L’assassino di Carol Maltesi, Davide Fontana, è stato aggredito mentre dormiva dal compagno di cella. Il fatto risale a qualche giorno fa ma è stato reso noto solo oggi. Ciò ha comportato il trasferimento del killer ad una struttura più protetta. Già in passato aveva subito aggressioni da parte di altri detenuti.
Sarebbe stato colpito dal compagno di cella mentre dormiva con una biro, Davide Fontana, killer condannato per l’omicidio avvenuto nel 2022 di Carol Maltesi. L’uomo, condannato a 30 anni, si trovava nel carcere di Busto Arsizio al momento dell’aggressione, e ora è stato trasferito d’urgenza in una struttura carceraria con zone di sicurezza per detenuti per crimini verso donne e bambini. Il suo legale ha sottolineato come il suo assistito avesse già ricevuto minacce dagli altri carcerati, al punto che non veniva mai lasciato solo per paura di ritorsioni.
A colpirlo munito di una biro, proprio il suo compagno di cella, mentre dormiva. È stato lo stesso Fontana ad allertare con le sue grida il personale carcerario. L’uomo lo avrebbe colpito ripetutamente al capo, provocandogli delle ecchimosi ma non riuscendo a ferirlo in modo grave.
Gli agenti sono immediatamente accorsi in suo soccorso trasportandolo quindi in infermeria dove gli sono stati riscontrati dei lividi. Il giudice ha deciso tuttavia, per la sua sicurezza personale, di trasferirlo presso il carcere di Pavia, in una struttura che ha al suo interno un’area protetta e separata per chi si è macchiato di gravi reati contro donne e minori.
Ciò che è capitato a Fontana non è infrequente nelle carceri italiane, e fa parte di quella che viene definita una sorta di “legge interna”, che punisce in particolare uomini responsabili di gravi atti di violenza contro le donne e pedofili.
Carol Maltesi, 26 anni all’epoca della morte, venne uccisa da Davide Fontana l’11 gennaio 2022 a Rescaldina, in provincia di Milano, dopo che questi, con un profilo falso su OnlyFans, piattaforma dove ogni tanto durante la pandemia la ragazza pubblicava video a luci rosse per arrotondare, le chiese un filmato “bondage“, specificando che avrebbe dovuto essere incappucciata e imbavagliata, legata a un palo da lap dance, creando così l’occasione giusta per averla completamente inerme.
È a quel punto che Fontana l’avrebbe colpita alla testa con un martello per poi sgozzarla, procedendo quindi a smembrarne il corpo in 18 pezzi, congelarli in un freezer a pozzetto acquistato su Amazon per due mesi, cercando di bruciarli e quindi disfandosene lanciandoli in un dirupo tra le province di Bergamo e Brescia all’interno di alcuni sacchi neri dove poi sono stati rinvenuti.
Nelle settimane successive al delitto, l’uomo aveva risposto ad amici e parenti fingendo di essere la ragazza per sviare i sospetti. Alla base del terribile gesto, la decisione di Carol di trasferirsi di lì a breve a Verona, per stare più vicino al figlio di 6 anni e cambiare vita.
Una decisione impossibile da accettare per l’uomo che della ragazza era innamorato e che non voleva accettare di perderla. Questi in sostanza, i motivi che hanno portato i giudici a condannarlo il 12 giugno scorso alla pena di 30 anni anziché l’ergastolo come richiesto dall’accusa, e che con tutta probabilità potrebbe aver scatenato la furia degli altri incarcerati.
“Ne avevo già parlato tempo fa col pm e sapevamo che, terminato il dibattimento, sarebbe avvenuto. A Busto Fontana ha ricevuto diverse minacce e quando si muoveva lui, anche solo per andare in bagno, si evitava che venisse a contatto con gli altri reclusi per evitare problemi” ha dichiarato all’AGI il suo avvocato Stefano Paloschi.
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