A Bruxelles da ieri, giorno in cui ha incontrato gli eurodeputati del Partito democratico, Elly Schlein, oggi, dopo l’incontro con la presidentessa del Parlamento europeo, Roberta Metsola, non ha mancato di lanciare delle frecciatine alla nostra premier, Giorgia Meloni. L’appuntamento con la maltese, infatti, non era solo un modo per ribadire la posizione dei dem, e quella della segretaria specialmente, sulla guerra in Ucraina, ma anche per lavorare in vista delle prossime europee, per cui vorrebbe scongiurare un patto tra il Partito popolare europee e i Conservatori di cui la leader di Fratelli d’Italia è stata nominata nuovamente presidentessa.
Al di là delle questioni europee, che hanno mirato, per Schlein, anche a colpire i nazionalismi come quello di Victor Orban in Ungheria, la segretaria del Pd si è concentrata anche su quello che è successo in Italia, e in particolare ha criticato la presidentessa del Consiglio per aver scelto di nominare un tecnico come Francesco Paolo Figliuolo come commissario alla ricostruzione in Emilia Romagna, non tenendo conto “della filiera regionale“, o per non aver ancora ratificato il Mes, per non parlare, poi, della questione della gestione dei migranti. Davanti ai cronisti, però, la deputata dei dem ha parlato anche di una possibile convergenza con gli altri schieramenti delle opposizioni sul salario minimo, uno dei suoi principali cavalli di battaglia, anche questo in ottica anti centrodestra.
La missione di Elly Schlein a Bruxelles, in Europa, è completa a metà. La segretaria del Partito democratico, arrivata in Belgio ieri per lavorare in vista delle europee del prossimo anno, a giugno, ha iniziato il tour incontrando la delegazione degli eurodeputati dem al Parlamento europeo, ma è oggi (e anche domani) che la leader del Nazareno ha avuto e avrà gli incontri più proficui, il primo quello con la presidentessa dell’Eurocamera, Roberta Metsola.
Iniziato con qualche minuto di ritardo (giustificato) sulla tabella di marcia, il vertice tra Schlein e la popolare maltese è anche durato più del previsto, hanno fatto sapere da Repubblica, e più di un motivo c’è. La segretaria, infatti, ha tenuto a precisare e ribadire ancora una volta qual è la posizione del suo schieramento in merito alla guerra in Ucraina, e quindi massimo sostegno alla causa del presidente Volodymyr Zelensky, ma dall’Europa si deve fare qualcosa di più come diplomazia per arrivare quanto prima alla pace, ma ha anche (e forse soprattutto) tentato di spiegare perché un’alleanza tra il Partito popolare europeo e i Conservatori, di cui la nostra premier, Giorgia Meloni, è presidentessa (ancora), non sarebbe cosa buona e giusta. Per il Pd, certo, che mira a un ruolo di primo piano nel Partito socialista europeo, ma anche per la stessa Unione europea.
Che l’obiettivo sia quello, dopo tutto, lo si è intuito subito dopo quando la deputata italo americana è uscita dal colloquio e ha iniziato ad attaccare i nazionalismi, mettendo in mezzo persino Vladimir Putin. “Siamo qui per costruire la visione che porteremo alle europee, dal lavoro al sostegno all’Ucraina – ha iniziato Schlein -. I nazionalismi hanno sempre portato le guerre. Ecco, il tema del nazionalismo sia di monito a un’Unione europea dove è importante che prevalga l’integrazione“. E poi ancora: “I nazionalismi vanno fermati, anche in Europa“.
La freccia scoccata da Schlein non era tesa solo contro Meloni, però, perché il riferimento era a tutta la destra, quella vera, europea, e quindi anche al premier ungherese, Victor Orban, e ai polacchi, che con la leader di Fratelli d’Italia sono alleati. Non è un caso, infatti, che dopo abbia parlato dei migranti, per cui, ha detto, “si possono chiedere i ricollocamenti anche votando con una maggioranza qualificata in Ue, la solidarietà volontaria, l’abbiamo visto, non ha funzionato. La Tunisia non è la soluzione“.
Peccato che sia solo un passaggio, e ci è tornato dopo a parlare della premier, quando si è concentrata soprattutto sull’orticello di casa nostra. La nomina di Francesco Paolo Figliuolo a commissario per la ricostruzione dell’Emilia Romagna sancita ieri in Consiglio dei ministri, per esempio, alla segretaria del Partito democratico non è piaciuta: “Lo giudicheremo sul lavoro, ma è una scelta politica sbagliata non tenere conto della filiera regionale“, ha detto, ma Schlein non ha risparmiato colpi neanche sulla ratifica del Mes, di cui Meloni ha parlato anche oggi ai due rami del Parlamento, e di cui lei invece parlerà nell’incontro con il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, anche lui dei dem.
“Il governo – ha spiegato la numero uno del Nazareno – blocca venti Paesi per ragioni ideologiche e per non dire la verità agli italiani. E cioè che ratificare il Mes non vuol dire chiederne l’attivazione. È da irresponsabili, Meloni ci sta mettendo in imbarazzo davanti agli interlocutori internazionali“. E a proposito di imbarazzo, non devono esserle piaciute neanche le esternazioni dei membri dell’esecutivo contro la presidentessa della Banca centrale europea, Christine Lagarde, per l’ulteriore aumento dei tassi di interesse. Neanche lei è d’accordo, e lo ha spiegato “anche a Rapallo dai giovani di Confindustria. Ma è curioso che questo governo campione di scaricabarile se la prenda con la Bce anziché fare tutto il necessario per sostenere le imprese e ridare potere di acquisto alle persone“.
D’altronde, ha quasi concluso, l’assist su questo glielo avevano servito dalle opposizioni con la proposta sul salario minimo che Meloni ha deciso di declinare. Proprio su quello, però, si potrebbe costruire un fronte unito con gli altri schieramenti che non appoggiano l’esecutivo, e quindi con il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte, l’alleanza Verdi e Sinistra di Angelo Bonelli, Eleonora Evi e Nicola Fratoianni, ma soprattutto con Azione di Carlo Calenda, incontrato ieri in ascensore: “Le convergenze – ha ripetuto Schlein – si possono trovare sui temi, non credo in formule astratte e in alleanze costruite in piccole stanze“. Ovunque sia, però, possono essere il modo, anche in Europa, per mettere davvero un freno a quei nazionalismi, avendo anche la possibilità di dare risposte diverse a delle domande a cui Meloni, per lei, non sta rispondendo nella maniera giusta.
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