La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin ha impresso una svolta alla scienza moderna, screditando irrimediabilmente il creazionismo. Per farla breve la teoria dell’evoluzione si basa su alcuni punti fermi, alcuni dei quali possono essere così riassunti: le specie sono in continua competizione, l’evoluzione non è un punto di arrivo ma uno stato “fluido” e in perenne divenire e, infine, la specie che sopravvive non è necessariamente la più forte, la più intelligente o la più aggressiva: è quella meglio capace di mutare per adattarsi ai cambiamenti ambientali. Per commemorare la morte di Charles Darwin (2 febbraio 1809 – 19 aprile 1882) applichiamo il darwinismo alla politica italiana e osserviamo alcune delle sottospecie di Homo Politicus che meglio si sono adattate ai mutamenti degli ultimi anni.
Il nostro punto di vista spesso è piuttosto ingenuo: siamo portati a considerare “di successo” le specie attualmente in vita e a considerare “sfigate” quelle estinte. Quindi, per esempio, l’uomo sarebbe un successo evolutivo dal momento che si tratta di una specie attualmente vivente, mentre i dinosauri sarebbero un fallimento, dal momento che si sono estinti.
Attenzione, generalizzo volontariamente, a costo di far svenire biologi e zoologi, non tenendo conto del fatto che i dinosauri sopravvivono sotto forma di uccelli e che è folle fare paragoni fra una specie (Homo Sapiens) ed un superordine (Dinosauria). Dopo questa premessa doverosa, proviamo a pensare al successo evolutivo come ad una partita a poker, nella quale al posto dei soldi si vincono anni. Ecco, prendendo per buone le stime che ci raccontano come l’uomo sia apparso circa 200/300mila anni fa e paragonandole alla durata del regno dei dinosauri (170 milioni di anni, minuto più minuto meno) possiamo dire che il tempo in cui l’uomo ha camminato sulla Terra vale un misero 0,17% del tempo in cui hanno scorrazzato i dinosauri. Se i numeri vi fanno venire il mal di testa, ecco un grafico:
Visto che oggi non abbiamo granché da fare, divertiamoci ad applicare il darwinismo alla politica italiana e osserviamo come alcune sottospecie di Homo Politicus abbiano prosperato grazie a formidabili doti di adattamento (leggi: trasformismo). Ecco una selezione di alcuni fra i politici italiani che al tavolo da poker della politica hanno incassato più anni.
Homo Erectus Arcoriensis
[didascalia fornitore=”ansa”]Silvio Berlusconi[/didascalia]
L’Homo Erectus Arcoriensis è una particolare forma di maschio alfa che deve la sua fortuna evolutiva a diversi fattori: un rapporto estremamente personale con la verità, la raccolta sistematica di informazioni sui propri avversari e un branco estremamente vasto di gregari (parlamentari, giornalisti e artisti televisivi) che dipendono da lui per la sopravvivenza. L’Homo Erectus Arcoriensis prospera in maniera particolare nel periodo craxiano grazie ai suoi rapporti con i socialisti, salvo poi scendere in politica nel 1994 dichiarandosi l’antitesi di tutto ciò che i vecchi partiti avevano rappresentato, anche quelli che lo avevano sfamato negli anni precedenti. Si posiziona nell’area del centrodestra e pur dichiarandosi nemico dei comunisti, negli anni sposa alcune forme proprie della retorica e della politica comunista, per esempio si autodefinisce “presidente operaio” e si mette di traverso per contrastare le liberalizzazioni, tema proprio della destra liberista. Difende poi la famiglia tradizionale di giorno, per poi dedicarsi ai bunga bunga nelle ore serali. L’Homo Erectus Arcoriensis comunica tramite messaggi tipici e ricorrenti che negli ultimi 20 anni sono rimasti immutati, ma poiché nel tempo il suo elettorato è invecchiato ed è andato morendo, i suoi risultati alle urne si assottigliano di anno in anno. I messaggi possono essere riassunti in questi punti: “Meno tasse, più lavoro, pensioni più alte”. Tutti obiettivi sistematicamente mancati, ma lo zoccolo duro dei suoi aficionados continua inspiegabilmente a dargli fiducia, se non altro per coerenza. L’Homo Erectus Arcoriensis secerne determinati feromoni capaci di sedurre gli avversari politici, con i quali flirta per un certo periodo, salvo poi banchettare con la loro credibilità. Le vittime più celebri sono D’Alema (a suo tempo soprannominato “Dalemoni“) e Renzi (a suo tempo soprannominato “Renzusconi“).
Tirando le somme l’Homo Erectus Arcoriensis ha calcato la scena politica a vario titolo per 24 anni, coprendo dal 1994 ad oggi il 33% della storia repubblicana italiana.
