Perché nessuno ha fermato i fratelli Occhionero mentre spiavano politici e uomini delle istituzioni? Solo un errore di superficialità, da parte di chi stava indagando su questo scottante caso di cyberspionaggio? Il dubbio è lecito: possibile che Matteo Renzi, Mario Draghi e gli altri personaggi finiti nel mirino dell’ “occhio della piramide” non siano stati avvisati che qualcuno stava violando comunicazioni e informazioni private? A farne le spese, per ora, è Roberto Di Legami: il capo della polizia postale, il Cnaipic (il Centro nazionale anticrimine informatico della polizia postale), è stato rimosso dall’incarico dal capo della polizia Franco Gabrielli.
Giulio Occhionero, l’ingegnere nucleare accusato di aver spiato politici e istituzioni insieme alla sorella, era intercettato da marzo 2016. A gennaio l’Enav, uno degli enti spiati, aveva presentato denuncia dopo aver scoperto che i propri pc erano infetti. La polizia postale era dunque al corrente della loro presunta attività, eppure a giugno i due sarebbero riusciti comunque a violare i pc di Renzi, Draghi e gli altri, succhiandone informazioni riservate grazie al malware “Eye pyramid”. L’occhio della piramide, appunto. In ballo c’erano, secondo la procura, informazioni riservate inerenti la sicurezza nazionale. Dati sensibili che potrebbero mettere a rischio le istituzioni italiane se cadessero nelle mani sbagliate. Quelle a cui i fratelli avrebbero consegnato le informazioni rubate. Nonostante i rischi, nessuno ha avvertito i diretti interessati. Senza voler fare dietrologia e alimentare teorie complottiste (ci penserà la magistratura, in caso, a chiarire l’accaduto) ci sentiamo di condannare il modo in cui l’inchiesta è stata gestita.
Di Legami rimosso da capo della polizia postale
Una leggerezza costata il posto a Roberto Di Legami. Proprio colui da cui l’indagine è partita, è stato rimosso dall’incarico di capo della polizia postale, per aver sottovalutato la portata dell’inchiesta. La decisione è stata presa dal capo della polizia Gabrielli.
Il legale di Giulio Occhionero: “Aveva quei server solo per lavoro”
In attesa dell’interrogatorio di garanzia per i due imputati, ha parlato il legale di Giulio Occhionero. Stefano Parretta, prima di entrare nel carcere di Regina Coeli dove è in custodia il suo assistito, ha detto: “L’ho incontrato e oggi risponderà alle domande del gip, ha delle cose da chiarire, è una cosa ancora tutta da scrivere, al momento è solo un’ipotesi investigativa. Lui nega di aver fatto alcunché di illecito, aveva questi server all’estero per il suo lavoro, gli indirizzi che aveva sull’agenda sono indirizzi che possiamo avere tutti noi sul computer. Nega di aver fatto un’attività di spionaggio, i server all’estero li aveva per lavoro”.
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