Questa settimana la nostra rubrica dedicata ai dubbi che la grammatica italiana ci impone si rivolge ad un argomento assai ostico, scarsamente studiato a scuola: la malefica d eufonica. Che cos è? Detto semplicemente è una delle cose che più si sbagliano in uno scritto: è quella piccola e (apparentemente) innocente ‘d’ che si mette fra due vocali per migliorare il suono e la musicalità della frase. Un esempio potrebbe essere ‘Ad Anzio’ o ancora ‘Gigi ed Esther’: provate a ripeterle ad alta voce senza la d eufonica, suonano malissimo. Sembra facile, vero? Peccato che la metà delle volte in cui usi la d eufonica ti viene segnata come errore, ma perché questo?
Semplice: per quanto nella lingua italiana l’uso della d eufonica sia attestato per evitare cacofonie, non ci sono delle regole precise di utilizzo, per cui ognuno di noi tende a seguire quelle che più ci convincono. Se per esempio senti il tuo insegnante, e ti dirà una cosa, poi vai sul sito dell’Accademia della Crusca ed ecco che usano altre regole. Cominciamo a vederne qualcuna.
Abbiamo capito che la d eufonica serve per evitare l’incontro fra due vocali che può risultare spiacevole: peccato che a causa dei cambiamenti sopravvenuti nella lingua italiana, si sia un po’ persa l’abitudine di utilizzare questa forma, per cui codificare delle regole precise è impossibile. Molto infatti dipende dalle abitudini di chi parla e di chi scrive: la d eufonica finisce così per il diventare il marchio di stile di quella persona.
Diciamo che la regola base per l’utilizzo della d eufonica è quella di usarla quando c’è un incontro fra vocali simili o nelle frasi fatte come ‘ad esempio’: qui le vocali sono diverse, ma ormai la locuzione è entrata nel lessico comune con questa forma. Un appunto: non si usa la d eufonica di fronte alle parole straniere che iniziano con l’H aspirata.
Il consiglio, tuttavia, anche in frasi che presentino parecchie parole consecutive che iniziano con la stessa vocale, è quello di non esagerare con l’uso della d eufonica: se ne metto troppe nella stessa proposizione, rischio di diventare ridondante e ridicola. In pratica usatela solo quando effettivamente migliora il suono della frase oppure nelle locuzioni fisse, che vi riportiamo:
- ad esempio
- ad eccezione di
- dare ad intendere
- tu ed io