Homo Salvinicus
[didascalia fornitore=”ansa”]Matteo Salvini[/didascalia]
L’Homo Salvinicus è originario delle nebbiose valli della pianura padana, alle quali deve il suo colorito lattiginoso. Si mimetizza nella nebbia e occasionalmente ne salta fuori per urlare slogan a casaccio contro il nemico di turno: prima i terroni, poi i profughi. L’Homo Salvinicus ha un pedigree comunista: nel 1994 il suo primo intervento da consigliere comunale a Milano è stato dedicato alla difesa del centro sociale Leoncavallo, a rischio sgombero. 20 anni dopo sono i centri sociali a contestare l’Homo Salvinicus, arrivando a sfasciargli la macchina e a minacciarlo. Il tempo ha mitigato le velleità secessioniste dell’Homo Salvinicus, che oggi si accontenta di chiedere un’indipendenza amministrativa e fiscale per il Veneto e la Lombardia. Il tutto rientra in una strategia precisa: approfittando della debolezza dell’Homo Erectus Arcoriensis, l’Homo Salvinicus cerca di sostituirlo nel ruolo di maschio alfa nel branco del centrodestra. Per questo smette di rivolgersi esclusivamente al suo elettorato del nord e cerca di allargare la base elettorale blandendo i votanti meridionali, gli stessi che pochi anni prima aveva offeso con cori da stadio. Se nel 1999 si rifiutava di stringere la mano al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (“Lei non mi rappresenta“) nel 2018 non solo stringe la mano al presidente Mattarella, ma si offre di guidare l’intera Repubblica che pochi anni prima voleva tagliare a metà con la secessione. La stessa Repubblica di cui ha rifiutato di celebrare il 150esimo anniversario.
Tirando le somme, la politica dà da mangiare all’Homo Salvinicus da 25 anni, dal giorno della sua investitura a consigliere comunale a Milano nel 1993. L’attività politica dell’Homo Salvinicus ha coperto il 34% della storia della repubblica italiana.
Homo Napolitanus
[didascalia fornitore=”ansa”]Giorgio Napolitano[/didascalia]
L’Homo Napolitanus è una sottospecie apparsa nella notte dei tempi in quella che oggi è la città di Napoli. Si tratta di un vero fossile vivente, sopravvissuto a diverse estinzioni di massa grazie alla sua versatilità politica e grazie a spiccate doti sociali: anni di piombo, compromesso storico, periodo stragista, Tangentopoli, Seconda Repubblica… l’Homo Napolitanus osserva il passare del tempo contando i decenni, non gli anni, e gli eventi gli scivolano addosso. L’Homo Napolitanus in gioventù aderisce al GUF (Gruppi universitari fascisti). Appena ventenne fa il salto della quaglia e aderisce al comunismo. Si appassiona alla causa rossa e nel corso degli anni diventa uno dei punti di riferimento del Partito Comunista. La sua adesione agli ideali della falce e martello è tale che nel 1953, anno della sua prima elezione a deputato, elogia l’intervento russo in Ungheria scrivendo che la Russia “ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo”. Passano gli anni e nel 1968 l’Homo Napolitanus si sposta da sinistra al centrosinistra, divenendo un moderato che guarda al dialogo con la Democrazia Cristiana. Aderisce alla corrente del cosiddetto “migliorismo” che sostiene la necessità di migliorare, appunto, la vita dei lavoratori accettando il capitalismo e affrontando i suoi problemi dall’interno senza invece cercare di sovvertirlo. Sarà il preludio della svolta socialdemocratica. In anni ormai senili (1986) in qualità di guida della commissione per la politica estera e le relazioni internazionali offre “piena e leale” solidarietà agli Stati Uniti e alla NATO. Sul finire degli Anni 2000 viene accusato di essere troppo accondiscendente nei confronti delle “leggi vergogna di Berlusconi”, e un’accusa di troppo lo fa sbottare con veemenza contro un inerme cittadino. Ma forse l’apparente accondiscendenza serviva a dissimulare un piano per colpire il Cavaliere a tradimento: la pubblicistica e il retroscenismo gli attribuiscono un complotto per far cadere Berlusconi tramite Fini e Berlusconi stesso gli rinfaccia la causa della sua caduta nel 2011.
Tirando le somme l’Homo Napolitanus ha abitato il parlamento a vario titolo per 65 anni, coprendo il 90% della storia repubblicana italiana.
