Russia e Bielorussia festeggiano oggi, 2 aprile, la giornata dell’unità, in ricordo di quando in presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha firmato, con l’allora, capo di Stato russo Boris Eltsin un trattato nel 1996, che annunciava la formazione di uno Stato dell’Unione, tra i due Paesi confinanti. Nonostante la pressione internazionale che aleggia in questo periodo sull’avvicinamento, sempre maggiore, tra Minsk e Mosca le due Nazioni si mostrano in un’alleanza profonda, che vedrà anche il dispiegamento di armi nucleari russe in territorio bielorusso e le fondamenta su cui si reggono le relazioni bilaterali tra Putin e Lukashenko sono chiaramente indissolubili e vanno oltre a sanzioni e raccomandazioni occidentali.
L’alleanza tra Bielorussia e Russia è stata fondamentale anche all’interno del contesto del conflitto in Ucraina, dato che Mosca ha utilizzato il territorio di Lukashenko per fare il suo ingresso in territorio ucraino e sferrare la sua offensiva, che ha dato l’inizio all’operazione militare speciale in Ucraina russa. Il leader le Minsk è stato contestato per il suo sostegno nei confronti di un leader del Cremlino ma, anche, per aver violato continuamente i diritti umani e anche di aver una condotta dittatoriale e limitante avvicinandosi a chi non ha scrupoli nel devastare una popolazione costantemente con attacchi feroci.
La loro alleanza va oltre e la radice che lega Putin e Lukashenko risiede in avvenimenti del passato che hanno lasciato segni profondi e indelebili.
La giornata di domenica 2 Aprile segna un momento importante tra Bielorussia e Russia, che ricordano l’accordo intrapreso nel 1996 ovvero quando si sono unite in un’alleanza che perdura fino ad oggi. Nonostante alcune proposte che vennero avanzate allora non sono in realtà mai state attuate, come per esempio una moneta unica, la cooperazione e in realtà sempre più profonda e concreta e l’appoggio reciproco è ben evidente, anche a causa del conflitto in Ucraina, che ha rivelato il rapporto profondo e stretto tra Minsk e Mosca.
Lukashenko e il suo governo sembravano interessati a mantenere, a differenza della Russia, rapporti con l’Occidente ma nel 2020 le cose hanno preso una direzione differente e e questo è avvenuto nel momento in cui Mosca ha deciso di andare in soccorso del capo di Stato della Bielorussia, che era nel bel mezzo di proteste antigovernative enormi che non riusciva a contenere in quel preciso istante.
In suo aiuto è arrivato Putin che ha dispiegato le proprie truppe per cercare di placare la rivolta popolare e reprimere il malcontento popolare, ma alla fine nonostante Mosca avesse deciso di inviare le proprie truppe, non è stata coinvolta e la situazione è tornata a normalizzarsi senza aiuto russo, ma l’impegno che aveva preso, reale e concreto, con Putin ha segnato un passaggio decisivo tra Minsk e il Cremlino.
Poi è inevitabile osservare come nell’ultimo anno mentre Mosca ha deciso di invadere l’Ucraina e usurparne territori Lukashenko ha, chiaramente, fiancheggiato il leader russo e la riprova della loro unione sta nel fatto che Bielorussia ha deciso di concedere il proprio territorio a Putin anche per collocare armi nucleari tattiche da dispiegare eventualmente e se necessario nel conflitto.
La bielorussia è diventata indipendente con il crollo dell’unione sovietica nel 1991 ed è un territorio che non ha sbocco sul mare ed è stretto tra Russia, Ucraina, Lituania e Polonia.
Soltanto tre anni dopo Alexander Lukashenko, deputato sovietico e riformista, è salito al potere. Il suo mandato è stato senza dubbio un ritorno al clima sovietico, dove la Bielorussia ha mantenuto appositamente un’economia incentrata alla collaborazione con Mosca, creando una sorta di clima dittatoriale. Per questo suo atteggiamento Lukashenko è stato a lungo soprannominato l’ultimo dittatore d’Europa e sta guidando la Bielorussia da quasi trent’anni ininterrottamente.
Si tratta di un mandato storico che mostra Lukashenko come un uomo austero e capace di mantenere la sovranità e il proprio potere ma, negli ultimi anni, a seguito della guerra in Ucraina oltre che aver rafforzato l’unione con Mosca ha deciso di staccarsi dai legami intrapresi coi paesi occidentali. Dall momento in cui ha concesso il suo territorio per attuare l’invasione in Ucraina, permettendo all’esercito russo di attraversare il confine e iniziare l’operazione speciale militare.
