Da Lampedusa al campo di calcio: la storia di Sulayman Jallow

Jallow, dal barcone al campo di calcio

A volte i sogni possono diventare realtà. Questa è la storia di Sulayman Jallow che è riuscito a diventare un calciatore professionista e adesso è in forza all’Ascoli. Il giovane ragazzo africano, nato nel Gambia, 19enne, è scappato dal suo paese ed è sbarcato a Lampedusa, dopo uno dei viaggi massacranti che dalla Libia, paese di partenza dei “barcone dell’orrore”, porta all’Italia, sinonimo di libertà, di sogno, di democrazia e di fortuna.

Jallow è arrivato in Italia che non era nemmeno maggiorenne, aveva solo 17 anni e ha lasciato il suo paese di origine solo per cercare di realizzare il sogno che tutti da bambini abbiamo, almeno una volta, desiderato, diventare un calciatore professionista. Il coraggio, di certo, non manca al giovane africano che ha perso la madre all’età di 7 anni ed è partito dal Gambia lasciando suo padre ma sperando, un giorno, di poterlo riabbracciare.

Il talento del ragazzo è subito evidente e sotto gli occhi di tutti a Lampedusa. I primi calci, su veri campi ed impianti sportivi, li calcia in Molise, vestendo le maglie di Riccia, in Eccellenza, e Olimpia Agnonese (44 gol in 22 presenze, mica male, una media di 2 reti a partita), in Serie D. Il salto di qualità è arrivato presto con la chiamata, a gennaio di quest’anno, all’Ascoli, nella Primavera della squadra bianconera che lo ha voluto fortemente come fuoriquota.

Il vero calcio per lui è appena cominciato ma il viaggio che ha fatto, non solo geografico o fisico ma soprattutto sul piano emotivo e personale, per arrivare fino a questo momento, sicuramente, non se lo scorderà mai e sarò proprio questa voglia, quella che lo ha portato fino a qui, che permetterà al giovane africano di dare sempre il massimo.

Le parole dell’allenatore dell’Agognese, mister Mobilia, parlano di un ragazzo pieno di doti, soprattutto atletiche ma anche tecniche. Un ragazzo che conosce il sacrificio e la pazienza e apprezza le piccole cose. Sulayman Jallow, come molti migranti, ha vissuto, almeno all’inizio, in una casa-famiglia di S.Croce del Sannio, per poi essere ospitato a casa da alcuni amici e poi anche da mister Mobilia.

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