola non voleva spendere soldi comprando i libri. Bonus: l’autore che ancora oggi terrorizza i suoi lettori aveva paura del buio.
A proposito di paure, James Joyce odiava a morte i cani e i tuoni e, in misura minore, i monumenti; amava però il sadomaso, tanto che in varie lettere spedite alla sua amante Nora Barnacle chiedeva di essere schiaffeggiato, picchiato e frustrato. In tema di amore, avevano il loro daffare anche Lord Byron, che a Venezia, in un anno, sedusse e portò a letto 250 donne (e un giovane di passaggio), e William Shakespeare: la moglie era già incinta di alcuni mesi il giorno del matrimonio (e pare non fosse l’unica ad aspettare un figlio dal Bardo); e chissà che non sia proprio a causa delle tante tresche che Shakespeare si firmò in almeno sei modi diversi, tra cui Shackper, Shakspear, Shakspea, Shackspere.
La palma d’oro in materia di tresche spetta però a Lev Tolstoij: discendente diretto di Gengis Khan, il grande autore russo regalò una prima notte di nozze indimenticabile alla moglie diciottenne, raccontandole le sue numerose esperienze sessuali e incoraggiandola a leggere i suoi diari privati. L’inventiva sessuale sembra invece mancare a Franz Kafka, dotato di scarsa sfrontatezza: vergognandosi del fisico emaciato e della scarsa muscolatura, frequentò alberghi termali per nudisti senza mai togliersi i pantaloncini; divenne maniaco delle diete, tra cui la Fletcherizing, per cui prima di ingoiare un boccone di cibo, devi masticarlo 45 volte.
Decisamente più gioioso T.S. Eliot, che amava i cuscinetti che spernacchiano quando uno ci si siede sopra e i sigari esplosivi; secondo quanto raccontato nel libro, una volta pose fine ad una riunione del consiglio di amministrazione della sua casa editrice buttando una manciata di mortaretti tra le gambe del direttore. Altrettanto eclettico Lewis Carroll, che nel tempo libero si dedicava a inventare e costruire gadget, tra cui una penna elettrica, un triciclo, un sistema mnemonico per ricordare nomi e appuntamenti; oltre a migliorare il backgammon, creò l’antenato del gioco di parole Scarabeo. Chi invece doveva godere di poca inventiva fu Jack London, accusato più volte di plagio (traeva spunto da fatti di cronaca e/o pagava persone perché lo aiutassero): nonostante questo – e nonostante fosse socialista in maniera radicale – guadagnò milioni di dollari con i suoi libri.
Chiudiamo come abbiamo cominciato, con le grandi autrici: se i romanzi di Virginia Woolf vi sembrano ostici, sappiate che l’autrice li scrisse perlopiù stando in piedi; indisciplinata come la Alcott, la nostra da piccola ebbe anche un litigio con lo scultore Auguste Rodin, che le rifilò uno schiaffo per aver osato svelare i pezzi non finiti che lo scultore aveva nascosto sotto un telo, vietandole di esaminarli. Decisamente meno gioiosa la vita delle sorelle Brontë: la casa in cui crebbero era circondata da tre cimiteri, e anche se viene descritta come “un posto tremendo, agghiacciante, letteralmente ricoperto di lapidi annerite dalla pioggia“, Charlotte, Emili e Ann la adoravano.
La storia più tragica di tutte resta però quella di Sylvia Plath, che aveva sì un quoziente intellettivo di 166, ma la prima volta che incontrò il futuro marito, Ted Hughes, era così agitata che lo morse a sangue sulla faccia. Ebbe difficoltà ad integrarsi a scuola e si suicidò nell’appartamento di Londra un tempo abitato da W.B.Yeats, il suo poeta preferito.
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