Lukashenko ha costruito il suo potere attorno ad un clima dittatoriale privando piano piano i cittadini della propria libertà e soprattutto della libertà di espressione e di parola ma,anche, il diritto di esprimere le proprie opinioni in politica.
Alessia Rudnick ha ricercatrice bielorussa ha specificato l’emittente Al Jazeera che: “Lukashenko ha costruito il suo regime attraverso la paura e la repressione contro i dissidenti, privando gradualmente i cittadini della libertà di parola e del diritto di esprimere opinioni politiche. Tuttavia, la più grande ondata di repressione è iniziata dopo le proteste su larga scala nel 2020″.
Le elezioni, che si sono tenute tre anni fa, hanno dichiarato vincitore con 80% dei voti popolari Lukashenko ha scatenato proteste popolari importanti, dato che la maggioranza emersa è stata contestata dall’opposizione che riteneva improbabile un tale risultato.
Sono emerse numerose segnalazioni di violazioni dei diritti umani durante le proteste e sono emersi moltissimi casi di tortura da parte delle forze di sicurezza bielorusse nei confronti dei manifestanti.
Nonostante il rapporto tra Minsk e Mosca sia ora molto stretto Lukashenko non è sempre stato d’accordo con il leader del Cremlino.
Il leader bielorusso ha però respinto immediatamente le accuse pervenute dall’europa riguardo alla violazione dei diritti primari e a invece incoraggiato il sostenuto il presidente russo Putin in maniera sempre più profonda.
Prima delle proteste del 2020 il leader via il loro solo cachettico ha tentato di mantenere il più possibile un equilibrio tra Russia e Occidente e secondo la ricercatrice bielorussa Rudnick ha previsto: “La finestra occidentale è stata completamente chiusa per ora e la posizione nei confronti della Russia si è spostata nella direzione di considerare il regime [russo] come il garante della stabilità di Lukashenko”.
Ha precisato che: “Sebbene la politica estera di Minsk segua generalmente l’esempio di Mosca, Lukashenko aveva cercato di mantenere aperte le sue opzioni anche con l’Occidente. Aveva invitato osservatori occidentali a esercitazioni militari tenutesi con la Russia e aveva introdotto l’esenzione dal visto per i cittadini occidentali.”
Poi però a precisato anche che nel 2019 sono sopravvenuti rapporti molto più stretti anche con la NATO, ma nel 2021 a seguito delle proteste ha affermato di essere al fianco di Mosca per quanto riguarda la questione della Crimea, la penisola che Mosca ha annesso all’ucraino nel 2014 e lo ha riconosciuto come territorio russo.
Kulakevich, accademica bielorussa dell’Università della Florida, ha precisato in merito che: “Lukashenko ha firmato un accordo con il presidente russo Boris Eltsin per creare un’unione politica ed economica tra i due paesi“.
Spiegando inoltre che: “L’accordo non è mai stato pienamente attuato. Tuttavia, l’integrazione della Bielorussia con la Russia si è notevolmente approfondita dal 2020, quando il presidente russo Vladimir Putin ha promesso assistenza per aiutare la dura repressione delle proteste elettorali su larga scala in Bielorussia.”
Secondo l’accademica un punto di svolta nel far scegliere Mosca piuttosto che l’occidente va ricercato in due fattori essenziali, il primo è quello di aver accettato l’assistenza russa e, pertanto, il suo essere in debito con Putin è ben evidente e come secondo punto focale emerge il dissapore con la leader dell’opposizione Sviatlan Tsikhanouskaya, che notoriamente chiede sostegno alle Nazioni Europee, per contrastare il capo di Stato Lukashenko e proprio per questo il Cremlino e Minsk si stringono sempre di più.
Il progetto union state che non è stato realizzato integralmente aveva però alcuni vantaggi come ad esempio l’unione doganale che equivale a deludere quindi le sanzioni occidentali importando merci come il formaggio italiano e rispedendolo in russia Come parmigiano bielorusso.
A seguito delle proteste il processo dello Stato dell’Unione ha ovviamente subito un’accelerazione così da vedere salda la sua posizione anche con l’aiuto dell’alleato Putin.
Va precisato che nel periodo precedente l’inizio del conflitto in Ucraina iniziato con l’invasione dell’esercito russo dal territorio bielorusso, le autorità di Minsk avevano dispiegato decine di migliaia di truppe, spiegando la questione ufficialmente come esercitazioni di addestramento. Qualcosa che ha compromesso il rapporto con l’occidente che rimane in essere nonostante tutto ma vede un repentino raffreddamento dei rapporti d’acqua il legame che non è di certo nascosto tra il capo del Cremlino e Lukashenko.
