Ucraina e Russia proseguono il conflitto e continuano a emergere accuse reciproche e ipotesi sulla morte del capo mercenario Prigozhin. Ancora un episodio di tensione nei cieli della capitale Mosca. Nella notte, i sistemi missilistici di difesa aerea dislocati nell’area metropolitana della città russa hanno intercettato e distrutto un drone ucraino in volo sulla capitale.
A renderlo noto in mattinata il sindaco Sergei Sobyanin, specificando che l’ordigno è stato colpito e fatto precipitare in una zona disabitata senza provocare danni.
L’abbattimento del velivolo senza pilota segna l’ennesimo attacco al cuore della Russia, già bersaglio nei mesi scorsi di diversi raid condotti con droni di fabbricazione ucraina. Le autorità hanno intensificato i pattugliamenti dei cieli di Mosca e dintorni, schierando batterie missilistiche nei punti strategici. La capitale finora è rimasta indenne, ma la preoccupazione sale dopo i recenti attacchi alle basi aeree russe condotte con droni con testate esplosive. Il Cremlino ha definito “atti terroristici” le offensive condotte presumibilmente dalle forze di Kiev, promettendo rappresaglie.
Nuovo allarme raid aereo nella capitale russa dopo che l’Ucraina ha ripreso gli attacchi con droni. Nella mattinata di sabato, in seguito al lancio di diversi droni ucraini diretti verso obiettivi sensibili, le autorità di Mosca sono state costrette a chiudere temporaneamente i tre principali aeroporti cittadini ovvero Sheremetyevo, Domodedovo e Vnukovo.
Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa russe, i voli in arrivo e in partenza dagli scali della capitale sono stati sospesi per motivi di sicurezza. Non è la prima volta che succede, analoghi stop erano stati imposti martedì, mercoledì e venerdì della scorsa settimana sempre in seguito ad avvistamenti di droni nemici nei cieli moscoviti.
L’Ucraina non ha rivendicato ufficialmente la responsabilità di questi attacchi aerei, ma secondo il Ministero della Difesa russo si tratterebbe di ordigni di fabbricazione ucraina. Venerdì i sistemi russi avrebbero intercettato e abbattuto nove droni ucraini diretti verso la Crimea, respingendone altri 33 con contromisure elettroniche. Cresce la preoccupazione a Mosca per la recrudescenza di questo tipo di attacchi mirati.
Dopo allarme raid aereo nella capitale russa, con gli aeroporti temporaneamente chiusi in seguito al lancio di droni ucraini. Una strategia, quella dei velivoli senza pilota, utilizzata più volte da Kiev per colpire obiettivi sensibili in territorio russo, suscitando l’ira del Cremlino, che a sua volta ha impiegato un enorme fornitura di droni provenienti dall’Iran nel conflitto in territorio ucraino.
Venerdì diversi droni ucraini hanno preso di mira la Crimea, penisola annessa alla Russia nel 2014. Un affronto che Mosca non ha gradito, promettendo rappresaglie e definendo tali azioni come “atti terroristici” che non resteranno impuniti. La tensione sale, con il governo russo deciso a reagire duramente agli attacchi portati avanti dall’Ucraina con l’utilizzo di droni.
Kiev non rivendica ufficialmente la paternità di queste operazioni, ma sembra voler sfruttare le vulnerabilità dell’apparato difensivo di Mosca, colpendo siti strategici e creando allarme nella capitale russa. Una provocazione ritenuta inaccettabile dal Cremlino, che minaccia ritorsioni.
Non si placano le ipotesi sulla morte di Evgheni Prigozhin, il controverso uomo d’affari russo fondatore del gruppo Wagner, l’esercito privato impiegato da Mosca in Ucraina. Un decesso avvolto nel mistero, con diverse teorie sulle cause, che continua ad agitare gli ambienti del Cremlino.
In questo scenario di voci e illazioni, è intervenuto il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, storico alleato di Putin. Secondo il leader bielorusso, Prigozhin sarebbe morto per cause naturali, stroncato da un infarto, e non per mano di agenti ucraini come ipotizzato da alcuni.
