Dall’inizio della rivoluzione in Iran arrestati 200 attivisti: la repressione continua

In Iran la rivoluzione del popolo continua e la voglia di cambiamento batte la paura di ripercussioni personali e familiari ma soprattutto della morte. I soprusi sono ormai una consuetudine che schiaccia le donne e i cittadini iraniani senza pietà. La situazione rimane tragica ed estremamente preoccupante e non accenna ad arrestarsi.

Khamenei
La guida Suprema Alì Khamenei – Nanopress.it

Il governo di Raisi procede nel tentativo di riportare un basso profilo e attenuare l’attenzione mediatica prima di tutto ma cercando di attirare gli occhi del mondo che sono già, in realtà, tutti puntati sul popolo iraniano. I timidi segnali dati dalle autorità governative che, apparentemente,  hanno fatto credere di voler attuare un ridimensionamento nell’applicazione delle leggi della Sharia e un leggero rimodernamento legislativo, che in realtà non è arrivato.

Quello che è arrivato è ben altro ovvero morte ed estrema crudeltà. Senza tralasciare la ferocia con la quale le guardie rivoluzionarie si sono scagliate contro i giovanissimi punendole soltanto perché stavano esprimendo il loro pensiero in maniera pacifica.

Iran, oltre 18.200 arresti dall’inizio delle proteste

Il 16 settembre ha segnato l’inizio delle manifestazioni nate in onore di Mahsa Amini arrestata dalla polizia morale, mentre si trovava al parco a Teheran insieme alla sua famiglia. L’accusa a suo carico era quella di aver indossato male lo hijab e pertanto è stata portata in custodia dalle autorità. Dopodiché ha perso la vita a causa delle numerosissime percosse ricevute. Un giorno che rimarrà indelebile nella storia dell’Iran, ma anche per il popolo iraniano che ha cominciato una vera e propria rivoluzione e da tre mesi combatte contro il governo islamico ma, soprattutto,  contro le leggi religiose ritenute fondamentali per il capo di Stato.

Le leggi di velo e castità comprendono divieti ed obblighi inerenti l’abbigliamento femminile e il comportamento delle donne. Il presidente Raisi ha dato pieno potere alle guardie della rivoluzione e alla polizia morale nel far rispettare suddette leggi, con l’impiego della forza e ogni mezzo necessario a portare a termine il compito. Dopo la perdita della ventiduenne qualcosa è scattato e ha scoperchiato il vaso di Pandora, che ha fatto esplodere tutto il malcontento popolare.

Nonostante ciò, la difficoltà quotidiana dei cittadini iraniani è evidente e il rischio di perdere la vita durante le manifestazioni e le proteste è una costante. Il governo non vede di buon occhio nemmeno che i cittadini che esprimono il proprio pensiero, dato che non è possibile andare contro ai principi del governo e dell’islam e, chi lo fa, è considerato un traditore e può essere arrestato. Nonostante ciò abbiamo assistito anche a numerosi messaggi social di personaggi di spicco internazionali, ma soprattutto iraniani, che hanno voluto mettere la faccia per la causa iraniana e in solidarietà del popolo, ma alcuni di loro hanno avuto conseguenze importanti.

Per fare un esempio la scalatrice Elnaz Rekabi dopo aver gareggiato a Seul senza il velo ha visto radere al suolo la casa di famiglia. L’attrice Alidoosti è stata arrestata, nonostante sia una delle attrici più importanti non è scampata all’arresto. La sua colpa e stata quella di aver condiviso una foto senza il velo e la scritta, ormai simbolo di queste proteste, Donna Vita libtertà. Secondo la Ong Iran Human Rights le persone arrestate durante le proteste sono 18.200 mentre le vittime delle guardie rivoluzionarie ammontano a 469 ma il numero e in continua evoluzione.

Tra i prigionieri molti sono colpevoli di aver semplicemente preso parte alle manifestazioni senza aver compiuto azioni seriamente inopportune o che potevano arrecare danno comune. Ma la repressione, come tutti abbiamo potuto vedere, è arrivata violenta e crudele e ha dato dimostrazione di quanto è capace di spingersi oltre con il regime autoritario islamico.

200 attivisti arrestati durante la rivoluzione iraniana

Tra i migliaia di detenuti c’è anche una categoria di persone che ha scelto di rischiare la propria libertà e la propria vita per prendere parte a un movimento, che ritiene essenziale per il cambiamento del popolo iraniano. Sono i numerosissimi attivisti delle Organizzazioni no profit e delle associazioni umanitarie, che hanno deciso di stare al fianco delle donne e monitorare il più possibile i crimini e le violazioni dei diritti umanitari, commessi contro un popolo pacifico che sta letteralmente subendo un’ingiustizia. Il tutto non conforme a una democrazia e quello che accade è qualcosa di inaccettabile per le comunità internazionali.

Gli attivisti gridano che non è possibile che venga permesso che è un popolo venga ferito e privato della propria libertà, del diritto di espressione e, soprattutto, con tanta ferocia. La polizia iraniana ha ora iniziato a mutilare e ferire appositamente in punti simbolici i giovani manifestanti, che spesso sono curati agli occhi e agli organi genitali. I medici rischiano moltissimo nel curarli, in quanto il regime islamico di Raisi non vede di buon occhio l’aiutare chi ha ricevuto una punizione. Nonostante ciò esistono persone che rischiano la propria vita pur di aiutare i feriti e di recente purtroppo una dottoressa trentaseienne è stata catturata e, una settimana dopo, riconsegnata alla famiglia, spiegando che era deceduta a causa di un incidente il corpo però rivelava evidenti segni di tortura.

Anche una 14enne è stata arrestata perché si è tolta il velo in classe e successivamente, dopo essere stata individuata, è stata prelevata dalla sua abitazione. La madre ha raccontato al New York Times che, quando ha raggiunto la figlia all’ospedale indicato, l’ha trovata in uno stato che mai avrebbe immaginato. La giovane è stata violentata ripetutamente fino ad avere una grande emorragia che l’ha condotta alla morte.

Proteste Iran
Proteste per i diritti femminili in Iran – Nanopress.it

Atteggiamenti aggressivi e violenti che sono stati condannati anche dalle nazioni europee e dagli Stati Uniti, che hanno anche emesso sanzioni nei confronti di soggetti iraniani, con l’intento di provare a rallentare la repressione. Ma questo non sembra spaventare Raisi, che prosegue con le condanne a morte. La Ong Iran Human rights ritiene che siano almeno 70 prigionieri sulla lista del boia e non una dozzina come riferito dalle autorità governative.

Le due esecuzioni eseguite hanno generato sdegno globale ma, nonostante ciò, il popolo continua a combattere anche contro la propria paura, in una rivoluzione che sarà scritta sui libri di storia. Per ora l’intenzione degli iraniani è arrivare al crollo del potere islamico così rigido e che priva la donna e l’individuo di libertà e diritti essenziali.

 

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