Il ddl Cirinnà votato al Senato non riguarda solo le unioni civili gay. Il testo legifera anche sulle convivenze di fatto eterosessuali, allargando il campo dei diritti e degli obblighi. Tra questi, c’è anche il mantenimento in caso di rottura: se due persone conviventi si lasciano, il più debole economicamente può chiedere di essere mantenuto. Prima del ddl, i conviventi non avevano l’obbligo di versare gli alimenti perché prerogativa del matrimonio, ma da ora le cose cambiano. Migliaia di coppie che convivono sotto lo stesso tetto sono in allarme: se mi lascio, sarà costretto/a a mantenere il mio ex? Vediamo cosa dice la norma.
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Il ddl definisce i conviventi di fatto come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
Il testo prosegue e inserisce novità rilevanti in fatto di diritti. I conviventi hanno gli stessi diritti dei coniugi nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario; diritto di assistenza, visita e accesso alle informazioni sanitarie in caso di malattia; il diritto a nominare il partner suo rappresentante con pieni poteri in caso di malattia; in caso di morte il diritto a decidere per la donazione degli organi, le modalità di trattamento del corpo e i funerali; il diritto a rimanere nella casa, in caso di morte per due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni fino ad un massimo di cinque anni; il diritto di subentrare nel contratto d’affitto; il diritto dell’inserimento nelle graduatorie per le case popolari. Fin qui, tutte belle notizie, si dirà.
Veniamo ora al tasto dolente, gli obblighi in fatto di mantenimento. Il testo recita:
“In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”. Se due conviventi si separano, c’è l’obbligo di mantenere il partner più debole: sarà il giudice a stabilire se ci sono le condizioni per il versamento dell’assegno (cioè se la persona non è indipendente a livello economico, versa in povertà o non può lavorare).
“In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’articolo 438, secondo comma, del codice civile”. Il giudice stabilirà anche a quanto ammonta il pagamento, in proporzione alla durata della convivenza
“Ai fini della determinazione dell’ordine degli obbligati ai sensi dell’articolo 433 del codice civile, l’obbligo alimentare del convivente di cui al presente comma è adempiuto con precedenza sui fratelli e sorelle”. L’ex convivente precede i fratelli nella “scala gerarchica” per gli obblighi del mantenimento, disciplinata dall’articolo 433 del codice civile.
Quindi, se convivo e poi mi lascio, devo pagare gli alimenti? Dipende. Il ddl Cirinnà stabilisce che si è conviventi di fatto da quando “l’accertamento della stabile convivenza” viene iscritta “nella dichiarazione anagrafica”. In pratica, dovete aver certificato la convivenza, presentando moduli specifici al Comune di residenza. Niente firma? Niente alimenti.
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