La dottrina militare russa ufficiale prevede che, come all’interno della NATO, se un membro dell’alleanza viene attaccato è previsto l’attacco anche dell’alleato in risposta. Non soltanto la difesa della nazione amica ma anche il contrattacco nei confronti del nemico.
Nonostante la Bielorussia non abbia preso parte attivamente all’invasione, è stata la base di partenza per poter attaccare il territorio ucraino e sono emerse moltissime segnalazioni di lanci di razzi, avvenuti direttamente dal territorio bielorusso eh anche i feriti vengono curati negli ospedali del paese. Questo ha decretato risposta da parte dell’Unione Europea che ha deciso di sanzionare Minsk e di escluderla sostanzialmente dall’economia europea.
Lukashenko però nelle ultime settimane, ha spesso precisato che i suoi soldati e quindi le truppe bielorusse non si schiereranno mai nella mischia in questo conflitto.
Kulakevich ha detto in merito che: “La Bielorussia non può risparmiare le truppe. La maggior parte delle truppe che prestano servizio nell’esercito bielorusso sono coscritti che svolgono il servizio militare obbligatorio. Inoltre, qualsiasi truppa bielorussa inviata in Ucraina farebbe affidamento sull’infrastruttura di comando russa [e] perdere il controllo non è nell’interesse di Lukashenko”.
Per quanto riguarda il supporto al Cremlino la Bielorussia può contraccambiare in diversi modi e soprattutto attuando strategie che possono facilitare gli attacchi contro l’Ucraina. La recente questione di permettere lo stoccaggio sul proprio territorio di armi nucleari tattiche russe è qualcosa che ha peggiorato la tensione già presente, rischia di compromettere completamente i rapporti di Lukashenko con l’Occidente.
A Febbraio è stato effettuato un rosa random che è e stato additato immediatamente come non veritiero e falso che ha decretato l’abbandono dell’ampliamento nucleare, come da votazione emersa, prendendo così un capitolo quello dello sviluppo nucleare fino a questo momento che uso.
La scelta di Putin di scegliere la Bielorussia per le proprie testate nucleari è stata una risposta alla decisione del Regno Unito di fornire all’esercito russo proiettili contenenti uranio impoverito e, pertanto, il Cremlino ha immediatamente colto l’occasione di abbinare alle nazioni occidentali il suo arsenale nucleare.
Danila Lavretski, segretaria generale del Movimento di opposizione Youth Bloc Belarus, ha precisato: “Naturalmente, la Russia ha un’enorme influenza sulle autorità e sulla società bielorusse. L’integrazione politica nel quadro del cosiddetto ‘Stato dell’Unione’ contraddice direttamente la costituzione bielorussa e, insieme ad [altri] fattori, può portare a una situazione in cui l’indipendenza della Bielorussia rimarrà solo nominale”.
Sottolineando che: “Alla Bielorussia manca il tipo di nazionalismo che ha caratterizzato gran parte della storia recente dell’Ucraina. Il regime di Lukashenko non solo ha sistematicamente distrutto le istituzioni democratiche, ma ha anche contribuito al declino dell’identità bielorussa.”
Affermando poi: “Dal 1994 il numero delle scuole di lingua bielorussa è diminuito, la lingua russa è stata adottata come seconda lingua di stato e il precedente simbolo di stato, la bandiera bianca e rossa, è stato sostituito da quello sovietico e invece è diventato un simbolo dell’opposizione. Come in Russia, anche un certo numero di bielorussi ha protestato contro la guerra in Ucraina. Ci sono stati 800 arresti la notte del 27 febbraio dello scorso anno, durante manifestazioni di solidarietà con l’Ucraina.”
La leader ha sostenuto che c’è un consenso generale nel popolo bielorusso che sottolinea il rifiuto ad una guerra in generale, ma a maggior ragione ad una guerra con l’esercito bielorusso coinvolto.
Anche se fino a poco tempo fa la maggior parte dei Bielorussia sempre manifestato una posizione favorevole nei confronti della guerra e pensasse ancora bene della Russia la società è diventata ora più polarizzata e molte cittadini vedono in questo momento il capo di Stato Lukashenko come il burattino di Putin.
La ricercatrice rudnick ha precisato in merito che: “Prendendo di mira la sua stessa popolazione dopo il 2020, Lukashenko si è sparato a un piede e non ha più influenza su Putin poiché rimane il suo unico stretto e forte alleato politico”.
Stando a quanto riferito dagli esperti locali la popolazione Bielorussia vede imposto un regime non condiviso completamente, che è sempre più vicino alla politica e alla filosofia di Mosca, senza tener conto di ciò che realmente vogliono i cittadini ma seguendo scrupolosamente le indicazioni di chi ha permesso al capo di Stato di rimanere al potere ma che ora pretende obbedienza ed osservanza completa.
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