La Corte di Cassazione ha scelto la via della tolleranza zero nei confronti della Rai, che è stata infatti condannata a risarcire una giornalista del Tg3, per danni indotti dal fumo passivo.
Attenzione dunque, il provvedimento della Cassazione è un chiaro monito nei confronti di tutti quei datori di lavoro che credono di poter essere in regola, soltanto diffondendo nelle loro aziende una circolare antifumo, per poi chiudere un occhio, dinanzi ai dipendenti meno inclini a obbedire al provvedimento.
La condanna inflitta alla Rai è senza dubbio un precedente da tenere chiaro in mente, perché potrebbe essere soltanto il primo di una lunga serie. La tv pubblica è stata giudicata ‘manchevole’ di non essere intervenuta più duramente contro coloro che hanno continuano a fumare negli uffici, intossicando i colleghi e contravvenendo alla legge.
Così la Suprema Corte ha condannato la Rai a pagare un risarcimento di 32mila euro più interessi, per i danni biologici e morali da fumo passivo, subiti da una giornalista, ex conduttrice del Tg3, attualmente in pensione. Dal canto suo, la sede di Viale Mazzini ha replicato sostenendo, in sua difesa, di avere tentato di arginare il problema applicando diverse misure anti fumo, rivelatesi col tempo tutte fallimentari.
Ma la Corte di Cassazione sostiene, a proposito delle circolari diffuse dalla Rai: ‘Non costituiscono, evidentemente, misura idonea a contrastare i rischi da esposizione da fumo passivo, se poi non si fanno rispettare con adeguate sanzioni’. Difatti, nemmeno nel materiale difensivo della Rai, depositato in Cassazione, vi sono prove dell’inflizione di qualche sanzione disciplinare ai danni dei dipendenti trasgressori del divieto di fumo.
A riguardo dei danni fisici subiti dalla giornalista, in base alle perizie condotte, sia in primo che in secondo grado, è stato possibile riscontrare ‘la riconducibilità eziologica della patologia riscontrata a carico della lavoratrice alle condizioni di lavoro, ravvisando un danno biologico pari al 15%, con conseguente risarcimento’.
La giornalista è stata difesa in Cassazione dagli avvocati Domenico e Giovanni D’Amati. Il suo ricorso è stato accolto, mentre è stato rigettato il contro-ricorso, condotto dagli avvocati Renato e Claudio Scognamiglio, nel quale la Rai contestava la sua responsabilità per i danni da fumo passivo subiti dalla dipendente.
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