Homo Celoduris
[didascalia fornitore=”ansa”]Umberto Bossi[/didascalia]
L’Homo Celoduris non parla, grugnisce. D’altra parte l’ultima volta che ha aperto bocca l’ha fatto per accusare “Roma Ladrona”, prima che tali accuse gli tornassero indietro come un boomerang sotto forma di condanne penali. Da allora è diventato molto più taciturno. L’Homo Celoduris è caratterizzato da uno scollamento fra quello che dice e quello che fa: abbiamo già spiegato come in pubblico condannasse le ruberie e come invece lontano dai riflettori facesse altro. Ma la capacità dissimulatoria dell’Homo Celoduris nasce in anni giovanili, quando da studente di Medicina invitava di tanto in tanto amici e parenti alla festa di laurea, laurea sempre promessa e mai conseguita. Anche i rapporti con l’Homo Erectus Arcoriensis sono sempre stati improntati all’ambiguità. Nel 1994 dichiarava ad esempio: “Berlusconi presidente del Consiglio? Non se ne parla nemmeno”. Infatti due settimane dopo Berlusconi diventava presidente del Consiglio con l’appoggio della Lega. Passano gli anni e tornano i proclami lapidari: “Non saliremo mai sul carro di Berlusconi, che al massimo è una carriola”. Infatti nel 2001 Lega e Forza Italia si presentavano insieme alle elezioni. L’Homo Celoduris nasce come comunista (nel 1975 si iscrive al PCI) per poi buttarsi decisamente a destra. Anche se oggi il suo peso politico è ridotto a zero, continua a prosperare vivendo di rendita sull’immagine di eroe del leghismo duro e puro.
Tirando le somme, l’Homo Celoduris è entrato per la prima volta in parlamento nel 1987: la politica gli dà da mangiare da 31 anni, pari al 51% della storia repubblicana italiana.
Homo Casinus
[didascalia fornitore=”ansa”]Pier Ferdinando Casini[/didascalia]
L’Homo Casinus oscilla fra destra e sinistra come un pendolo di Foucault. Nasce democristiano, poi negli anni vira il timone a seconda di come tira la corrente. A livello locale dimostra più volte di essere l’ago della bilancia nelle elezioni amministrative favorendo il centrosinistra o il centrodestra a seconda dell’opportunità politica. A livello nazionale flirta a lungo con Berlusconi, salvo poi voltargli le spalle per offrire convinto appoggio Monti, per poi offrire convinto appoggio a Letta, per poi offrire convinto appoggio a Renzi, per poi offrire convinto appoggio a Gentiloni. “Noi siamo governativi e istituzionali per definizione”: questa celebre frase di Gianni Agnelli calza perfettamente anche all’Homo Casinus. Una particolarità dell’Homo Casinus è quella di essere un fervente cattolico e un convinto sostenitore della famiglia tradizionale, così appassionato di famiglie da averne collezionate due. Al momento però è di nuovo divorziato.
Tirando le somme, la politica dà da mangiare all’Homo Casinus dal 1980, anno della sua investitura a consigliere comunale a Bologna. Pari al 52% della storia repubblicana italiana.
Homo Stewardicus
Come la grande estinzione di massa del Permiano ha eliminato la maggior parte degli animali superiori al mezzo chilo, così l’Homo Stewardicus raccoglie i frutti dello tsunami di bile anticasta che ha duramente colpito i dinosauri della politica permettendo il successo di una nuova fauna parlamentare fatta di piccola gente comune che spende poco. In questo scenario prospera l’Homo Stewardicus, un bipede antropomorfo caratterizzato da pelle ambrata, pettinatura impeccabile e cravatte elegantissime. L’Homo Stewardicus ragiona e parla a seconda dei moti del suo uditorio, dicendo tutto e il suo contrario. Potrebbe anche declamare numeri a caso, infervorandosi o commuovendosi, come fanno gli attori quando si esercitano o quando la loro performance è destinata al doppiaggio, dal momento che i voti da lui conquistati sono solo l’effetto di una rancorosa protesta contro le altre forze politiche. Grazie a questo stato di cose l’Homo Stewardicus può chiudere categoricamente alle alleanze, per poi fare dietro front e tendere la mano a coalizioni di governo; può dichiarare la necessità di uscire dall’Euro, per poi fare dietro front e dichiarare la necessità di restarvi; può accusare il PD di essere un “partito di miserabili” che ha “un’idea perversa del concetto di democrazia” per poi tendergli la mano per un’alleanza; e il reddito di cittadinanza può passare da priorità assoluta a un’eventualità da valutare in seguito se e quando ci saranno le condizioni.
L’Homo Stewardicus è entrato in parlamento nel 2013, ad oggi la sua attività politica ha coperto appena il 7% della storia repubblicana italiana. Ma promette bene…