Sta scattando l’ora x, e Giorgia Meloni lo sa. Domani sarà il giorno dell’insediamento della diciannovesima legislatura, quello in cui novelli parlamentari e veterani esprimeranno per la prima volta un voto: quello per le presidenze di Camera e Senato. Un dente che duole nella maggioranza di governo, ma non l’unico.
Perché se è vero che tra Fratelli d’Italia e Lega (forse) è arrivato un compromesso su chi, nei prossimi cinque anni, debba presiedere Palazzo Madama dopo giorni di braccio di ferro, è altrettanto vero che il tira e molla per le collocazioni nei vari ministeri ancora si deve del tutto appianare. Una sintesi è stata trovata per il Mef, con Giancarlo Giorgetti pronto a succedere a Daniele Franco, ma ci sono anche gli altri dicasteri di Serie A che ancora sono scoperti. Ed è proprio lì che si gioca la partita tra gli alleati del centrodestra.
Per esempio, alla Giustizia, Giorgia Meloni, futura e prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, potrebbe accettare Maria Elisabetta Alberti Casellati. L’ex presidentessa del Senato (anche lei la prima donna nel ruolo) presenta dei vantaggi, sia per Silvio Berlusconi e sia per la leader di Fratelli d’Italia.
Per quanto riguarda l’ultima, pur preferendo Carlo Nordio come Guardasigilli, si potrebbe far andare bene anche la forzista, che è competente in materia – è un’avvocata -, piace anche a Giulio Tremonti e potrebbe far chiudere la partita con il Cavaliere (o forse no). Per l’ex premier, invece, Casellati oltre a rappresentare l’opportunità di esprimere due ministri di peso (il secondo è Antonio Tajani alla Farnesina), sarebbe perfetta per mettere mano a quella riforma Severino che l’ha inibito, da condannato, dalle cariche pubbliche per cinque anni.
In realtà, però, l’ex seconda carica dello Stato potrebbe non bastare al presidente di Forza Italia, che da giorni preme affinché Licia Ronzulli abbia un posto nel Consiglio dei ministri. Della Salute non se ne parla, ma una soluzione si deve trovare perché per Berlusconi è importante che i suoi fedelissimi, compresa Anna Maria Bernini che dovrebbe andare all’Istruzione, siano parte integrante dell’esecutivo. L’obiettivo è quello di evitare quanto successo nel governo di Mario Draghi con gli esponenti azzurri, Mara Carfagna, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, che sono diventati quasi dei cani sciolti (e infatti le due ministre sono passate con Azione dopo la caduta dell’ex presidente della Banca centrale europea).
Ma se la situazione di Meloni con il leader di Forza Italia è tesa, non vanno meglio le cose con la Lega. Trovato una sorta di compromesso per il ministero dell’Economia e delle Finanze, con Giancarlo Giorgetti, vicesegretario del Carroccio e quasi un nemico interno di Matteo Salvini, pronto a raccogliere il testimone di Daniele Franco, la questione delle presidenze delle due Camere rimane ancora uno scoglio.
Da una parte, c’è Fratelli d’Italia che non intende cedere su Ignazio La Russa come candidato alla presidenza di Palazzo Madama, dall’altra c’è un Roberto Calderoli che quasi scalpita per andare a occupare la casella che farebbe di lui l’uomo più importante d’Italia dopo Sergio Mattarella.
Come già detto, e com’è noto, domani ci sarà la prima riunione del Parlamento, e trovare una soluzione prima sarebbe auspicabile anche in vista del futuro dell’esecutivo stesso, che altrimenti partirebbe azzoppato. A tal proposito, però, Giovanbattista Fazzolari, che probabilmente diventerà il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed è uno degli uomini di Meloni, ha annunciato che c’è un accordo.
Ma non è solo questo, per quanto fondamentale, a cui deve pensare la premier in pectore. Se via XX settembre, come pare, andrà all’ex ministro dello Sviluppo economico – anche per i no che la stessa Meloni ha ricevuto da quei tecnici tanto corteggiati come Fabio Panetta -, una collocazione di rilievo la vuole anche il Capitano. In pratica è come se il leader della Lega nell’accettare che uno dei suoi, per modo di dire sì, vada al Mef, pretendesse anche un casella di peso anche per sé.
Un ritorno in grande stile al Viminale è praticamente quasi escluso. Ma se l’idea che ci possa andare Matteo Piantedosi, già suo capo di gabinetto nell’esperienza agli Interni, può anche stargli bene, che venga estromesso del tutto dall’esecutivo non è neanche un’eventualità. E quindi quei ministeri su cui avevano buttato gli occhi nel Consiglio federale di qualche giorno fa potrebbero essere un compromesso accettabile per mettere fine al braccio di ferro.
Dalle Infrastrutture potrebbe continuare la sua propaganda anti-sbarchi attraverso la Guardia costiera, e sarebbe ottimo considerata l’impennata di consensi che aveva fatto registrare all’epoca del governo gialloverde; l’Agricoltura sarebbe un ripiego non da poco dato che, invece, ora le percentuali sono nettamente al ribasso; dalle Riforme, ancora, si potrebbe finalmente mettere mano alla Costituzione per realizzare il sogno dei governatori del Carroccio che vogliono l’autonomia.
Il quadro aggiornato è questo. Nelle prossime ore sicuramente ci saranno nuovi sviluppi, è infatti previsto l’ennesimo vertice tra i tre leader della maggioranza, come ha annunciato Meloni, che a parole è ottimista, nei fatti chissà. Intanto ha ricordato che, se e quando riceverà l’incarico, non perderà un minuto.
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