Come chiedere il risarcimento dei danni derivanti da emotrasfusione? Il danno da emotrasfusione si ha quando un paziente, a seguito di una trasfusione di sangue (anche infetto), contrae una patologia più o meno invalidante. Il danno da emotrasfusione, infatti, è stato anche definito come “danno da contagio”, proprio in virtù del nesso causale che lega l’effettuazione della trasfusione di sangue al successivo sviluppo di una patologia. Ma, come, quando e chi può chiedere il risarcimento dei danni in questi casi?
Danni risarcibili
Quando si parla di danni da emotrasfusione si fa riferimento a tutti quelli che possono derivare dalla trasfusione di sangue, quindi sia a quelli che dipendono da complicazioni che sorgono da un punto di vista immunitario (come nel caso di incompatibilità tra il sangue dell’organismo donatore e quello dell’organismo ricevente), sia a quelli di tipo non immunitario (legati ad infezioni trasmesse dai dispositivi utilizzati per la trasfusione o dal sangue trasfuso infetto).
Normativa applicabile
A intervenire per prima sul problema delle emotrasfusioni è stata la legge 107 del 1990, che veniva adottata per far fronte ai numerosi casi registrati negli anni ’80 e che avevano portato alla diffusione di patologie importanti (quali l’epatite C e l’AIDS). Successivamente, diverse sentenze della Corte di Cassazione sono intervenute sul tema, stabilendo che, in questi casi, è possibile rintracciare un doppio profilo di responsabilità: extracontrattuale (nei confronti del Ministero della Salute) e contrattuale (nei confronti della struttura sanitaria che ha operato la trasfusione di sangue). In ordine alla responsabilità del Ministero della salute, essa è riconosciuta “per omissione di controllo sull’attività di approvvigionamento, distribuzione e commercializzazione del sangue e degli emoderivati” (Cassaz. Sez. unite n. 576/2008). La responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, invece, discende dal particolare rapporto di fiducia e affidamento che si instaura tra questa, anche per fatti concludenti, in virtù del semplice ricovero ospedaliero.
Termine di prescrizione
La Corte di Cassazione ha affrontato anche il delicato problema della prescrizione dell’azione di risarcimento dell’azione nei confronti del Ministero della Salute, volta ad ottenere il risarcimento del danno. In questi casi, infatti, è possibile che la malattia si manifesti anche a distanza di molti anni dalla trasfusione. Secondo la Corte, quindi, la prescrizione non viene fatta decorrere dall’evento lesivo (trasfusione di sangue), bensì da quando il paziente ha la percezione o la conoscenza (o potrebbe averla avuta) che dalla trasfusione è derivata la malattia.