Parole, quelle di Lukashenko, che gettano ulteriore benzina sul fuoco, alimentando il dibattito sulla figura di Prigozhin e sull’alone di mistero attorno alla sua scomparsa. Il Cremlino non ha ancora commentato ufficialmente, mentre cresce l’attesa di una versione definitiva da parte delle autorità russe.
L’Ucraina focalizza i propri radar sulla prima linea del fronte, per tracciare i movimenti degli aerei nemici nelle zone calde del conflitto. Lo ha dichiarato il portavoce dell’aeronautica militare Yuriy Ignat, spiegando che non è possibile monitorare i decolli dei caccia MiG russi dalle basi nelle retrovie, a centinaia di chilometri dal confine.
Ignant ha riferito: “Con le nostre stazioni radar non riusciamo a rilevare i MiG in volo sul territorio russo pertanto riceviamo informazioni sui decolli e sulla presenza di velivoli carichi di missili dai nostri partner internazionali”.
Proprio sulla cooperazione in materia di difesa si sono confrontati i presidenti di Lituania e Polonia, Nauseda e Duda, focalizzati sul rafforzamento della sicurezza regionale dopo l’incidente in cui ha perso la vita il capo mercenario russo Prigozhin. Obiettivo implementare quanto stabilito con la NATO nel vertice di Vilnius.
Infine, il ministro degli Esteri turco volerà a Mosca all’inizio di settembre per discutere dell’accordo sul grano, del gas e ovviamente del conflitto ucraino. Un viaggio fondamentale per sondare la posizione russa sui dossier più delicati.
Non si placano le ipotesi sulla morte di Prigozhin, il controverso uomo d’affari russo fondatore del gruppo Wagner, l’esercito privato impiegato da Mosca in Ucraina. Un decesso avvolto nel mistero, con diverse teorie sulle cause, che continua ad agitare gli ambienti del Cremlino.
Non accennano a placarsi le polemiche sulla morte di Prigozhin, con il presidente bielorusso Lukashenko che rilancia pesanti accuse. Stando alle parole del leader, il controverso fondatore del gruppo Wagner sarebbe stato più volte avvertito di possibili minacce alla sua vita, senza però dare ascolto agli allarmi.
Già durante la rivolta dei mercenari Wagner in Bielorussia lo scorso giugno, Lukashenko avrebbe messo in guardia Prigozhin dal rischiare la vita marciando su Mosca. Questi avrebbe risposto sprezzante “Al diavolo, morirò”.
In un secondo incontro con Prigozhin e il suo braccio destro Dmitry Utkin, entrambi poi deceduti nell’incidente aereo, il presidente bielorusso li avrebbe nuovamente esortati a stare attenti.
Accuse pesanti quelle di Lukashenko, che gettano ombre su quanto accaduto. Il leader bielorusso punta il dito contro presunte minacce alla vita di Prigozhin, forse interne agli ambienti del Cremlino, rimaste inascoltate dal discusso capo mercenario. Il giallo s’infittisce, mentre i combattenti Wagner sarebbero ancora asserragliati in Bielorussia.
Lukashenko ha sottolineato che Putin non c’entra nulla con l’accaduto, definendolo “un lavoro troppo duro e poco professionale”.
Ha respinto le accuse occidentali di un possibile coinvolgimento del leader russo nell’eliminazione di Prigozhin, parlando di “menzogne assolute”.
Nonostante i sospetti sulla morte dei leader, il presidente Lukashenko assicura che i mercenari del gruppo Wagner rimarranno in Bielorussia. “La scommessa è vinta, Wagner vive e vivrà da noi”, ha dichiarato Lukashenko, aggiungendo che “finché ne avremo bisogno, vivranno e lavoreranno qui“.
Secondo analisti e think tank occidentali, la mossa del presidente bielorusso mira a rafforzare la propria immagine di leader sovrano e decisionista. L’accordo con il controverso gruppo Wagner e la permanenza dei mercenari nel Paese dimostrerebbero la capacità di Lukashenko di prendere decisioni autonome in materia di sicurezza, al di fuori dei diktat del Cremlino.
Un segnale importante per l’opinione pubblica interna, che vede nell’occupazione russa una minaccia alla sovranità bielorussa. La vicenda Wagner sembra quindi diventare per Lukashenko uno strumento di politica interna in chiave nazionalista.
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